Che cos’è l’associazione in partecipazione? Molti ne hanno sentito parlare perché spesso, in maniera anche oscena, è stata proposta come escamotage da utilizzare per mascherare rapporti di lavoro subordinato. In questa guida osserveremo l’istituto a tutto tondo, tracciando un’analisi sugli aspetti fiscali e previdenziali. Occhio alle ultime novità: la riforma Fornero prima ed il Jobs Act poi hanno ridimensionato notevolmente la portata della norma, eliminando il solo apporto di lavoro che veniva un tempo utilizzato per “schiavizzare legalmente” giovani professionisti.
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Associazione in partecipazione, come funziona e cosa cambia nel 2015
Partiamo per prima cosa dal codice civile che, all’articolo 2549, ci spiega una serie di aspetti riguardo l'associazione in partecipazione:
Con il contratto di associazione in partecipazione l’associante attribuisce all’associato una partecipazione agli utili della sua impresa o di uno o più affari verso il corrispettivo di un determinato apporto.
Qualora l'apporto dell'associato consista anche in una prestazione di lavoro, il numero degli associati impegnati in una medesima attività non può essere superiore a tre, indipendentemente dal numero degli associanti, con l'unica eccezione nel caso in cui gli associati siano legati all'associante da rapporto coniugale, di parentela entro il terzo grado o di affinità entro il secondo. In caso di violazione del divieto di cui al presente comma, il rapporto con tutti gli associati il cui apporto consiste anche in una prestazione di lavoro si considera di lavoro subordinato a tempo indeterminato. (ABROGATO)
Le disposizioni di cui al secondo comma non si applicano, limitatamente alle imprese a scopo mutualistico, agli associati individuati mediante elezione dall'organo assembleare di cui all'articolo 2540, il cui contratto sia certificato dagli organismi di cui all'articolo 76 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, nonche' in relazione al rapporto fra produttori e artisti, interpreti, esecutori, volto alla realizzazione di registrazioni sonore, audiovisive o di sequenze di immagini in movimento. (ABROGATO)
L’associante deve essere necessariamente un imprenditore che utilizza, nel rapporto, la propria impresa attraverso la quale, grazie all’apporto dell’associato, realizzerà determinate operazioni i cui risultati (utili) saranno divisi con quest’ultimo. Se non è previsto diversamente, l’associato partecipa anche alle perdite eventuali.
La riforma Fornero (legge n.92/2012) aveva già ridotto di molto i casi in cui l’associazione in partecipazione si realizzava con il mero apporto di lavoro. Nelle recenti norme del decreto per il riordino dei contratti di lavoro attuate con il Jobs Act, invece, è previsto il superamento dell’istituto attraverso la riformulazione del primo comma della norma che riguarderà solo le associazioni in partecipazione di capitale. I commi due e tre, invece, vengono abrogati perché appunto cambierà proprio la natura dell’istituto. Ciò è uno spartiacque rispetto al passato quando questo contratto, appunto, veniva utilizzato per mascherare veri e propri rapporti di lavoro subordinato. Sovente ciò accadeva nel mondo delle professioni dove i giovani venivano arruolati in questo modo.
Il Jobs Act, comunque, fa salvi i contratti in essere stipulati prima del cambiamento deciso dal governo Renzi. In pratica, gli accordi già presi restano perfettamente validi ma, in futuro, non si potrà più far riferimento alla normativa precedente: bisognerà tenere conto delle novità apportate dalla riforma del Lavoro.
INPS e associazione in partecipazione: versamenti nella gestione separata
L’INPS chiarisce che l’associato deve versare nella gestione separata, il fondo che raccoglie i professionisti che non hanno autonoma cassa previdenziale ed i lavoratori parasubordinati. I contributi previdenziali devono essere calcolati sull’importo lordo erogato all’associato. Nei rapporti di associazione in partecipazione, spiega l’INPS sul sito ufficiale, l’associante deve farsi carico del 55 per cento del contributo previdenziale mentre il restante 45 per cento è a carico dell’associato. Per il resto, si applicano le stesse regole valide per i lavoratori parasubordinati in materia di aliquote e di versamenti. Tutto ciò, ovviamente, vale solo per i contratti ancora in essere dato che, come abbiamo spiegato, non è più possibile essere associati ed apportare prestazioni lavorative. Nel giro di qualche anno, quindi, nessun associato verserà più contributi previdenziali secondo lo schema appena esposto.