Torniamo a parlare di previdenza integrativa cercando di rispondere ad una domanda che molti italiani si pongono: conviene versare il TFR sul fondo pensione o lasciarlo in azienda?Nella guida generale alla pensione integrativa abbiamo tracciato un’analisi molto schematica che spiega sostanzialmente come funziona il settore.
La situazione futura per le nostre pensioni sarà sempre meno rosea: lavoreremo sempre di più e prenderemo sempre meno. E’ inutile stare a piangersi addosso o aspettare che intervengano i politici: non so voi ma chi scrive non ha alcuna fiducia nella classe dirigente di questo Paese e, a voler essere sinceri, nemmeno più di tanto negli elettori che, ad ogni occasione, finiscono per legittimare personaggi di dubbia moralità o di scarso spessore. Su Affari Mieiparliamo spesso di risparmio, associando l’idea che mettere da parte dei soldi serva per ridurre nel lungo periodo la propria dipendenza dal dio denaro: a noi non frega niente, per capirci, di investire in fondi discussi tipo questo, con buona pace dell’ottimo Saver che da anni fa informazione al riguardo, perché da piccoli ed inesperti risparmiatori quali siamo non avremo mai le competenze per capire cosa stanno facendo con i nostri soldi o, comunque, dovremmo metterci a studiare seriamente e, se non siamo del settore, non sarà di certo facile. Quel che ci preme capire è solo come stare alla larga dalle fregature e, per questo motivo, oggi chiariremo una volta per tutte se è meglio che il TFR resti in azienda o sia versato in fondi pensione.
TFR in azienda o in fondo pensione: cosa dobbiamo sapere
Cerchiamo di fare chiarezza brevemente: ogni dipendente privato, una volta assunto, ha sei mesi di tempo per decidere se lasciare il TFR in azienda oppure se devolverlo al fondo pensione. Alcune categorie hanno dei fondi chiusi riservati (si pensi al fondo Cometadei metalmeccanici) mentre altre non ce l’hanno: di conseguenza i lavoratori, in questo caso, possono accedere ad un fondo aperto oppure ad un PIP. Abbiamo già spiegato la differenza in altri articoli dedicati al tema che vi invitiamo a leggere, quello che possiamo ricordare brevemente è che il trattamento fiscale e normativo è praticamente identico, sia che scegliate il PIP oppure i fondi chiusi o aperti. Questo perché quando si parla di previdenza, in generale, si suole distinguere tra primo pilastro e secondo pilastro: come si può facilmente intuire, indicano nell’ordine la previdenza obbligatoria (INPS, casse professionali, etc) e quella complementare.
Se si sceglie di lasciare il TFR in azienda si ha diritto alla rivalutazione annuale dello 0,75% del tasso d’inflazione Istat + l’1,5% fisso.
La previdenza integrativa ha, dal canto suo, alcuni vantaggi di natura fiscale:
- possiamo dedurre fino a 5164 euro dal reddito: ciò vuol dire, per parlare in maniera chiara, che il denaro versato (qui parliamo del contributo annuo al di fuori del TFR) si può sottrarre dal reddito in sede di dichiarazione. Esempio: un lavoratore con un imponibile di 15 mila euro, se versa 1000 euro annui di previdenza complementare si vedrà calcolate le imposte su 14 mila euro (15 mila – 1000). La deduzione, per chi mastica poco il fisco, conviene di più della detrazione di cui spesso si sente parlare: la prima, appunto, riduce il reddito a cui applicare il prelievo fiscale mentre la seconda si toglie alle imposte da pagare, cioè alla quota di Irpef dovuta in ragione del reddito stesso;
- aliquota agevolata in sede di erogazione del TFR destinato alla previdenza complementare: la ritenuta in questo caso è del 15% e, dopo il 15esimo anno di versamento, scende dello 0,3% per ogni anno eccedente (16, 17, 18, e così via per capirsi) fino ad un massimo del 6%. A titolo di esempio: un lavoratore che ha versato per 30 anni si vede applicata una ritenuta del 9% in luogo del 15% di base che è già un’agevolazione. Questo perché, di contro, se si lascia il TFR in azienda, al momento dell’erogazione, ci si vede imporre la tassazione ordinaria IRPEF che, nell’aliquota minima, è pari al 23%. Sapete sicuramente benissimo che se avete un reddito più elevato le aliquote aumentano;
- tassazione ridotta sui rendimenti: le rendite finanziarie, come è noto, sono tassate. Il fisco non butta via mai niente, lo sappiamo benissimo. Dal 2015 la tassazione sui rendimenti è salita dall’11% al 20%: molti si sono incavolati ma, in realtà, si tratta pur sempre di un’aliquota agevolata in qualche modo rispetto, per esempio, a quella che riguarda i conti deposito.
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Cosa conviene fare?
Tutto lascerebbe pensare che conviene destinare il TFR alla previdenza complementare anche perché il Legislatore sembra aver fatto di tutto per favorire questa decisione. In parte non è sbagliato se si considera che, in caso di difficoltà economica dell’azienda, i crediti per i trattamenti da fine rapporto rischierebbero di svanire, sebbene godano di diversi privilegi in sede di fallimento o di definizione con concordato preventivo. Continuando a ragionare in chiave ideale, dunque, un fondo pensione che per legge deve garantire il capitale appare sicuramente più solvibile di un’impresa, e noi che viviamo nel Paese delle PMI lo sappiamo bene.
Però…c’è sempre un però. Quando ci parlano dei fondi pensione ci mostrano sempre i rendimenti in percentuale: rendimenti che, molto spesso, sono decisamente superiori rispetto a quelli che per legge deve garantire la rivalutazione del TFR in azienda. In base ai dati del 2014 (aggiorneremo appena possibile con quelli che riguardano il 2015), possiamo dire che in media i rendimenti sono stati i seguenti:
- fondi pensione negoziali 7,3%;
- fondi pensione aperti 7,5%;
- PIP 7,3%.
Tutto fantastico, no? Peccato che stiamo parlando di una media e che, gran parte dei fondi che offrono maggiori rendimenti investono in azioni e, pertanto, espongono il TFR dei lavoratori ai rischi che, ovviamente, sono inevitabili. In natura non esistono investimenti sicuri ma possiamo sempre stare alla larga da quelli più rischiosi: la filosofia di questo blog è che non serve a niente mettere a repentaglio il proprio portafoglio per guadagnare un 2-3% in più quando, semplicemente mettendo in atto pochi accorgimenti di vita quotidiana, si possono risparmiare migliaia di euro senza consegnare il proprio sedere ai mercati. E se state leggendo questo articolo, probabilmente, è perché di finanza ne capite poco e volete risposte concrete: in giro troverete altri che la pensano diversamente, noi li rispettiamo ma rivendichiamo la diversità della nostra opinione.
Per terminare il ragionamento dobbiamo dire che i rendimenti che vengono sbandierati ogni anno dai fondi pensione sono da considerare alla luce dei costi che gravano sui prodotti: lo abbiamo spiegato parlando di polizze vita ed il ragionamento, per sommi capi, è molto simile. Anche ad un ipotetico 7% di rendimento, dunque, bisogna sottrarre i costi fissi che, di solito, sono costanti e tendono ad abbassarsi nel lungo periodo: non si tratta di una fregatura, ogni investimento ha un costo, quanto detto serve solo per capire che il margine lordo è comunque più basso di quello che leggiamo sui giornali.
Conclusioni: il TFR lo lascio in azienda oppure no?
Ok, molti di voi potrebbero aver capito veramente poco: non vi stiamo assolutamente mancando di rispetto, è stato così anche per chi scrive all’inizio. Del resto lo Stato, le banche e le assicurazioni non fanno poi così tanti sforzi per renderci chiare le cose: più sono difficili, più è semplice prendersi gioco del contraente più debole.
Quanto scritto su questa pagina, oltre a riassumere schematicamente la situazione, riproduce il pensiero dell’autore del blog: non esiste una verità già scritta ma solo opinioni che possono essere più o meno condivisibili. Secondo noi, non vale la pena rischiare il proprio TFR per guadagnare un 2-3% annuo in più e magari consegnarsi a mercati che non si conoscono. Di contro, destinando il TFR in forme di previdenza complementare meno rischiose, con ridotte o nulle componenti azionarie, porta dei vantaggi economici assai esigui che non giustificano la scelta di vincolarsi per tanti anni: per capirci, se dovete guadagnare il 2% annuo da un PIP che compra BTP, tanto vale la pena che li acquistiate voi stessi.
Se non sapete da che parte iniziare nella gestione complessiva dei vostri risparmi, oltre a continuare a seguire il blog, vi invitiamo a scaricare la guida ufficiale di Affari Miei: troverete le informazioni di base per barcamenarvi con le domande più elementari che riguardano i piccoli risparmiatori.