La ristrutturazione del debitoè una delle strade a disposizione delle aziende che consente il risanamento dei conti senza passare per il fallimento ed il concordato preventivo che determinano, nella pratica, la fine dell’esperienza imprenditoriale. Fa parte del ventaglio di soluzioni previste dalla legge fallimentare che lo disciplina all’articolo 182 bis e recentemente è stato oggetto di novità da parte del legislatore che, a causa della crisi economica degli ultimi anni, si è visto costretto a rimodulare tutte le procedure che riguardano le imprese in difficoltà.
La ristrutturazione del debitoè una procedura che, comunque, ha natura giudiziale: non potrebbe essere diversamente perché nulla vieta al debitore di stipulare accordi con i creditori singoli ma questi sono meri atti di diritto privato. L’accordo di ristrutturazione dei debiti si caratterizza per il fatto che, comunque, l’imprenditore ha già trovato un’intesa con i creditori e la sottopone al vaglio del tribunale che, omologando quanto pattuito, rende appunto giudiziale l’intera procedura.
Presupposti per l’accordo di ristrutturazione: chi può fare domanda?
Ai sensi del comma 1 dell’articolo 182 bis della legge fallimentare, qualsiasi imprenditore può presentare l’istanza. Anche l’imprenditore agricolo, non assoggettato al fallimento, può fare domanda di accordo per la ristrutturazione del debito. Sul fallimento dell’imprenditore agricolo la dottrina discute da anni e l’apertura a questa modalità di risoluzione di una crisi aziendale rappresenta per molti autorevoli esponenti della dottrina una sorta di anticamera alla previsione del fallimento anche per le imprese agricole di cui all’articolo 2135 del codice civile.
Oltre al presupposto soggettivo, c’è quello oggettivo: l’impresa deve trovarsi in stato di crisi, una situazione che viene configurata anch’essa dalla legge fallimentare all’articolo 182 bis comma uno.
Procedura per l’accordo di ristrutturazione dei debiti
Presso la cancelleria del tribunale il debitore deve depositare un ricorso che contiene la stessa documentazione necessaria per il concordato preventivo (si veda l’art. 161 della legge fallimentare). L’accordo di cui si chiede l’omologazione al giudice deve contenere l’assenso dei creditori che rappresentino almeno il 60 per cento del totale e deve essere accompagnato da una relazione stilata da un professionista che attesti la veridicità e la praticabilità della ristrutturazione del debito. Ciò è importante soprattutto per i creditori non facenti parte dell’accordo a cui comunque deve essere garantita una soddisfazione a maggior ragione perché non aderenti. Nell’ambito della richiesta deve essere anche indicata una cadenza temporale con cui sarà effettuato l’adempimento: in particolare, esso dovrà avvenire entro 120 giorni dall’omologazione se i crediti sono scaduti oppure entro 120 giorni dalla scadenza se i crediti devono ancora scadere.

I creditori e chiunque interessato, entro 30 giorni dalla pubblicazione dell’accordo, possono presentare opposizione al tribunale. Riguardo alle opposizioni, se presenti, il tribunale decide con decreto in camera di consiglio procedendo all’omologazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti. Entro 15 giorni dalla pubblicazione nel registro delle imprese dell’omologazione, gli interessati possono presentare reclamo dinanzi alla Corte d’Appello.