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Licenziamento disciplinare: preavviso e disoccupazione INPS

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Il licenziamento disciplinareè determinato da un comportamento doloso o colposo del lavoratore, costituito da una violazione dagli obblighi che derivano dal rapporto di lavoro in essere. Come funziona per intimazione e preavviso? Il lavoratore licenziato ha diritto a percepire la disoccupazione INPS? In questo articolo cercheremo di fare chiarezza su questi aspetti, individuando la disciplina e tutte le conseguenze giuridiche ed economiche al licenziamento disciplinare.

Come funziona il licenziamento disciplinarePartiamo col dire che esso costituisce la più grave sanzione che il datore di lavoro possa irrogare al lavoratore: c’è un notevole e colpevole inadempimento alla base del provvedimento. La Corte Costituzionale, con la sentenza numero 204 del 1982, ha chiarito che il datore di lavoro può intimare il licenziamento disciplinare solo se vengono rispettate le disposizioni contenute nei commi 2 e 3 dell’articolo 7 della legge 300/1970, recante la procedura generale che deve essere seguita per la legittima irrogazione di sanzioni disciplinari nei confronti del lavoratore.

L’intimazione del licenziamento disciplinare è legittima solo se il datore di lavoro contesta preventivamente l’addebito al lavoratore; viene concesso a quest’ultimo un termine per potersi difendere e gli si consente la facoltà di farsi assistere dall’associazione sindacale a cui è iscritto.
Il licenziamento disciplinare può essere determinato da giusta causa o giustificato motivo.
Per approfondire i concetti e le regole che disciplinano il preavviso, rimandiamo ai nostri articoli su




Licenziamento disciplinare e disoccupazione: come funziona?

Il nuovo sussidio di disoccupazione NASPI, introdotto nel 2015, è previsto per tutti coloro che hanno perso il lavoro involontariamente, nonché per chi ha presentato le dimissioni per giusta causa. Anche il licenziamento disciplinare, dunque, dà diritto a percepire il sussidio di disoccupazione nella durata e nella quantità determinata dalla legge.

In particolare,se il beneficiario dà inizio ad un'attività di lavoro autonomo la legge offre la possibilità al lavoratore di chiedere all’INPS la liquidazione anticipata della NASPI in un’unica soluzione: l’importo deve essere utilizzato per avviare un’impresa individuale o per sottoscrivere una quota di capitale all’interno di una cooperativa in cui il rapporto mutualistico ha ad oggetto la prestazione di attività lavorative da parte del socio. Tale ipotesi, comunque, non dà diritto né alla contribuzione figurativa, nè agli assegni familiari. Se si avvia un’attività di lavoro autonomo ma si vuole continuare a percepire la Naspi, la soglia di reddito che non può essere superata è pari a 4 mila 800 euro ed il lavoratore ha l’obbligo di presentare, entro il 31 marzo dell'anno successivo, un'autodichiarazione all'Inps in cui illustra redditi da lavoro autonomo ricavati: in caso contrario, questi è tenuto a restituire l'intero montante percepito tramite Naspi, nonché alla decadenza dal diritto.

Se invece il lavoratore instaura un nuovo rapporto di lavoro subordinato, se percepisce un reddito inferiore agli 8.000 euro annui e comunica all'Inps, entro 30 giorni, il possibile prospetto del suo reddito, allora la Naspi gli viene ridotta dell'80%. Se, invece, il reddito è superiore alla soglia indicata, la decadenza scatta solo se il contratto ha una durata superiore a sei mesi. In caso contrario, invece si ha la sospensione e l'erogazione riprende regolarmente con la chiusura del rapporto di lavoro instauratosi. 

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