Tutti i tributi erariali, compresi dunque IRPEF, IVA e IRAP, si prescrivono in 10 anni. Nel nostro ordinamento infatti non esistono norme specifiche che stabiliscono la prescrizione delle imposte e per questo motivo viene applicato il termine generale ordinario di prescrizione, che è di 10 anni.
Una parte però minoritaria della giurisprudenza ritiene invece che l’IRPEF debba prescriversi in 5 anni, in quanto quello di questa imposta è un pagamento periodico, e per questo specifico tipo di pagamenti, la legge prevede un termine di prescrizione di 5 anni. Si tratta di un orientamento decisamente minoritario in giurisprudenza, che è stato recentemente smentito anche dalla Cassazione, che è intervenuta sulla questione con sent. 4283/2010. Nella stessa si afferma che è impossibile applicare la prescrizione quinquennale per l’IRPEF, in quanto la periodicità dell’imposta in questione è dovuta al fatto che deve essere riaggiornata ai valori presenti. Non si tratta dunque di pagamento periodico.
Lo stesso vale per la cartella: una volta notificata, il debito che abbiamo contratto con l’IRPEF si prescrive, di nuovo, in 10 anni. Gli atti che interrompono la prescrizione devono essere, ovviamente, notificati secondo le leggi, a pena di invalidità.
Quando invece si presenta la prescrizione, per Equitalia è impossibile andare a riscuotere la tassa in quanto non esiste più il debito. Nel caso invece di decadenza, l’Agenzia delle entrate deve utilizzare i canali “normali” e non quelli particolari riservati ad Equitalia, che invece di una causa amministrativa ci consentono di poter contare su una causa giudiziale, con tutto quanto ne comporta a livello di costi e tempistiche.
Calcolare la prescrizione IRPEF non è sempre facile e per questo motivo, soprattutto nelle situazioni più complesse, sarebbe più che consigliabile affidarsi ad uno specialista che possa garantirci una gestione della cosa per quanto possibile professionale e attenta ai dettagli.
Chi vuole saperne di più sulla questione trova i riferimenti normativi in:
Cosa dice la giurisprudenza
Questo almeno per quanto riguarda l’ipotesi ritenuta maggioritaria in giurisprudenza: l’IRPEF da un luogo ad un debito nei confronti dell’erario e questo tipo di debiti si prescrivono in 10 anni.Una parte però minoritaria della giurisprudenza ritiene invece che l’IRPEF debba prescriversi in 5 anni, in quanto quello di questa imposta è un pagamento periodico, e per questo specifico tipo di pagamenti, la legge prevede un termine di prescrizione di 5 anni. Si tratta di un orientamento decisamente minoritario in giurisprudenza, che è stato recentemente smentito anche dalla Cassazione, che è intervenuta sulla questione con sent. 4283/2010. Nella stessa si afferma che è impossibile applicare la prescrizione quinquennale per l’IRPEF, in quanto la periodicità dell’imposta in questione è dovuta al fatto che deve essere riaggiornata ai valori presenti. Non si tratta dunque di pagamento periodico.
Come decorrono i 10 anni? Come si interrompono?
Ogni qualvolta che l’Agenzia delle Entrate si fa viva con una notifica di un atto di riscossione, la prescrizione si interrompe e comincia a decorrere da zero. Questo vuol dire che una volta ricevuta la notificazione bisogna cominciare di nuovo a contare 10 anni.Lo stesso vale per la cartella: una volta notificata, il debito che abbiamo contratto con l’IRPEF si prescrive, di nuovo, in 10 anni. Gli atti che interrompono la prescrizione devono essere, ovviamente, notificati secondo le leggi, a pena di invalidità.
I termini di decadenza della cartella
La cartella che insiste sul nostro debito IRPEFè invece soggetta a termini di decadenza, che sono diversi da quelli di prescrizione. Secondo l’art. 25 del DPR 602 del 1973 infatti Equitalia deve necessariamente agire per riscuotere le imposte sui redditi entro il l’ultimo giorno dell’anno (ovvero il 31 Dicembre):- del secondo anno a partire dall’accertamento, quando le somme dovute lo sono in virtù di accertamenti di ufficio da parte delle autorità preposte;
- del terzo anno, cominciando a contare da quello in cui abbiamo presentato la dichiarazione. In caso contrario si conta dalla scadenza dell’ultima rata, solo nel caso in cui però il termine per il versamento della rata in questione vada oltre il 31 Dicembre dell’anno in cui abbiamo presentato la dichiarazione;
- del quarto anno sempre a partire dalla dichiarazione del reddito, quando le somme in questione sono richieste in seguito a controlli di tipo formale.
Quando invece si presenta la prescrizione, per Equitalia è impossibile andare a riscuotere la tassa in quanto non esiste più il debito. Nel caso invece di decadenza, l’Agenzia delle entrate deve utilizzare i canali “normali” e non quelli particolari riservati ad Equitalia, che invece di una causa amministrativa ci consentono di poter contare su una causa giudiziale, con tutto quanto ne comporta a livello di costi e tempistiche.
Calcolare la prescrizione IRPEF non è sempre facile e per questo motivo, soprattutto nelle situazioni più complesse, sarebbe più che consigliabile affidarsi ad uno specialista che possa garantirci una gestione della cosa per quanto possibile professionale e attenta ai dettagli.
Chi vuole saperne di più sulla questione trova i riferimenti normativi in:
- Art 2946 del nostro Codice Civile, che indica i termini di prescrizione
- La Sentenza del Comm. Trib. Reg. Catania, n.4963 del 2011, che indica l’orientamento minoritario per il quale i tributi periodici sarebbero prescritti entro 5 anni
- La Sentenza del Tribunale di Roma, n. 981 del 1990, che ha lo stesso orientamento del Comm. Trib. Reg. Catania, sull’estinzione “breve”
- La sentenza n. 4283 della Cassazione, dove invece si ribadisce il termine perentorio dei 10 anni