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Vaglia postale ordinario, online, veloce, circolare e internazionale: guida completa

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Le modalità di pagamento e invio di denaro sono ormai innumerevoli, tanto da essere spesso fonte di confusione. In questo articolo vogliamo spiegarvi le funzioni e le caratteristiche della modalità di pagamenti offerta dal vaglia postale. Questo strumento si divide in diverse sottocategorie: vaglia ordinario, vaglia online, vaglia circolare, vaglia veloce e internazionale. Ma di che cosa si tratta? Il vagliaè un servizio offerto dalle Poste Italiane, il quale permette ai clienti di inviare denaro dall’ufficio postale verso un beneficiario, indipendente dal fatto che il destinatario del versamento sia titolare o meno di un conto corrente. Chiunque può usufruire di questo mezzo di invio del denaro, che consente una spedizione veloce e sicura.

Come usare il vaglia postale

Il funzionamento del vaglia varia in base alla tipologia prescelta: infatti quello ordinario è consegnato al destinatario dal postino, mentre quello circolare direttamente dal mittente. Uno dei vantaggi del vaglia è che può essere spedito anche via internet, sebbene questa modalità sia rivolta esclusivamente ai possessori di conto BancoPosta online o BancoPosta Click. Ma analizziamo tutte le tipologie del vaglia postale, cominciando da quello ordinario.

Tutte le tipologie di vaglia postale

Vaglia ordinario e vaglia online

Come abbiamo anticipato, per adoperare questo tipo di versamento non è necessario essere titolari di conto corrente (né postale né bancario). Il vaglia ordinario può essere inviato da un qualsiasi ufficio postale o tramite Internet: ricordiamo che questa opzione è rivolta esclusivamente ai possessori di conto BancoPosta Click. È offerta la possibilità di inserire senza costi aggiuntivi un testo fino a 120 caratteri, ad esempio per indicare la causale del versamento. Per ciò che riguarda la consegna, il titolo di pagamento viene consegnato direttamente a casa, entro 3 o 4 giorni dalla data di emissione: quando il destinatario lo ha incassato allora può recarsi presso qualunque ufficio postale per riscuotere la somma. I vaglia rimangono in giacenza presso gli uffici postali per 30 giorni, periodo trascorso il quale il mittente riceve un avviso di rimborso che serve per riscuotere l'importo versato. Naturalmente vengono escluse dal rimborso le commissioni pagate al momento dell'emissione. Il rimborso è garantito al mittente in caso di compiuta giacenza, irreperibilità o rifiuto da parte del beneficiario, mentre il rimborso al beneficiario è previsto in caso di smarrimento, distruzione o sottrazione del titolo, dietro la presentazione di denuncia presentata alle autorità competenti. Anche la riscossione da parte del mittente è soggetta ad un limite temporale, più lungo rispetto a quello di giacenza: infatti va fino al 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di emissione. Il vaglia ordinario può essere incassato sia in contanti che attraverso il versamento dell’importo del vaglia sul proprio conto corrente postale o su qualsiasi conto corrente bancario.

Ci sono commissioni da pagare? La risposta è sì: innanzitutto specifichiamo l’importo massimo trasferibile, che ammonta a 2582,28 euro. Detto questo la commissione è fissa: è pari a 6 euro per il vaglia postale emesso allo sportello (anche in contrassegno), mentre costa 2,50 euro per il vaglia emesso online dal proprio conto. Il destinatario della cifra, invece, non deve pagare commissioni di nessun tipo.

Vaglia circolare

Passiamo ora a descrivere le caratteristiche del vaglia postale circolare: questo presenta le medesime caratteristiche del vaglia postale ordinario, ma offre una commissione più vantaggiosa e inoltre l'importo massimo trasferibile è illimitato, diversamente dal caso prima riportato. In questo caso l'ordinante ritira direttamente il titolo allo sportello e spetta allo stesso mittente farlo arrivare nelle mani del beneficiario. Il destinatario della cifra, una volta in possesso del titolo, può riscuotere l'importo presso un qualunque ufficio postale o istituto di credito. Il vaglia può essere riscosso entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di emissione. Come per il vaglia ordinario, oltre ad essere incassato in contanti versare l'importo del vaglia può essere accreditato sul conto corrente BancoPosta o su qualsiasi conto corrente bancario. Le commissioni da pagare qualora si prelevi dall’ufficio postale è pari a 3 euro, mentre il ritiro è gratuito se accreditato sul conto corrente.

Vaglia veloce

Il Vaglia veloce può essere effettuato in qualsiasi ufficio postale e permette di inserire un testo, fino a 120 caratteri, per comunicazioni o per indicare la causale del versamento. L’inserimento di un testo è gratuito. Il vaglia veloce offre una garanzia in più: infatti è protetto da una parole chiave. Per inviarlo bisogna compilare un modulo si richiesta, oltre a scegliere la suddetta parola chiave (composta da un minimo di tre fino a un massimo di sedici caratteri). L'operatore che riceve il pagamento rilascia il numero del vaglia, che va comunicato al beneficiario. Quest’ultimo, una volta in possesso delle informazioni e della parola chiave, può incassare il vaglia. Le commissioni a carico del mittente sono è più elevate che nei casi descritti nei precedenti paragrafi: tale cifra ammonta a 10 euro, mentre l’operazione non prevede costi a carico del beneficiario.

Vaglia internazionale

Concludiamo con l’ultima tipologia di vaglia, ossia quella internazionale. Si può pagare presso l'ufficio postale indicato sul titolo, tuttavia può essere incassato anche presso un altro ufficio: se si verifica quest’ultima ipotesi, però, il cliente beneficiario è tenuto al pagamento di una commissione pari a 1,03 euro. La cifra del vaglia internazionale viene indicato nella moneta del Paese di destinazione oppure in una moneta concordata) ciò solo dopo aver operato il cambio). Ci sono dei limiti in cui l’operazione può incappare, questi variano a seconda dei paesi coinvolti nel trasferimento, così come il termine di validità. Per i paesi dell’Unione Europea tale termine è comunque comune: la scadenza avviene dopo un mese rispetto all’emissione, mentre in linea di massima per gli altri la scadenza massima è di 3 mesi. Dopo la scadenza il titolo può essere rivalidato indipendentemente dal paese. Il vaglia internazionale può essere trasferito all’estero tramite rete postale, per cui il titolo viaggia per via postale, oppure tramite rete Eurogiro, per il quale viene utilizzato la rete telematica che collega i Paesi che aderiscono al circuito. Per quanto riguarda le commissioni da pagare, con un vaglia ordinario internazionale l’importo è di 6 euro. Ci sono poi dei servizi accessori: l’avviso di ricevimento e di pagamento costa 0,46 euro, mentre la richiesta dell’esito dei titoli costa 10 euro. Il pagamento dislocato prevede un’aggiunta di 1,03 euro e la duplicazione 1,29 euro. Infine l’apposizione sul vaglia ordinario della clausola “Mani proprie” costa 0,41 centesimi. Per quanto riguarda o costi che rimangono a carico del destinatario italiano per invii provenienti dall’estero, la commissione è di 6 euro. Infine concludiamo con l’elenco dei Paesi che attualmente sono abilitati alla ricezione e all’invio dei vaglia a carattere internazionale. Troviamo i paesi della Cina Nazionale e quella Popolare, Cipro e Malta, l’Ungheria, la Mauritania e la Romania, l’Algeria, la Repubblica Ceca, il Burkina Faso, la Corea del Sud, il Ghana, l’India e la Costa d’Avorio, la Lettonia, la Guinea, le isole Mauritius, la Tailandia, l’Uruguay, l’Africa del Sud e infine il Vaticano. Una piccola nota: l’India è abilitata solo in emissione, la Romania soltanto in ricezione.

Margine operativo lordo (EBITDA): che cos’è e come si calcola

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Come si calcola il reddito di un’azienda? L’indicatore di redditività per questo valore è il margine operativo lordo, altrimenti detto Mol. Ma di che cosa si tratta? Come si ottiene? Questo è l’argomento che affrontiamo nell'articolo che segue. Il Mol è, appunto, un indicatore di redditività, il quale si basa esclusivamente sulla gestione dell’azienda, senza considerare gli interessi (facenti parte della gestione finanziaria), le imposte (inerenti alla gestione fiscale), il deprezzamento dei beni e nemmeno gli ammortamenti. Il Mol è un dato più importante dell'utile per gli analisti finanziari perché permette di vedere chiaramente se l'azienda è in grado di generare ricchezza tramite la gestione operativa, escludendo quindi le manovre fatte dagli amministratori dell'azienda (ammortamenti e accantonamenti, ma anche la gestione finanziaria) che non sempre danno una visione corretta dell'andamento aziendale. Nella terminologia anglosassone il margine operativo lordo è definito con l’acronimo Ebitda, sigla che sta per "Earning Before Interest, Tax, Depreciation, Amortization", ossia "utile prima degli interessi, delle tasse, delle svalutazioni e degli ammortamenti". Se i costi saranno maggiori dei ricavi, si avrà una perdita, mentre se figureranno dei ricavi maggiori dei costi, si avrà un utile. Questo valore viene illustrato nelle valutazioni d'azienda come base di riferimento su cui applicare un moltiplicatore differente a seconda dei settori a cui appartiene l'azienda e fa parte dell’analisi di bilancio con cui si mira a studiare gli aspetti economici, finanziari e patrimoniali dell'azienda stessa, desumibili da diversi tipi di margini e indici ricavabili dal bilanci.

Il Mol rappresenta un indice molto importante, poiché sottolinea esclusivamente la gestione caratteristica dell'azienda e permette di comparare i risultati di diverse imprese che operano nello stesso settore attraverso la comparazione dei multipli. In realtà l’Ebitda è una approssimazione molto rapida del valore dei flussi di cassa prodotti da una azienda e, come abbiamo detto, è usato in concomitanza con altri metodi più precisi per approssimare il valore dell’impresa. Ma come si calcola il Margine operativo Lordo? Lo scopriamo nei prossimi paragrafi.

MOL: Margine operativo lordo o ebitda

Margine operativo Lordo: guida al calcolo

Il Mol, dunque, indica chiaramente se l'impresa è in grado di creare ricchezza tramite la gestione operativa: dal momento che gli ammortamenti creano movimenti unicamente contabili (in quanto l’impresa non mette via fisicamente il denaro), il margine operativo lordo indica la reale liquidità utilizzabile per portare a termine gli impegni che un'azienda ha verso il patrimonio statale e verso le banche. Qualora il Mol non risulti abbastanza alto da superare la somma delle imposte, allora l’azienda non disporrà della liquidità necessaria per poter far fronte ai propri impegni. È possibile eseguire questa tipologia di calcolo adoperando l’utile prima di ammortamento, accantonamento, oneri e entrate finanziarie, straordinari e tasse, ottenendo un risultato ricavato sottraendo dal valore della produzione i costi dei fattori produttivi a veloce utilizzo (costi delle materie prime, per servizi, per godimento di beni di terzi, ecc), mentre sono esclusi i costi dei fattori produttivi a lento utilizzo (gli ammortamenti, le svalutazioni, gli accantonamenti, e i costi di rilevanza finanziaria, patrimoniale, straordinaria e fiscale).Come ottenere il Mol? Per calcolare la formula del margine operativo lordo si può procedere in due diversi modi: il primo consiste nella seguente formula:
utile + ammortamenti + svalutazioni + accantonamenti – plusvalenze + minusvalenze + oneri finanziari – proventi finanziari + costi non caratteristici – ricavi non caratteristici.
La seconda modalità invece richiede quest’altra formula:
ricavi + variazione rimanenze – costi per materie prime – costi per servizi – costi per il personale – altri costi di struttura.
Per riassumere in maniera più rapida la procedura, partiamo dal presupposto che il valore aggiunto sia indicato con VA, mentre quello della produzione sia VdP e i costi esterni della produzione siano indicati con CEdP. Sulla base di queste sigle la prima formula da sviluppare per ottenere il margine operativo lordo è:
VA= VdP – CEdP
La formula da svolgere in seguito, considerando CdP come il costo del personale e ACdS gli algtri costi della struttura aziendale, è:
MOL= VA – CdP – ACdS
L’ultimo passaggio, invece, (dove MON indica il margine operativo netto) è il seguente:
MON= MOL – Ammortamenti – Accantonamenti

Il valore del Mol

Il Mol viene spesso rapportato alle vendite, poiché la redditività è influenzata dal settore di appartenenza dell’impresa. Per questo non si può dire che esistano valori ottimali in senso assoluto. Per le aziende di tipo industriale possono verificarsi scenari differenti: il primo è quello in cui il Mol risulta inferiore al 10% del fatturato; in questo caso l’azienda è indebitata e gli introiti scarsi. Il secondo caso è quello in cui il Mol è un valore tra il 10 e il 15%, dove le entrate e gli obiettivi raggiunti iniziano a dare frutti discreti e ancora meglio nel caso in cui il valore è compreso tra il 15 ed il 20%. Infine se l’Ebitda supera il 20% vuol dire che la formula imprenditoriale adottata è vincente e le tecnologie, le strategie di marketing o altri elementi di produzione hanno dato eccellenti risultati. In ogni caso ricordiamo che il Mol rappresenta un calcolo in via approssimativa e soprattutto che lo schema cambia in base al settore: per esempio le aziende di distribuzione all’ingrosso mostrano valori dell’indice inferiori di una decina di punti percentuali rispetto a quanto detto per le aziende industriali. Non solo: le imprese di distribuzione al dettaglio presentano solitamente un Mol inferiore di altri 1 o 2 punti percentuali rispetto alla distribuzione all’ingrosso sopracitata. Viceversa, per le imprese di servizi i valori medi dell’indice sono aumentati di 5 punti percentuali rispetto alle aziende industriali.

Come ottenere dati più precisi

Se si volesse pervenire con più precisione alla liquidità creata dall’azienda allora può essere utile determinare il flusso del capitale netto circolante, la variazione di Capitale Circolante Netto delle somme investite, del rimborso dei finanziamenti già avuti e possibili aggiunte di capitale sociale. Per fare questo occorre però possedere i dati patrimoniali iniziali e finali dell'esercizio ed è per questo che si tende a calcolare il più approssimativo Margine Operativo Lordo, in quanto questa operazione richiede di essere in possesso soltanto dei dati del Conto Economico.

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Conto economico riclassificato: come si ottiene?

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Il conto economico (ossia il documento contabile del bilancio d’esercizio aziendale che illustra risultato economico della gestione del periodo considerato attraverso la contrapposizione dei costi e dei ricavi), può essere riclassificato per meglio mettere in evidenza i risultati parziali della gestione dell'azienda. Tale riclassificazione è in forma scalare ed è prevista dall’articolo 2423 de Codice Civile, che disciplina il documento amministrativo unitario denominato bilancio d’esercizio: questo prevede tre parti, ossia lo Stato patrimoniale, il Conto economico e la Nota integrativa. Nei prossimi paragrafi analizziamo questi termini e scopriamo come si ottiene il conto economico riclassificato.

Bilancio d’esercizio

Abbiamo detto che il bilancio d’esercizio è formato da tre parti: la prima consiste nello Stato patrimoniale, il quale evidenzia la configurazione del patrimonio di funzionamento; il secondo elemento è il Conto Economico, che come abbiamo accennato analizza la composizione del reddito d’esercizio e infine vi è la nota integrativa, che ha la funzione di carattere descrittivo, informativo ed esplicativo. Quindi il bilancio si configura come uno strumento di informazione e di comunicazione per i soci, l’amministrazione fiscale, i finanziatori eccetera, in quanto da esso è possibile trarre corretti giudizi di efficienza e attendibili valutazioni sulle prospettive gestionali future. Dopo aver accertato l’attendibilità dei dati del bilancio, la prima fase dell’analisi economico-finanziaria si conclude con la riclassificazione dei dati esposti nello Stato patrimoniale e nel Conto economico: questo passaggio ha come obiettivo quello di stilare nuovamente i due prospetti contabili del bilancio ridistribuendo i valori dello Stato patrimoniale e quelli del Conto economico, secondo criteri coerenti con gli obiettivi di conoscenza perseguiti. In altre parole lo scopo di questo passaggio è quello di ricomporre i dati del bilancio. Perché si effettua questa ricomposizione?

Conto economico e riclassificazione

La riclassificazione dei valori del conto economico comporta un nuovo raggruppamento dei ricavi e dei costi in base alle aree di gestione da cui provengono, così da evidenziare gli indicatori di risultato, gli aggregati e i margini intermedi utili per esaminare la redditività e analizzare i fattori che la determinano. In seguito a questi passaggi il conto economico assume una struttura e una forma che evidenziano gli elementi appena citati, ossia aggregazioni, margini, risultati intermedi, elementi utili a comprendere il progressivo formarsi del reddito netto di esercizio.

Forma del Conto economico riclassificato

Come abbiamo anticipato in apertura, la forma da adottare è scalare, forma che permette di evidenziare le aree della gestione unitaria dell’impresa e di sottolineare il contributo che ogni raggruppamento di costi e ricavi ha dato alla reddittività. Quali sono queste aree che vengono individuate? Queste sono cinque, ossia la gestione tipica (da cui deriva il reddito operativo), la gestione atipica o patrimoniale, la gestione finanziaria, quella fiscale e infine quella straordinaria.

Calcolo del conto economico riclassificato

Calcolo del conto economico riclassificato

Come abbiamo già detto, la forma di questa riclassificazione è scalare e comporta i seguenti calcoli:
Margine operativo Lordo (Mol) = Valore della produzione - Costo della produzione
Risultato di Gestione = Margine Operativo Lordo+/- Proventi (oneri) gestione accessoria
Risultato Ante Imposta = risultato di Gestione +/- Proventi (oneri) gestione finanziaria +/- Rettifiche di valore di attività finanziarie +/- Proventi (oneri) gestione straordinaria
Reddito Netto = Risultato Ante Imposte - Tasse
La rielaborazione può esser effettuata sia da analisti interni (come ad esempio il consiglio d’amministrazione), sia da analisti esterni (come finanziatori o investitori) che desiderano avere dati più specifici.

Gli schemi della riclassificazione del conto economico

È possibile voler ottenere, attraverso il procedimento di riclassificazione, diversi tipi di informazione. Dunque la riclassificazione del conto economico può essere effettuata secondo tre schemi. Il primo schema è quello della riclassificazione del CE a costo del venduto e ricavi, che mette in evidenza alcuni parametri rilevanti (come l’utile lordo) realizzato dall’azienda sulle vendite effettuate, poiché il costo del venduto rappresenta quello che è costato produrre ciò che è stato effettivamente venduto.

Il secondo schema possibile è quello della riclassificazione del conto economico a valore aggiunto, il quale evidenzia la capacità che ha l’azienda di creare ricchezza, grazie alla sua attività. Infine vi è il modelli della riclassificazione del conto economico a margine di contribuzione: questo tipo di riclassificazione del conto economico è piuttosto complessa da effettuare. Si tratta pur sempre di riaggregare le voci di costi e ricavi secondo una logica, ma in questo caso viene adoperato uno schema che effettua una distinzione netta tra costi fissi e costi variabili, per poi evidenziare evidenzia il contributo che ha dato la gestione alla copertura dei costi fissi e alla formazione del reddito di esercizio. Non si può dire che uno di questi schemi sia migliore dell’altro: il modello di riclassificazione a costo del venduto è quello più utilizzato, tuttavia l’uso di uno schema o dii un altro dipende dal tipo di informazioni che si vogliono ricavare dal conto economico.

In conclusione

Per concludere possiamo riassumere dicendo che la riclassificazione del conto economico ha come obiettivo finale quello di mostrare una serie di risultati economici parziali grazie ai quali, con un’analisi successiva, è possibile individuare la redditività aziendale. La riclassificazione punta a separare l’area accessoria da quella tipica e a riclassificare i valori per destinazione invece che per natura.

Riforma pensioni 2016, proposte per la pensione anticipata: tutte le ipotesi - Guida

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In questo articolo facciamo il punto sulla riforma pensioni 2016, presentando schematicamente tutte le proposte di pensione anticipata che sono state illustrate nel corso del 2015 e che si trascineranno anche durante il 2016 da poco iniziato. Il leitmotiv è flessibilità in uscita: tutti la annunciano, tutti la promettono ma per ora non ci sono cambiamenti particolari ed anche la Legge di Stabilità recentemente presentata ha deluso i più. Se per l'opzione donna e per gli esodati, infatti, si intravede qualche spiraglio, per i lavoratori precoci c'è ancora da attendere: Renzi ha promesso una soluzione definitiva ad inizio anno, staremo a vedere se sarà vero oppure no. Su questa pagina indichiamo sinteticamente, con aggiornamenti periodici, i pro ed i contro di tutte le proposte, unitamente alle possibilità che le soluzioni possano effettivamente essere approvate.

Ultime notizie sulla riforma pensioni: lavoreremo fino a 70 anni!

In questa prima parte ricostruiamo le ultimissime news sulla pensione anticipata mentre nella parte successiva dell'articolo trovate lo schema riepilogativo. Hanno fatto rumore le ultime dichiarazioni di Boeri che, parlando dei conti dell'INPS, ha comunque assicurato la tenuta del nostro sistema pensionistico nel medio-lungo periodo.

L'allarme, però, è un altro ed è ben più grave. Il presidente dell'INPS, infatti, ha affermato che i  nati nel 1980, se restassero così le cose, se la vedrebbero davvero brutta: oltre il 60 per cento di loro prenderà soltanto la pensione di vecchiaia e, di conseguenza, lascerà il posto (chi di loro riesce a non restare disoccupato!) nel 2050 a 70 anni di età. Le pensioni, e questo lo abbiamo già detto più volte, saranno poi più basse fino anche del 25 per cento rispetto ad oggi. A quanto pare, quindi, c'è poco da stare allegri!

Recentemente, poi, lo stesso Boeri è tornato a sollecitare un intervento urgente sulla flessibilità in uscita senza che, al momento, arrivassero particolari aperture oltre a quelle che conosciamo ormai da anni.
Per quanto riguarda l'attività dei sindacati, CGIL, CISL e UIL hanno recentemente presentato una proposta unitaria che sarà vagliata dal governo Renzi. Vi invitiamo a continuare a scorrere per leggerla nell'elenco che trovate nei successivi paragrafi.

Ancora promesse dal governo Renzi?

"Negli anni l'Italia ha messo in atto una delle più ambiziose riforme del sistema pensionistico - ha detto recentemente il ministro dell'Economia Padoan a margine della manifestazione dei sindacati lo scorso 2 aprile - gli indicatori europei ci segnalano fra i migliori esistenti: eventuali interventi non possono che partire da questa considerazione".

La promessa, già fatta in passato dal governo, era quella di prevedere un bonus di 80 euro per le pensioni minime, così come fatto con i lavoratori dipendenti. Sul punto si è espresso anche il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Nencini che ha difeso la Fornero dagli attacchi e che ha dichiarato che, pur non sapendo quando arriverà la riforma delle pensioni, qualcosa da parte dell'esecutivo ce lo si deve attendere.

Sintesi degli ultimi avvenimenti

Riassumiamo il canovaccio che abbiamo raccontato negli ultimi mesi su queste pagine. Scendono le quotazioni di alcune proposte originariamente considerate più attendibili, come ad esempio la quota 100, mentre cresce il gradimento verso i pensionamenti flessibili. Tuttavia nelle ultime settimane è arrivato lo stop di Tito Boeri, presidente INPS, che ha bocciato gran parte delle proposte perchè troppo costose. La sua posizione, al momento, è quella di favorire il prepensionamento dei lavoratori con il metodo interamente contributivo, mandando in soffitta il sistema misto che, per i giovani, già non esiste più. Tale ragionamento piace poco sia al governo Renzi che a quelli che, come Cesare Damiano, predicano una flessibilità in uscita basata su penalizzazioni decrescenti.

Nelle prime settimane del 2016 non sono arrivate novità sostanziali: il dibattito è appiattito sulle solite proposte e dal governo Renzi, al momento, non c'è alcun segnale. Tutto fermo, dunque, nell'attesa che il tema sia finalmente affrontato seriamente. L'attenzione della politica, in queste settimane, sembra essere decisamente altrove.
=> CLICCA QUI PER LEGGERE LE ULTIME NEWS SULLA RIFORMA PENSIONI 2016
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Questo articolo è soggetto ad aggiornamenti periodici alla luce delle dichiarazioni e delle nuove proposte dei principali protagonisti della vita politica, sindacale ed economica. I contenuti sono rivisti costantemente dalla redazione per fornire all'utente un quadro completo dal cantiere della previdenza e per chiarire tutti i dubbi che possono sorgere nel corso della pubblica discussione.

Consigliamo la lettura delle guide di Affari Miei su


--- Principali proposte di riforma pensioni ---


Proposte dei sindacati: quota 41 e pensione anticipata a 62 anni

E' giunta nelle prime settimane del 2016 la proposta unitaria dei sindacati CGIL, CISL e UIL che mira a risolvere i problemi fondamentali attualmente evidenziati dai più attenti: eccessiva penalizzazione in termini economici per chi esce con gran parte dell'assegno calcolato con metodo contributivo e lavoratori precoci.

Sul primo punto, i sindacati propongono di riformulare la pensione anticipata modificando la riforma Fornero: uscita a 62 anni è la loro soluzione, con penalizzazioni limitate e nessun ricalcolo contributivo.

Per i lavoratori precoci, invece, i sindacati hanno fatto propria la principale proposta di Cesare Damiano: la quota 41. I dettagli sono spiegati analiticamente nei prossimi paragrafi.

Quota 100: la proposta di Cesare Damiano per la pensione anticipata

Tra le varie idee è quella che è risultata a lungo la più gradita ai pensionandi, sebbene nelle ultime settimane abbia perso l'appeal iniziale in favore della quota 41. La soluzione vedrebbe l’uscita dal lavoro esattamente come avveniva nella pensione di anzianità soppressa dalla Fornero ma con qualche anno di ritardo. Età minima 62 anni a cui aggiungere 38 anni di contributi, con 63 anni servirebbero invece 37 anni di versamenti e così via (nella formulazione originaria occorrevano 60 anni di età più 40 di contributi).  Oggi servono 42 anni e 6 mesi per gli uomini e 41 anni e 6 mesi per le donne per accedere alla pensione anticipata (che è il nome dell’istituto, sebbene molti intendono il termine come mera anticipazione della pensione). E’ una delle soluzioni più “difficili” da attuare a causa degli elevati costi: si stima una spesa superiore ai 10 miliardi.
La Lega Nord ha depositato una sua proposta di quota 100 che prevede l'uscita con 58 anni di età e 42 di contributi: si tratta di una variante che sarà esaminata dal Parlamento.

Quota 100 con esodo volontario: Ercolani presenta la variabile della proposta Damiano

L’abbiamo presentata in una lunga intervista all’ingegner Ercolani. Sinteticamente, l’uscita con la quota 100 sarebbe opzionale e non si percepirebbe immediatamente la pensione: questa arriverebbe dopo qualche anno, leggermente maggiorata. In pratica, l’uscita servirebbe a chi può mantenersi qualche anno con risorse proprie stipulando una sorta di contratto con lo Stato. I pro ed i contro sono stati spiegati nell'articolo indicato ad apertura del paragrafo. Inoltre, suggeriamo la lettura della riflessione sul rapporto tra riforma pensioni e Ministero della Sanità.

Pensione flessibile con penalizzazioni decrescenti e quota 41: il Ddl Damiano

Si tratta di un’altra proposta che vede Cesare Damiano come primo firmatario. Età minima 62 anni con 35 anni di contributi: si percepirebbe inizialmente un assegno decurtato dell’8% che andrebbe a scalare fino a raggiungere lo zero (quindi fine della penalizzazione) a 66 anni. Alleghiamo l’infografica di Pensioni Oggi.
Fonte: Pensionioggi.it
Con 41 anni di contributi si conseguirebbe la pensione di vecchiaia indipendentemente dall’età, come accadeva quando era in vigore la pensione di anzianità (all'epoca bastavano 40 anni e si parlava dei c.d. quarantisti per indicare chi lasciava il lavoro dopo 40 anni di contributi). Le ultime notizie provenienti dalla politica vedono crescere le possibilità che questa soluzione possa essere approvata, sebbene non si è ancora capita precisamente la natura e la quantità del taglio che si andrebbe a stabilire per favorire l'uscita dal lavoro. Dopo la sentenza della Consulta sulla Legge Fornero, questa soluzione ha progressivamente preso piede anche se le ultime notizie di settembre hanno segnato una netta frenata da parte della politica.
Leggi anche: Pensione integrativa, guida di Affari Miei ai piani individuali pensionistici - Previdenza complementare, come non farsi fregare dalle polizze vita

Prestito pensionistico: la proposta dell’ex ministro Giovannini ripresa dal PD

Il prestito pensionistico è un'idea lanciata qualche anno fa dall’ex ministro del Lavoro Giovannini: i lavoratori prossimi alla pensione riceverebbero un prestito di circa 700 euro che restituirebbero, maturati i requisiti per la pensione, con piccoli prelievi mensili. Detto anche “mini pensione”, è una soluzione “low cost”: la stima è di circa 1 miliardo. La critica che gli viene mossa è che si rischia di non risolvere il problema perché ci sarebbero comunque molte persone che riceverebbero una cifra che non consentirebbe loro di vivere dignitosamente.

Nel mese di luglio 2015 il Partito Democratico ha depositato al Senato un DDL a firma di Giorgio Santini e supportato anche da Pietro Ichino. Esso prevede per i lavoratori over 55 l'estensione dell'ASDI, il nuovo sussidio di disoccupazione introdotto con il Jobs Act, per un anno anzichè sei mesi. Trascorso questo periodo, essi potrebbero accedere all'APA (Assegno pensionistico anticipato) del quale, una volta conseguito il diritto ad andare in pensione, dovrebbero restituire i 2/3 con piccoli prelievi sulla futura pensione.

Nel mese di ottobre, in vista della Legge di Stabilità 2016, è circolata una nuova ipotesi di prestito pensionistico con la partecipazione delle aziende: in pratica l'intervento statale sarebbe solo marginale in questo caso mentre alle imprese verrebbe chiesto di accollarsi il prestito ai lavoratori in cambio di benefici non ancora precisati. I lavoratori, una volta raggiunti i requisiti per la pensione, restituirebbero l'importo alle aziende. La proposta è stata criticata perchè opzionale e difficilmente realizzabile soprattutto per le piccole imprese che sono l'ossatura del nostro sistema economico produttivo.

Pensione anticipata 2016 con ‘Opzione Uomo’: regime sperimentale per tutti?

E’ un’altra proposta che è stata fatta alla Commissione Lavoro della Camera dei Deputati. In pratica verrebbe esteso il regime contributivo delle donne per tutti. Oggi è in vigore l’opzione donna: prepensionamento a 57 anni e 3 mesi con 35 anni di contributi. L’assegno percepito è però interamente contributivo. Sulla questione si è scritto molto fino ad una parziale proroga del regime sperimentale al 31 dicembre 2015. La cosiddetta opzione uomo, comunque, non ha avuto al momento grandissimo seguito.

Pensionamento anticipato tramite accordo lavoratore-azienda e riscatto contributi della laurea. DDL 1941 depositato al Senato da Sacconi

E’ la proposta dell’ex ministro dei governi Berlusconi Maurizio Sacconi che abbiamo raccontato unitamente al riscatto agevolato dei contributi per gli anni un cui sono stati compiuti gli studi universitari. Praticamente le imprese, per “svecchiare” il personale, pagherebbero una quota per anticipare il pensionamento dei lavoratori e favorire la flessibilità in uscita. Non sembra piacere molto, tant’è che se ne parla poco.
A maggio, infine, al Senato Sacconi ha depositato il DDL 1941 per proporre la pensione anticipata dei lavoratori in maniera flessibile. Il disegno di legge ricalca molto quello di Cesare Damiano e prevede, inoltre, incentivi per le madri lavoratrici, con il calcolo di contributi doppi nel periodo di astensione dal lavoro per maternità o puerperio.
Letture consigliate: Quando finirà la crisi economica in Italia? - E' possibile cambiare vita a 50 anni?

Proposta di Salvini: 1.000 euro al mese di pensione a tutti con 40 anni di contributi

La proposta del leader della Lega prevede un assegno universale di 1000 euro a cui si accede con 40 anni di lavoro. I contributi previdenziali "ulteriori" alla soglia di 5 mila euro annui per raggiungere tale soglia verrebbero restituiti in busta paga al lavoratore. La soluzione, chiaramente, riguarderebbe i giovani. Per approfondire, consigliamo la lettura del post dedicato linkato in precedenza.

Proposta per la pensione anticipata di Boeri: riforma pensioni in 5 punti

Nel corso della relazione annuale dell'INPS dell'8 luglio 2015, il presidente Tito Boeri ha lanciato la sua proposta di riforma pensioni articolata, fondamentalmente, su 5 punti precisi. Bocciatura per quota 100, quota 41 e pensionamenti flessibili, sostenuti da Damiano e da una parte del PD. Nei primi giorni del mese di novembre, poi, è rimbalzata sulla stampa nazionale la bozza che in estate il presidente dell'INPS inviò al governo che esplicita nel dettaglio tutti i passaggi più importanti.
Ecco i 5 punti in sintesi:
  1. reddito minimo garantito per over 55: il presidente INPS propone di garantire con forme di assistenza quei lavoratori che hanno perso il proprio impiego in età avanzata. La misura va finanziata con la fiscalità generale;
  2. unificazione dei trattamenti previdenziali: stop alle tante pensioni che vengono percepite, tutti i trattamenti vanno unificati in un unico assegno mensile;
  3. stop ai vitalizi dei parlamentari: Boeri ha chiesto al Parlamento di rendere pubblici i criteri con cui vengono calcolati i vitalizi che sono, a tutti gli effetti, delle baby pensioni. Per il numero uno INPS bisogna interrompere le differenze tra generazioni e categorie e prevedere criteri univoci per tutti;
  4. flessibilità sostenibile: l'età pensionabile può essere anticipata solo se il montante contributivo accumulato viene spalmato su più anni. In poche parole, contributivo per tutti se si desidera di lasciare il lavoro in anticipo rispetto a quanto ora prevede la legge, in ossequio agli aumenti dell'aspettativa di vita;
  5. contributi anche dopo la pensione: l'INPS vuole offrire la possibilità alle imprese di versare contributi agli ex dipendenti o ai lavoratori di versarli anche se percepiscono già la pensione e svolgono altre attività. Questo vuole essere un incentivo a non lasciare la vita lavorativa attiva.
La proposta di Boeri non ha avuto seguito visto che il governo Renzi non l'ha mai valutata nel concreto. E' stata criticata da Damiano, che ha invitato l'INPS a non occuparsi di legislazione, e da Poletti, che si è detto contrario ai tagli degli assegni d'oro.
Leggi anche => Quando vado in pensione?

Aumento pensioni minime: dal 2018 Renzi invierà 80 euro anche ai pensionati?

L'annuncio è arrivato durante l'assemblea PD del 18 luglio da parte del premier Matteo Renzi. In occasione delle elezioni politiche il leader Dem punta a bissare il successo elettorale del 2014 alle europee, estendendo (o promettendo di farlo) il bonus degli 80 euro ai pensionati con redditi inferiori a 25 mila euro. Ancora ignote le coperture ma, se questi sono i tempi, ci sarà modo di capire se si tratta di una proposta seria o di un annuncio per strappare qualche titolo di giornale. Intanto la miccia della discussione è stata accesa e siamo sicuri che se ne parlerà molto spesso.

Part-time agevolato per favorire il prepensionamento?

La notizia è approdata sui principali organi di stampa ad inizio settembre ed ha trovato riscontri nella Legge di Stabilità 2016 in corso di approvazione. In pratica l'azienda consentirebbe, secondo quanto scrive il quotidiano La Stampa, di ridurre l'orario di lavoro dei pensionandi impegnandosi a pagare i contributi integralmente e ad assumere un giovane. In cambio, ovviamente, le imprese riceverebbero delle agevolazioni economiche da parte dello Stato.

Pensione anticipata con tagli entro il 15%

Altra ipotesi circolata a settembre prevede una variabile della quota 41 con tagli più consistenti. In pratica il governo, secondo diverse indiscrezioni, starebbe lavorando a prevedere la pensione anticipata a partire da 63 anni, con 3 anni di anticipo rispetto alla vecchiaia, con tagli che vanno dal 3 al 5 per cento annuo fino ad un massimo del 12-15%.  Al momento questa ipotesi è stata solo battuta dalla stampa, nessun membro del governo l'ha ancora esplicitata.

Riforma pensioni 2016: le novità della Legge di Stabilità

Era atteso il Consiglio dei Ministri in cui il Governo Renzi annunciava la Legge di Stabilità che arriverà in parlamento per la tradizionale sessione. Non sono arrivate novità significative, tutto si è svolto nell'ottica di quanto abbiamo scritto nel corso del 2015. In sintesi, le novità più importanti sono queste:
  • attuata la settima salvaguardia per gli esodati (i comitati, però, lamentano che circa 20 mila lavoratori resteranno tagliati fuori);
  • prorogata l'opzione donna al 2015 e valutare cosa fare per il futuro (sono rimaste tagliate fuori le signore nate nell'ultimo trimestre del 1958 e le lavoratrici autonome dell'ultimo trimestre del 1957 a causa dell'aspettativa di vita. Sul punto la Legge di Stabilità ha previsto un intervento ogni anno, a settembre, per verificare la possibilità di prorogare il regime);
  • prevedere interventi ad hoc contro la povertà (non si è ancora capito quali sono!);
  • prepensionamenti con part-time e versamento dei contributi a carico dell'azienda per lavoratori over 63: le aziende verserebbero lo stipendio ridotto ed i contributi per intero, salvaguardando la futura pensione. Lo Stato si accollerebbe i contributi figurativi.

Quota 42 e 43: Boeri contro i sindacati?

La cronaca degli ultimi mesi ha visto crescere i consensi verso la quota 41, tant'è che anche i sindacati si sono detti a favore per risolvere definitivamente la vertenza dei precoci. Tito Boeri, presidente dell'INPS, ha sostenuto invece la possibilità di quantificare una quota di uscita scollegata dall'adeguamento all'aspettativa di vita a 43 anni per gli uomini e 42 anni per le donne: parliamo, ovviamente, di anni di lavoro e non anagrafici. Tale idea, però, è piaciuta molto poco ai sindacati.

I punti della riforma pensioni nel 2016

Alla luce delle mancate novità auspicate in Legge di Stabilità, restano aperti i seguenti fronti che caratterizzeranno il dibattito per le prossime settimane:
  • esodati - non tutti sono stati salvaguardati e nelle ultime settimane dello scorso anno è circolata una voce che parla di un ottavo provvedimento di tutela;
  • opzione donna - sono rimaste tagliate fuori le signore di cui si è detto prima che, insieme a quelle che a breve matureranno i requisiti previsti per il 2015, chiedono una proroga al 2018 del regime sperimentale;
  • lavoratori precoci - il filone numericamente più importante è ancora al palo, con tutte le varie proposte sulla flessibilità in uscita di cui abbiamo detto sopra.
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    Revoca mandato avvocato: procedimento rimuovere il professionista dall'incarico

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    Il rapporto tra avvocato e cliente è uno tra i più delicati e per questo dopo la concessione dell'incarico non è raro che si arrivi alla revoca del mandato o addirittura alla rinuncia da parte del professionista. Quando una persona si affida a un esperto infatti, ha bisogno di essere seguito e sostenuto nei suoi dubbi e nelle sue problematiche. Sfortuna vuole però che spesso questo rapporto non sia così idilliaco, anzi. Non è poi così difficile trovare avvocati che nonostante un'elevata parcella si dimentichino dei propri clienti e prestino loro poca attenzione. La relazione tra avvocato e cliente è così importante e fondamentale da essere regolata dall'Articolo 35 del Codice deontologico Forense, che esprime come il rapporto tra avvocato e cliente debba essere basato sulla fiducia reciproca. La “questione fiducia” è assolutamente fondamentale poiché, spesso e volentieri, il cliente non ha nessun tipo di conoscenza in materia giuridica e dunque deve fidarsi completamente di ciò che l'avvocato gli propone. Questo non vuol dire che il cittadino ha il diritto di disinteressarsi e affidare tutto sulle spalle del professionista, tuttavia essendo lui l'esperto è obbligato a compiere la prestazione d'opera sotto pagamento.

    Come riuscire a valutare le competenze di un avvocato? 

    Questa domanda è tipica di coloro che sono alla ricerca di un difensore preparato e che giustamente non voglio sprecare più tempo e denaro del dovuto. Per essere il più concreti possibile ed evitare fregature di qualsiasi tipo, il nostro consiglio è di verificare prima di tutto il curriculum vitae del professionista, solitamente presente sul suo sito internet o in internet da altri portali. Questo permette anche di capire la specializzazione dell'avvocato e quindi di comprendere se fa più o meno al caso vostro. La differenza tra un avvocato penalista ed uno civilista è ad esempio, molto importante. D'altra parte l'avvocato deve seguire il principio dell'Articolo 12, secondo il quale “l'avvocato non deve accettare incarichi che sappia di non poter svolgere con adeguata competenza”. Tuttavia il curriculum è solo un passaggio utile per la prima scrematura: molti pubblicano dati gonfiati, vendendosi ovviamente bene; altri, invece, millantano incarichi all'Università che, magari, visti da fuori possono apparire di prestigio ma in realtà fanno i passacarte; altri ancora, invece, sono contemporaneamente docenti, professionisti e chissà quante altre cose e, in realtà, altro non fanno che delegare a studi dove praticanti schiavizzati potrebbero svolgere il lavoro male rispetto alla profumata parcella che pagate. Insomma, non fidatevi troppo dell'apparenza e cercate di andarci a parlare, cercando di non farvi abbindolare. Valutate voi stessi la vostra causa, non in base alla gravità che può avere per voi ma in base alla difficoltà oggettiva del problema: in determinati casi è meglio un professionista non troppo titolato ma che effettivamente può seguirvi piuttosto che un super esperto che, giustamente, si fa pagare a prezzo di mercato.

    Revoca del mandato all'avvocato

    Arriviamo al punto dell'articolo di oggi: se si è così sfortunati da iniziare un rapporto avvocato-cliente, con un professionista che non si rivela così preparato o così attento come noi vorremmo, che cosa bisogna fare? Siamo incatenati a lui fino alla fine dell'incarico? Possiamo rivolgerci a qualcun altro? E se si, in che modo? I consigli indicati valgono di base ma, alla fine, il rischio di non "pescare" bene è sempre dietro l'angolo. 

    Innanzitutto rispondiamo alla seconda domanda: “Siamo incatenati a lui fino alla fine dell'incarico?” assolutamente no. Come nel caso di molte altri professioni, anche in questo il rapporto tra cliente e professionista può essere interrotto, poiché il mandato è sempre revocabile. Tuttavia, questo non significa che il cliente non debba pagare il lavoro svolto fino a quel momento dall'avvocato, anzi. Nel momento in cui si decide di revocare il mandato all'avvocato, vanno comunque corrisposte tutte le spese che fino a quel momento sono di diritto del professionista.

    Procedimento per revocare il mandato all'avvocato

    Come revocare il mandato all'avvocato
    Il primo passo da fare quindi per concludere il rapporto di fiducia, che probabilmente è venuto meno, è quello di inviare la revoca al professionista. Tale dichiarazione può essere sia orale sia scritta, noi consigliamo la presentazione di una revoca scritta che possa dunque essere provata nera su bianco attraverso il rilascio di un avviso di ricevimento. Se non si desidera consegnare a mano l'avviso è possibile effettuare il tutto attraverso un raccomandata.  L'avvocato, una volta ricevuta la dichiarazione, ha il dovere di restituire al cliente tutta la documentazione che lo riguarda e non in fotocopia, ma in originale. Così come ha anche il dovere di dichiarare le incombenze necessarie. La revoca del rapporto va indicata anche alle autorità giudiziali ove eventualmente pende un procedimento: esse hanno così bisogno anche del nuovo nominativo dell'avvocato difensore scelto.
    Il cambio di professionista può avvenire in qualsiasi momento: sia nelle fasi preliminari sia durante un procedimento giudiziale. Attenzione, però, perché per questioni etiche, il nuovo avvocato potrebbe non accettare formalmente il lavoro fino all'avvenuta disdetta con il collega precedente. Se non avete dunque molto tempo a disposizione, vi consigliamo di stringere i tempi procedendo abbastanza rapidamente nelle mansioni spiegate.

    Allora stesso modo è possibile e probabile, che l'ex avvocato riceva ancora delle informazioni riguardanti il suo ex cliente. Ovviamente questi è obbligato a far avvenire un passaggio di informazioni chiaro e repentino, inoltrando quanto ricevuto.

    Infine, è veramente importante sottolineare come l'inesperienza o gli errori di un avvocato non possano essere presi in causa dal cliente come pretesto per avere un procedimento privilegiato in qualche maniera. Questo perché la Cassazione sostiene che grava sull'imputato la responsabilità di scegliere un professionista valido e soprattutto che è anche sua responsabilità vigilare sull'osservanza dell'incarico conferito. Come si suol dire, quindi, il cliente non può lavarsene le mani e sperare che l'avvocato faccia del suo meglio, ma deve assolutamente verificare ciò che avviene e interessarsi della sua situazione in maniera attiva. Ovviamente però, se il cliente dovesse accorgersi di grave mancanze avvenute da parte dell'avvocato scelto, ha tutto il diritto di accompagnare la revoca da un esposto disciplinare al Consiglio dell'Ordine, oppure attraverso una denuncia penale per infedele patrocinio. 

    Come diventare Commis di sala: mansioni e stipendio

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    Il settore alberghiero e della ristorazione offre molte possibilità di lavoro, sia in Italia che all’estero, anche per quanto riguarda i lavori stagionali. Le mansioni che possono essere ricoperte sono davvero molte e variegate: si può lavorare in cucina, in sala, ai piani o all’accoglienza clienti. In questo articolo ci occupiamo di approfondire quali sono i compiti che deve svolgere una figura in particolare: il Commis di sala. Che cosa fa questo lavoratore? Quali sono le sue mansioni e qual è lo stipendio che percepisce? Lo vediamo nei prossimi paragrafi.

    Commis di sala: il primo gradino della carriera

    Chi entra per la prima volta in questo ambito del mercato del lavoro può doversi trovare a ricoprire proprio il ruolo di commis di sala: si tratta di una mansione svolta infatti soprattutto da giovani studenti delle scuole alberghiere, i quali stanno portando a termine qualche tirocinio formativo oppure stanno lavorando durante le vacanze estive con l’obiettivo di fare esperienza. Proprio perché alla base della “gerarchia” che si trova all’interno di un hotel o di un ristorante, spesso il Commis di sala viene visto come un lavoro di ripiego, giudizio che non conferisce a questo incarico la giusta importanza: infatti il Commis di salaè fondamentale nel team che si occupa di ristorazione, inoltre lavorare ricoprendo questo incarico permette di creare delle ottime basi per costruire una interessante carriera futura. Ma vediamo ora che cosa fa in concreto all’interno di una struttura alberghiera.

    Le mansioni e il ruolo del Commis di sala

    Questa figura ha il compito di preparare i tavoli, aiutare a riordinare tutta la mise en place del ristorante e supportare lo Chef de Rang per la preparazione quotidiana della sala. Inoltre, durante il servizio, il Commis di sala va avanti e indietro tra la stanza da pranzo e le cucine, per garantire che piatti che escono dalla cucina siano portati ai tavoli dei clienti, oppure appoggiati su un guéridon(tavolo alto e stretto) in attesa che vengano create le porzioni da sistemare nei piatti da portata. Non solo: tra i suoi doveri ci sono quelli legati alla cura della pulizia delle attrezzature, all’assetto e alla dotazione dei tavoli secondo le norme e le abitudini del ristorante in cui lavora. Inoltre, qualora sia assente il capo cameriere, al Commis di sala spetta il compito di accogliere e riceverei clienti in arrivo, premurandosi di accompagnarli al tavolo prescelto. Durante i pasti deve occuparsi di prelevare le pietanze dal banco buffet e a volte può essergli richiesto di occuparsi delle operazioni legate al conto del cliente e al pagamento da parte dello stesso, per cui deve essere in grado di gestire la cassa. Queste elencate sinora sono le mansioni che il Commis di sala esegue quando lavora in un ristorante: se invece è stato assunto in un hotel questa figura deve occuparsi anche del servizio delle prime colazioni, sia in sala che in camera, e deve quindi saper svolgere alcuni dei lavori tipici del barista, ad esempio circa la preparazione dei caffè e dei cappuccini. Infine ai Commis più esperti può venire richiesto di ottimizzare i flussi di entrata delle ordinazioni nella cucina e la loro uscita in modo che si garantisca un servizio ai tavoli più rapido ed efficiente, senza ritardi.

    Cosa deve sapere e quali caratteristiche deve avere un Commis di sala?

    Percorso, mansioni, stipendio e requisiti per diventare commis di salaQuesta figura deve ovviamente essere predisposta al lavoro a contatto con il pubblico e deve essere positivo e apprendere in fretta. Per quanto riguarda le cose che deve conoscere, come abbiamo visto, il Commis di sala è estremamente versatile, per cui le nozioni che deve avere sono sia linguistiche, per accogliere i clienti di ogni nazionalità, che igieniche e legate all’alimentazione, alla gastronomia, alla cucina nazionale, regionale e straniera. Inoltre deve avere buone basi anche sull’argomento enologico. Infine deve conoscere il galateo. Il lavoro in questione è molto intenso e stressante, per cui chi volesse intraprendere questa carriera deve saper reggere a un lavoro che richiede abilità manuali e resistenza fisica in un contesto dove le pressioni non mancano. Se tutto ciò che avete letto finora non vi ha scoraggiati, allora passiamo all’informazione successiva: per diventare Commis di sala quale percorso di studi è consigliato?

    Percorso formativo per lavorare come Commis di sala

    Per essere dei bravi lavoratori è consigliabile intraprendere (si può anche lavorare durante gli studi, come abbiamo visto) gli studi alberghieri. Dopo aver conseguito il diploma è preferibile seguire corsi di specializzazione specifici e, se possibile, lavorare anche all’estero per specializzarsi nelle lingue straniere. Inoltre è molto utile svolgere questo lavoro in più di un tipo di struttura, lavorando sia nelle pizzerie che negli hotel/ristoranti di lusso, così da essere versatili. Per raggiungere livelli eccelsi, poi, oltre a lavorare all’esteroè preferibile anche frequentare una scuola o un corso fuori dall’Italia, meglio se in lingua inglese. Per riuscire ad impiegarsi meglio è anche raccomandato seguire corsi universitari nel settore alberghiero e della ristorazione, o nell’ambito del turismo. Infine, per quanto riguarda lo stipendio bisogna consultare il Contratto di lavoro di riferimento, considerando che con le nuove modalità contrattuali è possibile venire pagati anche con i voucher o con altri contratti a carattere occasionale.

    Come aprire un baby parking: guida completa per iniziare

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    I cosiddetti baby parking sono luoghi in cui i bambini possono essere lasciati giornalmente per un certo numero di ore dai propri genitori impegnati in varie faccende, lavorative e non. I baby parking sono delle location che si stanno diffondendo sempre di più all'interno dei centri commerciali, ma non solo. Solitamente quelli presenti nei grandi ipermercati hanno lo scopo di curare i piccoli mentre i loro genitori sono a far la spesa, ma il tutto può allargarsi anche ad altre ore della giornata. D'altronde queste strutture hanno, effettivamente, delle condizioni molto positive per i genitori che non sanno a chi lasciare i figli, così come hanno delle ottime condizioni per il neo imprenditore che decide di aprirne uno: in primis, l'iter burocratico è molto più snello rispetto all'apertura di un asilo nido.

    Partendo dal presupposto che esso è pur sempre una struttura che fornisce servizi sociali, sembra essere quindi chiaro che la sua gestione deve comunque attenersi a delle normative ferree. Per aprire un baby parkingservono quindi: buono spirito d'iniziativa, ottime capacità organizzative e tanta passione.

    Come aprire un baby parking: guida per il 2016

    Il primo articolo che sancisce il diritto all'apertura di questi servizi è il numero 5 del par. 5, LR 20-2005, che afferma che possono essere attivati servizi ricreativi che offrano ai bambini opportunità educative e formative attraverso la realizzazione di laboratori e atelier affidati a personale qualificato, così come momenti di gioco e socializzazione gestiti da animatori con competenze socio-educative per la prima infanzia. Il tutto in luoghi strutturati che garantiscano igiene e sicurezza.

    Coloro che desiderano, quindi, dar vita a questa nuova avventura devono prima di tutto conoscere e orientare le proprie azioni basandosi su tale articolo, che fornisce le prime due informazioni basilari: i dipendenti devono essere qualificati e la location deve garantire le condizioni che la legge stabilisce.
    Vediamo ora nello specifico quali passaggi burocratici sono necessari e obbligatori per aprire un baby parking:
    • apertura Partita IVA;
    • iscrizione al Registro delle Imprese della Camera di Commercio;
    • iscrizione all'INAIL e all'INPS;
    • stipulazione di un contratto di assicurazione per bambini;
    • valutazione del rischio ai sensi della legge 626/1994;
    • agibilità dei locali che devono garantire le norme dell'ASL di riferimento;
    • rispetto normative igienico sanitarie e finale autorizzazione dell'ASL di competenza;
    • autorizzazione per l'installazione di insegne e vari cartelli pubblicitari;
    • (facoltativa) iscrizione alle associazioni di categoria.
    Solitamente l'investimento richiesto per dar inizio a questa attività non è così elevato. Si parla infatti di una somma che va dai 10.000 euro ai 20 mila euro. Molto dipenderà dall'ampiezza dei locali, dalle attrezzature che si desidera acquistare, dal personale che più sarà qualificato più dovrà avere un salario adeguato agli studi effettuati, eccetera.

    Tendenzialmente per aprire quest'attività è necessario possedere il diploma di scuola superiore, in alcune regioni può però essere richiesta anche la laurea. È quindi importante informarsi sulle leggi regionali del luogo da voi prescelto.
    Guida per aprire un baby parking


    Aprire un baby parking: altri consigli utili per la nuova attività

    Per riuscire a rendere il più produttivo possibile un baby parking, occorre mettere in atto una serie di strategie efficienti che piano piano daranno i loro frutti. Prima di tutto è infatti necessario scegliere una location che si trovi il più possibile “in mezzo alla gente”: ciò significa che la struttura deve trovarsi in zone con molte abitazioni o con almeno un forte passaggio. Come potranno altrimenti le famiglie scoprire della vostra esistenza? La pubblicità ovviamente raggiungerà poi chi non può proprio vedervi e per questo è estremamente suggerito di investire una buona parte del budget in campagne tradizionali (volantini e manifesti) e digitali (in particolare Facebook ADS o Google Adwords).

    È davvero importante fare una buona impressione fin dall'inizio, poiché solo se mostrate le vostre abilità e la vostra professionalità, riuscirete a crearvi un giro di clienti affiatato e fidelizzato. Considerando che, infatti, sarete chiamati a lavorare con i bambini, dovete pensare fin da subito che avrete a che fare con una clientela composta di genitori molto esigenti.

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    Voucher Baby Sitter INPS 2016: requisiti e domanda, guida

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    Anche per il 2016è stata confermata la possibilità per le mamme lavoratrici di acquistare servizi di baby sitting per i propri figli, attraverso i voucher Baby Sitter. La norma che introdusse tale bonus fu prevista con Legge 28 giugno 2012, N.92, all’articolo 4 comma 24 lettera b); tale articolo prevedeva l’opportunità per la madre di richiedere, alla fine del congedo di maternità entro gli undici mesi successivi, in alternativa al congedo parentale e per un massimo di sei mesi, voucher per l’acquisto di servizi di baby sitting. In alternativa alle tate o alle baby sitter, la madre può richiedere contributi per sostenere le spese presso asili o altri servizi per l’infanzia sulla rete pubblica. Anche in questo caso per un massimo di sei mesi. Il voucher consta di un assegno pari a 600 euro al mese per tutti i sei mesi.  Vediamo insieme cosa è e come si opera il voucher Baby Sitter INPS.
    Potrebbe anche interessare le nostra guida su: Bonus Famiglia 2016

    Requisiti: chi può richiedere il voucher baby sitter

    I voucher baby sitting e asilo nido INPS rappresentano una agevolazione per le mamme lavoratrici che alla termine del congedo di maternità decidono di rientrare al lavoro e non scegliere il congedo parentale. L’agevolazione si richiede presentando una apposita domanda presso gli sportelli INPS così da ottenere il contributo economico per pagare i servizi per l’infanzia necessari al proprio figlio. I voucher possono essere richiesti da:
    • lavoratrici dipendenti di amministrazioni pubbliche o privati datori di lavoro; 
    • donne iscritte a gestione separata INPS eccetto le titolari di partita Iva già iscritte ad una cassa; 
    • dal 2016 anche alle donne imprenditrici, con un periodo ridotto alla metà (3 mesi totali). 
    Conditio sine qua nonè l’essere ancora negli 11 mesi successivi alla conclusione del periodo di congedo obbligatorio di maternità. In caso ci siano più figli a carico della donna lavoratrice, il voucher baby sitter può essere richiesto per ognuno dei figli purché siano presenti le condizioni appena indicate. Restano fuori dalle beneficiarie le lavoratrici autonome iscritte ad altra gestione (come ad esempio le coltivatrici dirette, artigiane ed esercenti attività commerciali di cui alle leggi 26 ottobre 1957, n. 1047, 4 luglio 1959, n. 463, e 22 luglio 1966, n. 613; le imprenditrici agricole a titolo principale, pescatrici autonome della piccola pesca marittima, disciplinate dalla legge 13 marzo 1958, n. 250). Così come sono escluse dal voucher baby sitter le lavoratrici esentate dal pagamento della rete pubblica dei servizi per l’infanzia o dei servizi privati convenzionati; e le lavoratrici che beneficiano già del Fondo per le Politiche relative ai diritti ed altre pari opportunità, di cui all’art. 19 comma 3 del decreto legge numero 223 del 2006, convertito in legge numero 248 del 2006.

    Quanto vale un voucher baby sitter?

    Il voucher baby sitter, come già ampiamente spiegato, consiste in un contributo economico a favore di quelle mamme lavoratrici che preferiscono rinunciare al congedo parentale e rientrare al lavoro dopo la maternità. Lo Stato, attraverso l’INPS, riconosce a queste donne una agevolazione economica. Le mamme devono presentare la relativa richiesta attraverso gli appositi moduli di domanda presso le sedi INPS di riferimento, e scegliere il tipo di contributo che vogliono utilizzare. Possono scegliere tra:
    • Contributo per pagare le spese di retta di un asilo nido pubblico o privato;
    • Voucher per l’acquisto di servizi di baby sitter.
    Come detto nel paragrafo precedente, il valore economico del voucher è pari a 600,00 euro al mese, che si riduce della metà per le lavoratrici non subordinate, elargito per un periodo massimo di sei mesi, sempre ridotto della metà per le lavoratrici indipendenti. L’importo è divisibile per frazioni mensili, in alternativa al godimento del congedo parentale del quale la mamma lavoratrice deve, evidentemente, farne esplicita rinuncia. Per quanto riguarda, al contrario, le lavoratrici part time, esse potranno beneficiare del voucher baby sitter in misura proporzionata alla prestazione lavorativa svolta e sarà, conseguentemente, inferiore rispetto ad una lavoratrice full time.

    Voucher baby sitter: come richiedere il bonus

    Per richiedere il voucher baby sitterè necessario compilare l’apposito modulo reperibile sul sito internet dell’INPS e presentarlo per via telematica, indicando e specificando la richiesta baby sitter o asilo nido.

    La richiesta è da effettuare esclusivamente per via telematica, per tale motivo è necessario essere in possesso del proprio codice PIN relativo all’INPS.  Qualora non si sia in possesso di tale dato sarà necessario richiederlo, attraverso il sito internet o recandosi al patronato per un supporto tecnico.
    Nella domanda di richiesta è necessario indicare:
    • Il periodo di richiesta del bonus con la rinuncia alla fruizione del congedo parentale;
    • Modello ISEE.
    Da sottolineare il fatto che dal momento della presentazione della domanda sino alla risposta, la madre sarà sospesa dal periodo di congedo parentale. Il congedo sarà nuovamente consentito solo in caso di respingimento della domanda o in caso di eventuale rinuncia al voucher. Spetterà alla stessa INPS la comunicazione al datore di lavoro della eventuale riduzione del periodo del congedo parentale.

    La rinuncia al voucher potrà essere espressa a partire dal giorno successivo all’accoglimento della domanda. Nel caso in cui la rinuncia arrivasse in un momento successivo, quando i voucher sono già stati ritirati, quelli non utilizzati devono essere restituiti alla sede INPS presso la quale sono stati presi inizialmente, la quale provvederà ad annullarli.

    Voucher baby sitter: come funzionano?

    Guida ai voucher baby sitting e asilo nido
    Il bonus per la baby sitter è erogato attraverso i voucher buono lavoro ex art. 72 del decreto legislativo n.276 del 2003 e consiste, come già ripetuto più volte, in un contributo di 600,00 euro per ogni mese di congedo parentale non sfruttato dalla mamma lavoratrice.

    Il bonus scolastico, invece, si concretizza nel pagamento effettuato direttamente all’ente scelto dalla madre come asilo nido, tenendo conto che la struttura deve essersi accreditata,  per un importo massimo di 600,00 euro mensili nel periodo in cui non viene usufruito il congedo parentale. In questo caso, per il pagamento, gli asili devono inviare alla sede INPS competente per territorio, la richiesta di pagamento allegando alcuni documenti compilati e sottoscritti:
    • Delegazione liberatoria pagamento;
    • Dichiarazione della madre lavoratrice assegbataria del beneficio di fruizione del contributo economico per l’acquisto dei servizi dell’infanzia. 
    I voucher utilizzati per il servizio baby sitting sono cartacei. La mamma lavoratrice che desidera utilizzarli deve recarsi presso la sede provinciale INPS competente per territorio, scegliendo se ritirarne alcuni oppure ritirarli a cadenza mensile. Il ritiro comunque non deve avvenire oltre la scadenza, cioè 120 giorni dalla ricezione della comunicazione che la domanda è stata accolta. Nel caso in cui i voucher non fossero ritirati parzialmente o del tutto alla scadenza prevista, il beneficio decade e rientra in vigore il beneficio del congedo parentale nel periodo residuo da utilizzare. I voucher hanno una scadenza e devono essere utilizzati entro tale data e comunque solo dopo aver inviato la comunicazione di inizio prestazione all’INPS indicando codice fiscale del bimbo, il luogo in cui si concretizza il servizio di baby sitting e la data presunta di inizio e fine dell’attività stessa.

    Voucher Baby sitter: la domanda

    Come anticipato in apertura del paragrafo precedente, per richiedere il voucher baby sitterè necessario presentare richiesta per via telematica all’INPS. Il modulo potrà essere spedito soltanto se si è in possesso del codice PIN dispositivo INPS, che si può eventualmente richiedere oppure richiedere supporto presso Caf e Patronati o altri intermediari autorizzati.

    Il modulo richiede l’indicazione del tipo di contributo richiesto, scegliendo tra quello economico per il pagamento della retta presso la struttura indicata, oppure il voucher per pagare la baby sitter. E’ necessario, inoltre, indicare la durata in mesi in cui si decide di usufruire del bonus, con la relativa rinuncia al congedo parentale per il relativo periodo. Infine è necessario dichiarare di aver presentato una dichiarazione ISEE conforme alle norme vigenti.

    Una volta raccolto le informazioni, compilato il modulo e spedito, si entra in un periodo di limbo amministrativo in cui si perde il diritto al congedo parentale, almeno sino all’avvenuto accoglimento della domanda presentata. A questo punto, una volta ricevuti i voucher, la mamma è libera di poter scegliere di non fruirne più, riconsegnando all’INPS quelli eventualmente già in suo possesso ma non utilizzati e, al contempo, riacquisendo il diritto di fruire del congedo parentale eventualmente residuo.

    I Voucher baby sitter e asilo nido sono un valido strumento di sostegno per le donne lavoratrici che popolano la nostra società in questo periodo storico, sempre grintose sul lavoro ma desiderose di costruire una famiglia. Avere la possibilità di scegliere se e come rientrare al lavoro dopo la maternità è un valido stimolo alla carriera femminile in un’ottica di pari opportunità in un mondo in cui la donna spesso non viene considerata per ricoprire alte cariche all’interno delle aziende. Maternità e professionalità dovrebbero percorrere due linee parallele che, a intervalli, si intersecano per dare supporto l’una all’altra. Il voucher baby sitter rappresenta, dunque, un valido strumento di sostegno alla maternità.

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    Bonus Famiglia 2016 e incentivi famiglie numerose: novità della Legge di Stabilità

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    Bonus famiglia ed incentivi famiglie numerose: guida completa per il 2016 - Quali sono le novità principali introdotte o confermate dalla Legge di Stabilità riguardo gli aiuti alle famiglie? L’economia italiananon vive un momento particolarmente entusiasmante, al di là di quanto vogliono farci credere e, soprattutto le famiglie numerose,  si affidano ai bonus previsti dal nostro sistema di Welfare per ottenere sgravi ed agevolazioni. 

    Cerchiamo, quindi, di fare il punto sulla situazione riguardo i vari bonus famiglia attivi: sono tanti i nodi interessanti a partire dalle agevolazioni fiscali sulla casa fino ai sussidi che si possono ricevere in particolari condizioni familiari o reddituali. Questa guida non è comunque sostitutiva della consulenza di un professionista o della richiesta presso gli enti preposti ai fini della definizione precisa della possibilità di fruire di tutti gli aiuti in discorso.

    Bonus Famiglia 2016: tutti gli aiuti alle famiglie e gli incentivi per la casa

    Su questa pagina proviamo a ricostruire schematicamente tutti gli aiuti alle famiglie e le agevolazioni fiscali per la casa, rinviando alle singole guide per gli approfondimenti di dettaglio che abbiamo trattato sul portale. Vi consigliamo di leggere i post che possono interessarvi perchè abbiamo affrontato in maniera dettagliata tutti gli argomenti indicati:
    • Social Card 2016 ordinaria: si tratta di un aiuto per le famiglie istituito dal governo Berlusconi e che prevede l’erogazione di 480 euro annui alle famiglie che presentano determinate condizioni economiche;
    • Social Card straordinaria 2016: si tratta di una sorta di “fantasma” perché giuridicamente esiste ma, al momento, l’attuazione è ancora in alto mare;
    • Bonus Cultura Giovani 18enni: novità fortemente voluta dal governo Renzi, prevede l’erogazione di 500 euro per tutti i neo diciottenni che potranno spenderli in attività culturali. Ciò avverrà mediante una card che sarà esibibile nei luoghi in cui l’incentivo può essere utilizzato: per gli studenti del conservatorio il bonus è di 1000 euro;
    • Bonus Mobili 2016: si tratta di un’agevolazione per chi decide di acquistare arredi orientati all’efficienza energetica. Da quest’anno c’è la novità per le giovani coppie che comprano casa le quali avranno un doppio bonus: nell’articolo tutti i dettagli;
    • Incentivi ristrutturazioni edilizie: per coloro che vogliono ristrutturare il proprio appartamento, sono stati conservati gli incentivi con la proroga della maxi detrazione già prolungata l’anno scorso. Anche quest’anno la quota che si può abbattere è del 50 per cento e tale incentivo può essere utilizzato anche per l’installazione di impianti fotovoltaici;
    • Ecobonus 2016, proroga agevolazioni risparmio energetico: anche questa maxi detrazione è stata prorogata dalla Legge di Stabilità. Nel corso del 2016, dunque, si potrà ottenere un abbattimento delle proprie spese Irpef pari al 65 per cento della spesa con ammortamento decennale. Tra i settori che possono godere di questo incentivo il più conosciuto è sicuramente il solare termico: se volete installare pannelli fotovoltaici per produrre acqua calda potete ancora approfittarne;
    • Leasing Immobiliare per privati: tra le varie novità previste dalla Legge di Stabilità troviamo la possibilità di stipulare il leasing immobiliare anche per i privati cittadini. Tale soluzione arricchisce il ventaglio di possibilità a disposizione dei cittadini che non vogliono comprare casa facendo il mutuo e si propone come alternativa all’affitto con riscatto(rent to buy) introdotto l’anno scorso;
    • Agevolazioni Fiscali per affitto della casa: in presenza di particolari condizioni reddituali, gli inquilini possono godere di una serie di detrazioni fiscali in sede di dichiarazione dei redditi. Il limite per poter accedere è di circa 15 mila euro e scende se si supera questa soglia rimanendo entro i 30 mila euro;
    • Voucher Baby Sitter INPS: si tratta di un'agevolazione per le mamme lavoratrici che permette di poter avere un supporto per mandare i bambini all'asilo nido o per assumere una baby sitter;
    • Bonus Bebè: introdotto l’anno scorso, sarà valido anche per il 2016. I genitori italiani e stranieri residenti in Italia potranno ottenere un sussidio da 80 euro al mese per ogni nuovo nato (limite massimo di reddito: 25 mila euro). Se il reddito ISEE è inferiore a 7 mila euro l’agevolazione raddoppia a 160 euro mensili;
    • Reddito Minimo Garantito: in attesa di novità dal governo nazionale, diverse regioni si sono dotate di questa misura di sostegno al reddito caldeggiata, tra l’altro, anche dalla presidenza dell’INPS ma ancora inattuata;
    • Assegno Sociale INPS (ex pensione sociale): come sempre i cittadini che non hanno diritto alla pensione di vecchiaia o a quella anticipata, potranno godere dell’assegno sociale in presenza delle condizioni reddituali ed anagrafiche chiarite nel nostro articolo;
    • Bonus per disoccupati: per tutti coloro che perdono il lavoro il nostro sistema di Welfare prevede tutta una serie di misure che abbiamo riassunto sulla guida indicata.

    Bonus Famiglia 2016: informarsi prima di agire

    Questa guida è puramente informativa, non sostitutiva della consulenza di un commercialista o di un patronato. Consigliamo, vista la complessità della burocrazia italiana, di rivolgersi ad un professionista di fiducia per rimanere aggiornati su tutte le principali novità che possono riguardare la vostra specifica posizione.

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    Vivere e lavorare a Tenerife: guida completa per pensionati, lavoratori e imprenditori

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    Le Isole Canarie, e in particolar modo Tenerife, sono un’ambita meta turistica. Tuttavia le persone non si recano in questa soleggiata località di mare e vacanze soltanto per svagarsi dopo mesi di lavoro. Molto spesso, complice la crisi del mercato di lavoro, coloro che si rilassano in questa località lo fanno “in incognito”, con il reale obiettivo di analizzare il luogo non per riposarsi dal lavoro, bensì per trovarne o crearne uno nuovo. Il desiderio di cambiare vita accomuna molti lettori e se siete arrivati a leggere questo articolo allora forse anche voi volete recarvici per tastare il terreno. Il nostro primo consiglio è proprio quello di non lanciarvi in un’avventura di questa portata senza esservi prima informati sulle possibilità che Tenerife, le Canarie, o qualunque altro luogo può offrirvi, altrimenti si può correre il rischio di rimanere delusi e non riuscire a sfruttare al massimo la possibilità che vivere e lavorare in un’altra località può offrire. In questo nostro articolo cerchiamo di darvi qualche consiglio per indirizzarvi sulle chances offerte dalla possibilità di vivere e lavorare a Tenerife, analizzando non solo la situazione di questa isola, ma facendo distinzioni tra le varie condizioni di chi può trasferirsi (pensionati, giovani, imprenditori, eccetera).

    Questo post si concentra molto su Tenerife ma abbiamo affrontato anche in un'altra guida il tema generale sul trasferimento alle Canarie: per completezza, magari, vi invitiamo a dare uno sguardo anche alle considerazioni fatte in quella sede.

    Vivere e lavorare a Tenerife: pro e contro

    Iniziamo da subito a stilare una lista approssimativa di valutazioni positive o negative che possono rendere piacevole o meno la scelta di questa località. Indubbiamente la cultura spagnola si avvicina di molto a quella italiana e la popolazione è accogliente. Non solo, il clima caldo, i paesaggi mozzafiato e la natura inimitabile costituiscono tutti pro della lista da tenere in considerazione, così come il costo degli affitti: i contratti di locazione sono inferiori rispetto a quelli del Belpaese e questo può essere un elemento incoraggiante. Tuttavia esistono anche dei fattori contro: ad esempio la sanità pubblica è molto lenta e spesso carente. Infine trovare lavoro non è semplice, esattamente come in Italia e forse anche peggio sotto certi punti di vista, e il rischio è quello di essere risucchiati nel gorgo in cui la manodopera immigrata viene sfruttata.

    Conviene trasferirsi a Tenerife?

    Trasferirsi da pensionati a Tenerife

    Ora entriamo nel vivo delle situazioni e dell’effettiva convenienza di trasferirsi a Tenerife, cominciando dell’ipotesi di chi si trova in pensione o di chi potrebbe andarci entro poco (sperando che l'età pensionabile non aumenti!). Tenerife e le Isole Canarie in generale sono una meta molto desiderata dai pensionati nostri connazionali, soprattutto per coloro che vivono in luoghi d’Italia in cui il costo della vita ed il valore degli immobili è più alto. Il clima caldo è molto allettante per chi magari soffre di qualche acciacco o semplicemente per chi vuole iniziare una lunga vacanza dopo anni di duro lavoro. In ogni caso ci sono delle questioni pratiche da considerare: ad esempio, trasferendosi a Tenerife, la pensione viene sottoposta alla tassazione locale che è più bassa di quella italiana. Questo comporta un immediato aumento della stessa nell’ordine del 15 o 20% circa. Ciò può essere un fattore molto attraente per chi si vuole trasferire in questa isola, ma non è l’unico vantaggio: anche il costo della vitaè molto più basso che in Italia, specialmente nelle zone non turistiche.

    Per quanto riguarda gli svantaggi di vivere l’età della pensione sull’isola è legato al costo degli immobili in affitto, che nelle località di turismo è più alto, così come è più alto il costo della vita in genere, ma come abbiamo anticipato è sufficiente allontanarsi dalle zone di mare per vedere scemare i prezzi, sia della merce dei negozi che degli affitti.

     Un altro svantaggio è legato alle cure mediche. Abbiamo infatti visto che la sanità è molto simile a quella italiana, dunque non bisogna aspettarsi miracoli a tal riguardo e rassegnarsi alle liste d’attesa, a meno che non si opti per una assicurazione privata: in questo caso i tempi si abbreviano ed i costi di tali assicurazioni non sono eccessivi. Per quanto riguarda le eventuali barriere architettoniche, che possono magari costituire oggetto di preoccupazione per chi non è più giovanissimo, il sud di Tenerife si è molto attivato per abbattere gli ostacoli e le barriere architettoniche ai disabili.

    Infine, secondo i racconti dei principali blogger che hanno vissuto in zona, la vita è molto tranquilla e il tasso di microcriminalità basso. In conclusione, se un pensionato vuole trasferirsi a Tenerife per godersi il clima piacevole può valutare l’ipotesi, considerando se vale la pena di andare a vivere più lontano dall’aria di mare per ottenere dei reali vantaggi da un nuovo stile e luogo di vita. Ora analizziamo invece i casi che riguardano chi si vorrebbe trasferire per cercare lavoro.

    Lavorare come dipendente

    Dunque ora ci concentriamo su coloro che vorrebbero ricominciare su questa isola delle Canarie lavorando come lavoratore dipendente. Una piccola premessa: anche in questo caso, come nel caso dei pensionati, non si può improvvisare, né si può improvvisare un mestiere: per lavorare (in realtà in qualunque zona del mondo) bisogna conoscere al meglio le caratteristiche dell’impiego che si va a ricoprire ed avere delle competenze spendibili. Questo è soprattutto vero in un luogo turistico come quello di cui stiamo parlando: un cameriere deve conoscere bene più lingue, deve essere a conoscenza delle regole del galateo e deve essere in grado di gestire lo stress derivante dalla presenza di un denso e costante flusso di clienti. Uno dei motivi per cui non si può improvvisare, ma bisogna essere certi delle proprie competenze e anche delle possibilità di lavoro che ci sono a Tenerife, è proprio che in località turistiche come questa la concorrenza è spietata. Non possedere specializzazioni di nessun tipo vuol dire essere esclusi in partenza dalla gara della ricerca di un’occupazione. Per questo consigliamo di analizzare già dall’Italia la propria condizione: in cosa siete bravi? Quante lingue parlate? Se potete permettervelo partite per una vacanza a cui unire uno “studio di settore”, per farvi un’idea e capire dove, come e se gettare l’amo. Una “vacanza di studio” può indirizzarvi verso il modo per riempire le vostre mancanze. Perché no, magari con un po’ di fortuna riuscirete a impiegarvi in fretta, anche con un lavoro temporaneo, e trasferirvi sul luogo per imparare la lingua, iscrivervi a corsi e ampliare il vostro piano d’azione per lavorare a Tenerife. In ogni caso bisogna essere consapevoli del fatto che la zona è turistica e quindi ovviamente gli impieghi più ricercati e quelli più offerti sono proprio legati a questa esigenza: ristoranti, bar, hotel, negozi. Inoltre le ore di lavoro possono essere molte e molto intense: può essere chiesto al dipendente di lavorare 10-12 ore al giorno, sei giorni su sette, per uno stipendio pari a 800-1200 euro. Vi ricordiamo, come detto nel paragrafo precedente, che il regime fiscale di Tenerife e delle Canarie è migliore e il costo della vita relativamente più basso che da noi, per cui non fatevi scoraggiare dai numeri: con questo stipendio si può vivere dignitosamente ma non di certo vi attenderà un'esistenza paradisiaca da passare in spiaggia. Se sgobbate già in Italia e dovete spostarvi alle Canarie per non migliorare il vostro stile di vita, ammesso che non abbiate il desiderio di conoscere il posto, per voi cambierà probabilmente poco.

    I concetti espressi in questa sede potrebbero sembrare ripetitivi: sul web di solito ci sono due tipologie di siti, quelli che promettono miracoli (e spesso puntano a vendere qualche servizio per polletti da spennare) e quelli che, come Affari Miei e tanti altri molto validi che, invece, mirano a fornire reale valore. Se non trovate lavoro in Italia o siete insoddisfatti, prima di mollare tutto e andare all'estero, fatevi un reale esame e valutate se effettivamente il gioco vale la candela e, sopratutto, se siete in grado di misurarvi nel contesto che desiderate.

    Aprire un'attività a Tenerife

    Una delle alternative più ricercate al lavoro dipendente è ovviamente quello di aprire un’attività propria. Sinora gli italiani (e non solo) che sono sbarcati alle Canarie hanno avviato ristoranti, bar e altre attività legate al settore alimentare: è un classico per i nostri connazionali emigrati in tutto il mondo, e ci può anche stare perchè effettivamente siamo bravi in questo. Il punto è che, proprio per questa grande presenza di strutture e locali, questo tipo il mercato inizia ad essere saturo (in molti luoghi potrebbe già esserlo): se avete intenzione di trasferirvi sull’isola con questo intento sappiate che rischiate di chiudere dopo pochi mesi dall’apertura e di rimbalzare clamorosamente, esattamente come del resto potrebbe succedere in Italia. Ciò non implica l’impossibilità di avviare un’attività di successo, tuttavia bisogna avere le idee chiare e un business plan dettagliato e studiato, onde evitare di rimanere scottati (e non per forza dal sole). Avere idee innovative può aiutare ad aprire un’attività redditizia, e per far questo può essere utile passare un periodo sull’isola (magari lavorando temporaneamente senza grandi pretese) per studiare il terreno: un buon imprenditore è tale non perchè sa solamente fare una cosa ma perchè pensa, analizza, pianifica.
    Guida per vivere e lavorare a Tenerife

    Non fatevi allettare dal regime agevolato basso, fattore sicuramente è positivo, poiché se l’idea non è vincente nemmeno le imposte più accessibili salveranno il vostro business: il regime delle Canarie è derogatorio rispetto a quello della Spagna, ampiamente trattato in questo articolo, e la sua apparente bontà attira tanti aspiranti imprenditori. Noi vi sconsigliamo, comunque, di buttarvi sull’idea di un tipico ristorante italiano, in quanto Tenerife è invasa da questo tipo di attività proprio per i tanti fattori sottolineati più volte su questa pagina.

    Altro consiglio che ci preme fornire è il seguente: dovete essere bravi anche in un altro campo, ossia quello legato alla fidelizzazione della clientela. Se pensate che Tenerife sia caratterizzata da turisti che vanno e vengono e che quindi la fedeltà del cliente non sia fondamentale vi sbagliate: oltre ai residenti sono moltissime le persone che passano alcuni mesi dell’anno sull’isola (qualcuno di quelli che leggono questo articolo potrebbero far parte di questa categoria di clientela!), o comunque tornano almeno una volta all’anno, per un paio di settimane: per questo lasciare un bel ricordo ai clienti è molto importante. In realtà, però, anche su questo punto stiamo analizzando un fatto che non riguarda solo Tenerife o le Canarie ma il business in generale. Tenete presente, infatti, che il ristorante "usa e getta"è passato di moda da un pezzo un po' ovunque, i siti e le app di recensioni ormai hanno un ruolo chiave e farsi una reputazione è diventato vitale per qualsiasi tipo di attività ricettiva. Ripetiamo: questo vale in Italia, a  Tenerife, a Londra, in Sud America, in Africa, eccetera eccetera...

    Un’ultima nota: se decidete di avviare un’attività che prevede almeno 5 lavoratori, e che prevede l’investimento di almeno 100.000 euro in immobili nei primi 2 anni, allora avrete accesso allo Zec, acronimo di Zona speciale Canaria: questo permette di pagare soltanto il 4% di tasse, con ulteriori benefici fiscali. Queste agevolazioni senza pari in Europa sono state ideate per compensare lo svantaggio logistico relativo alla posizione delle isole, lontane dal resto del Vecchio Continente. Tuttavia non è neppure da dire (anzi, forse si, non si sa mai!) che un investimento di tale portata richiede una lungimirante ponderazione e studio delle possibilità di ottenere un reddito, ancora più che rispetto alle idee meno “ambiziose”.

    Lavorare da casa sul web

    Se fate parte della categoria di lavoratori online, allora Tenerife può essere il luogo ideale dove trasferirvi se desiderate vivere in una località con un buon clima ed un paesaggio più bello delle nostre grige città. Se siete dipendenti che lavorano da casa, infatti, riceverete lo stesso stipendio con un costo della vita magari più basso di una città italiana come Milano. Se, invece, siete professionisti o imprenditori del web potreste abbinare ai vantaggi finora espressi anche quello fiscale, vista la tassazione più bassa che in Italia. Se fate parte di questa categoria, probabilmente, siete i più fortunati perchè sostanzialmente tutte le condizioni economiche ed occupazionali del posto vi interessano ben poco e potete coglierne solo i vantaggi, da ponderare con gli svantaggi che comunque potreste trovare sulla base delle vostre esigenze e delle vostre aspettative.

    Conclusioni: pensateci bene!

    Trasferirsi a Tenerife, sia per lavorare come dipendente, che per aprire un’attività, che per godersi la pensione, richiede consapevolezza: basarsi su dati parziali (come le agevolazioni fiscali) o su idee non fondate su un’analisi attenta (ad esempio credere che basti buttarsi nell’impresa e poi il turismo intenso farà il resto) può portarvi a gestire male questa esperienza. Documentarsi e attivarsi in maniera consapevole può davvero aiutarvi a raggiungere obiettivi soddisfacenti e a vivere secondo le vostre aspirazioni.

    Conto Widiba MPS: conviene? Opinioni e interessi in promozione aprile 2016

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    Il conto online a zero spese della banca online controllata da MPS: zero canoni di gestione per depositare i propri risparmi. Conviene scegliere questo conto? Le opinioni in rete paiono essere positive: gli interessi paiono interessanti quando proposti in offerta. In questo momento è attiva una promozione che garantisce interessi pari al 2,00% annuo per vincoli di almeno 6 mesi ed un buono Amazon di 500 euro per i nuovi clienti che aprono il conto entro il 27 aprile 2016. Ricordiamo il rating del prodotto che viene classificato come B1.

    Se siete giunti per la prima volta su Affari Miei, vi consigliamo di leggere la nostra sezione dedicata alla finanza: recensiamo periodicamente tutte le opzioni per investire i propri risparmi, analizzando i pro e i contro delle soluzioni disponibili sul mercato. La sezione conti correnti, invece, contiene recensioni dei principali prodotti più richiesti sul mercato italiano.


    Conviene il conto online di Widiba? Interessi e opinioni aprile 2016

    Cosa garantisce la banca online controllata da MPS? Oltre all’assenza di spese, è possibile accedere ai servizi online ed effettuare i prelievi bancomat gratuiti presso tutti gli sportelli italiani. Importo minimo da versare 1000 euro, massimo 500 mila euro. Meno remunerativo rispetto a qualche settimana fa è il tasso minimo garantito, pari al 2,00% lordo annuo grazie all'offerta per chi vincola liquidità.
    Al di fuori della promozione, gli interessi sono:
    • 1,10% su deposito vincolato a 3 mesi;
    • 1,30% su deposito vincolato a 6 mesi (attualmente in promozione fino al 4 aprile);
    • 1,50% su deposito vincolato a 12 mesi;
    • 1,70% su deposito vincolato a 18 mesi;
    • 1,90% su deposito vincolato a 24 mesi.
    Il conto Widiba prevede il vincolo delle somme: in caso di svincolo prima della scadenza gli interessi saranno pari al tasso base. Gli interessi capitalizzano alla scadenza del vincolo (non prima!) ed il periodo di riferimento è l’anno civile. Per quanto riguarda l'imposta di bollo, è pari a 34,20 euro (su base annua), ove prevista e salvo successive modifiche di legge. Nel calcolo della giacenza media assoggettabile all’imposta di bollo, si legge dalle condizioni contrattuali, sono incluse anche le somme accantonate a Linea Libera. Non ci sono spese per la tenuta del conto e per la domiciliazione delle bollette.

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    Clicca qui per conoscere i dettagli dell'offerta di Widiba!

    Se stai valutando come investire soldi, potrebbero interessarti diversi nostri articoli:


    Promozione conto Widiba: offerta per i nuovi clienti!

    Clicca qui per conoscere i dettagli!
    Il funzionamento è molto semplice: bisogna chiudere un vecchio conto presso un'altro istituto (esclusi quelli facenti capo al gruppo MPS) e passare a Widiba. Per chi svolgerà questa operazione interessi in promozione al 1,20% annuo lordo. Il tutto si può fare online, mediante una specifica funzione messa a disposizione dal sito web della banca.
    L'offerta prevede, inoltre, Bancomat e carte di credito gratuite unitamente all'indirizzo PEC gratis.

    Conto Widiba MPS: pacchetti Smart, Premium e Top

    Sono tre i pacchetti previsti da Widiba: il pacchetto Smart è gratuito per sempre. Il canone trimestrale per il pacchetto Premium e Top si azzera per i clienti con patrimonio pari rispettivamente ad almeno 50 mila euro e 250 mila euro. In caso contrario il costo trimestrale è di 5 euro oppure di 20 euro, a seconda della scelta.

    Conviene il conto Widiba di MPS?

    La promozione prevista per il conto corrente Widiba lo rende decisamente interessante, considerando il periodo di vacche magre per conti correnti e conti deposito. Ipotizzando il versamento della stessa somma sul Libretto postale Smart, in passato diretto concorrente visti i tassi che proponeva, nonostante una tassazione agevolata, si possono ottenere rendimenti apprezzabili se si valuta la costante di tutti gli altri investimenti "sicuri", in calo soprattutto dopo il QEdella BCE.

    Per approfondire, vi invitiamo a visitare questa pagina in cui troverete tutti i dettagli e potrete comparare al meglio le condizioni economiche proposte dall'istituto.

    Conto Yellow CheBanca!: interessi, costi ed opinioni

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    Se siete alla ricerca di un conto corrente online conveniente, sicuramente vi sarà capitato di sentir parlare del conto Yellow di CheBanca!che molto spesso viene presentato negli spot televisivi e sul web. In questa recensione analizzeremo gli interessicorrisposti dall’istituto, i costidel prodotto e le opinioni generali sulla scelta di diventare clienti della nota banca online.

    CheBanca!è un istituto che appartiene al gruppo bancario Mediobanca (tra i più solidi in Italia) ed è famoso soprattutto per le offerte di conti correnti e conti deposito (qui la recensione di Affari Miei) sul web. Il conto Yellowè tra i prodotti più apprezzati sul mercato online ed offre una serie di condizioni interessanti per i nuovi clienti. Andiamo a scoprirlo insieme nei paragrafi che seguono.

    Conto corrente Yellow CheBanca!: recensione completa

    Opinioni conto Yellow di CheBanca!
    Immagine tratta dalla pagina Facebook di CheBanca!
    Conto Yellow punta, con l’offerta valida fino al 31 marzo 2016, ad unire tre elementi in uno: il classico conto corrente a zero spese, infatti, offre anche un interesse promozionale in base alle somme che vengono messe in giacenza, un dossier titoli gratuito e, inoltre, la Carta CheBanca!abilitata per svolgere acquisti online attraverso il noto circuito Maestro. E’ un prodotto pensato per essere utilizzato online anche se l’istituto ha diverse filiali nelle principali città italiane che permettono di interfacciarsi con il personale.

    Costi conto corrente Yellow

    Il conto correntesi apre gratuitamente ed ha un canone annuo di 24 euro che però si azzera in presenza delle seguenti condizioni:
    • accredito di stipendio o pensione oppure bonifico mensile di almeno 800 euro in entrata (-12 euro);
    • domiciliazione di due utenze (-12 euro);
    • possesso di prodotti di investimento con la banca per almeno 10 mila euro (-12 euro);
    • addebito della rata del prestito personale Compass (-12 euro);
    • addebito rata mutuo Chebanca! (-12 euro).
    Combinando due delle ipotesi esposte, anche le più semplici (stipendio e bollette), il conto Yellow diventa di fatto gratuito. Questa promozione vale fino al 31 dicembre 2016.

    Per quanto riguarda i prelievi, se effettuati da sportello automatico sono gratuiti: diverso è il discorso del prelievo in filiale, che ormai si paga presso tutte le banche e che vi sconsigliamo. La gratuità del prelievo vale sia presso gli sportelli automatici di Chebanca!  che presso gli altri sportelli automatici delle varie banche italiane. Gratuito è anche l’invio dell’estratto conto online mentre se si richiede di riceverlo per posta costa 0,80 centesimi ad operazione. Per quanto riguarda l’imposta di bollo, prevista per le giacenze medie annuali superiori a 5 mila euro, il pagamento è a carico del cliente ed è pari a 34,20 euro.

    Interessi conto corrente CheBanca!

    Chi mastica un po’ di finanza sa che i migliori affari non si fanno con i conti correnti in quanto a remunerazione dei capitali. Tuttavia CheBanca! prevede al momento un tasso d’interesse in promozione sulle giacenze (non ci sono vincoli temporali, il deposito è libero) considerate trimestralmente: la figura esplica nel dettaglio. Sulle somme di un certo rilievo si può arrivare a prendere fino all’1% annuo (ricordiamo la ritenuta del 26% sulle rendite finanziarie).
    Conviene il conto Yellow di CheBanca!?

    Dossier Titoli CheBanca!

    Aprendo il Conto Yellow si accede ad oltre 2.600 fondi delle principali case di investimento: se siete soliti investire, questo può rappresentare un canale interessante ed economico che consente, tra l’altro, di accedere all’acquisto delle obbligazioni Mediobanca in esclusiva. Grazie al servizio di CheBanca!, poi, è possibile acquistare o vendere titoli di Stato (si può partecipare alle aste periodiche), comprare e vendere obbligazioni, azioni ed EFT sui mercati europei più importanti.

    Promozione Infinity TV

    L’offerta è valida per coloro che attivano il conto Yellowentro il 31 marzo 2016 e decidono per l’accredito dello stipendio entro il 31 maggio. Per loro sono previsti 12 mesi di Infinity Tv, la televisione in streaming del gruppo Mediaset che permette di vedere serie tv, film, cartoni animati per bambini e tanto altro divertimento per gli appassionati del genere. (Promozione al momento non attiva)

    Come aprire il conto Yellow di CheBanca!

    Diventare clienti è molto semplice: cliccando qui oppure di sotto che trovate sotto potrete effettuare gran parte delle operazioni online in maniera sicura e veloce, grazie al valido canale messo a disposizione dall’istituto.
    Recensione conto corrente CheBanca!
    CLICCA QUI PER CONOSCERE I DETTAGLI SUL CONTO YELLOW!


    Opinioni conto corrente Yellow: conviene passare a CheBanca!?

    Il prodotto ha il merito di abbinare costi di gestione molto bassi a servizi molto utili per chi ha una operatività media. In più l’offerta sulla tv, se siete appassionati, rappresenta un buon bonus di benvenuto. La remunerazione delle somme depositate, seppur blanda, è un plus presente in pochi conti correnti ed è da considerarsi quindi come una nota di merito visto che viene garantita su somme non vincolate. Se cercate uno strumento flessibile, semplice da usare ed al passo con i tempi, il conto CheBanca! può rappresentare una valida soluzione.

    In alternativa vi consigliamo di confrontare il conto CheBanca con gli altri conti correnti online grazie al comodo comparatore messo a disposizione da Affari Miei: con lo strumento gratuito che mettiamo a disposizione dei nostri utenti potrete avere una panoramica veloce ed efficace!

    Vivere e lavorare alle Canarie, pro e contro: perchè ricominciare da qui?

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    Ogni anno migliaia di turisti italiani si riversano sulle coste delle isole Canarie a prendere il sole e fare il bagno in quelle splendide acque cristalline. Non tutti i nostri connazionali arrivano su queste isole solo per divertimento, molti atterrano nel pieno dell'oceano per riuscire a cambiare vita una volta per tutte. Vivere e lavorare alle Canarieè un’aspirazione di tanti che, in tempo di crisi, cercano un Paese migliore per scappare all’estero e ricominciare da capo.

    Fuerteventura, Gran Canaria e Lanzarote sono entrate a pieno titolo nel dibattito quotidiano di chi vuole trasferirsi alle Isole Canarie: del resto la meta è sempre piaciuta da un punto paesaggistico e, visti i tempi poco rosei da un punto di vista occupazionale, l'attenzione si è decisamente innalzata negli ultimi anni sia per gli imprenditori, in particolare quelli del web, che per tutti coloro i quali invece hanno delle competenze specifiche nel settore turistico.

    Dove si trovano le Canarie? 

    Iniziamo descrivendo perfettamente l'arcipelago di cui stiamo parlando, ripetendo alcuni concetti espressi in un precedente articolo. Le Canarie sono formate da 7 isole principali, situate di fronte alla costa africana. Appartengono alla Spagna, quindi fanno parte dell’Unione Europea nonostante geograficamente siano vicine all’Africa. Gli abitanti di queste isole possono godere di una clima fantastico, che oscilla tra i 24° e i 15° gradi, oltre che di paesaggi mozzafiato.  In questo arcipelago vi è un alto tasso di natalità e, infatti, la popolazione è generalmente molto giovane: più della metà della popolazione ha meno di 30 anni.  La lingua ufficiale è lo spagnolo, tuttavia esistono tantissimi centri di formazione bilingue: questo grazie all'alta presenza della lingua inglese e di quella tedesca.
    Idee per trasferirsi alle Canarie

    Dove vivere alle Canarie?

    In questo paragrafo ci concentriamo soprattutto su alcuni dettagli geografici ed ambientali che possono tornare utile a chi sta pensando ad un trasferimento definitivo. Partiamo da Fuerteventura. Le acque di quest'isola ricordano molto quelle dei Caraibi: pure e cristalline. Gli scogli non sono una presenza predominante, per questo motivo è il luogo preferito di turisti con bambini a carico. La parte est dell'isola è quella più abitata e più ricca di attività commerciali, a differenza della zona ovest che è praticamente quasi disabitata  e ormai molto vecchia.  Questa città è ogni anno presa di mira da migliaia di turisti che decidono di godersi le proprie ferie in mezzo a questi panorami da sogno.
    Tra le zone in cui è più facile trovare lavoro, in quest'isola, consigliamo Morro Jable e Corralejo. La prima potrebbe essere una città fortunata per coloro che cercano lavoro nel mondo del food & beverage, mentre la seconda è ricca di turismo.
    Una delle città più importanti di Gran Canaria è invece Las Palmas, anch'essa con caratteristiche naturali mozzafiato. Qui potrete condurre la classica vita da spiaggia praticamente per tutto l'anno. Tra i lavori e le professioni più ricercate troviamo ancora una volta quelle legate al settore turistico, di cui quest'isola si nutre. Secondo i climatologi, Gran Canaria possiede il miglior clima al mondo.
    Ultima caratteristica dell'isola ma di grandissima importanza riguarda la sicurezza pubblica, molto elevata.

    Un’altra isola molto famosa è quella di Tenerife, definita l’isola dell’eterna primavera. I centri turistici principali sono Puerto de la Cruz al nord e Playa de Las Americas al sud dell'isola. Quest'ultima zona è sorta negli ultimi 25 anni e si è sviluppata spropositatamente in breve tempo con alberghi, hotel, residence e complessi residenziali moderni. Santa Cruz de Tenerife è la capitale ed è famosa per il suo Carnevale simil brasiliano. Oltre agli aspetti turistici Tenerife offre opportunità per gli amanti della natura, grazie alla presenza di diversi insediamenti dedicati alla botanica o alla conservazione faunistica. Le offerte di lavoro vertono sia sulla ristorazione che sul turismo in genere, così come avviene per la maggior parte delle isole Canarie: per approfondire, vi invitiamo a leggere l'articolo specifico su Tenerife.
    Infine, chiudiamo con Lanzarote: è un'isola sicuramente consigliata senza dubbio agli avventurieri. La sua riserva naturale è patrimonio dell'UNESCO, mentre i suoi piccoli centri possono garantire una stabilità economica al paese. Tra i più belli troviamo: Playa Blanca, La Santa, Orzola e Puerto del Carmen.

    Decidere dove trasferirsi alle Canarie non è facile, soprattutto quando ognuna di queste isole offre così tanta bellezza. Tuttavia non è sufficiente l’aspetto paesaggistico e climatico, sicuramente importante ed affascinante per chi vive in una città fredda o lontana dal mare, a determinare con forza una scelta.

    Vivere alle Canarie pro e contro: perché dovreste e perché non dovreste trasferirvi?

    Decidere di trasferirsi è una scelta sempre molto difficile e complessa, oggi cercheremo di alleviare questo vostro carico, indicandovi i pregi e i difetti di una vita alle Canarie. Siete pronti a scoprire i pro e i contro?
    • Pro: la cultura spagnola è molto simile a quella italiana. La popolazione è calorosa ed accogliente. Fin da subito riuscirete a sentirvi come a casa vostra.
    • Contro: non è per niente facile trovare lavoro e spesso è necessario stare molto attenti e non diventare schiavi di imprese che sfruttano la manodopera immigrata.
    • Pro: un clima fantastico che vi farà amare questi territori tutto l'anno.
    • Pro: affitti decisamente inferiori rispetto a quelli italiani. Trovare casa non è difficile e soprattutto non è dispendioso.
    • Contro: sanità lenta e spesso carente. Proprio come in Italia esistono lunghissime liste d'attesa.
    • Pro: difficilmente troverete in altri luoghi una flora e una fauna così meravigliosa. I parchi naturali sono tantissimi e di una bellezza mozzafiato.

    Come trovare lavoro alle isole Canarie

    Per lavorare alle Canarieè necessario essere davvero molto preparati nel mestiere che si è scelto di svolgere. Per essere assunto come cameriere non basta solo servire ai tavoli, ma è necessario anche conoscere più lingue, conoscere il galateo, avere una forte resistenza allo stress e chi più ne ha più ne metta.  Prima di iniziare a cercar lavoro in questo arcipelago, un italiano dovrebbe dunque prepararsi al meglio e specializzarsi il più possibile. Alle Canarie non esistono i cosiddetti “tutto fare”, non si può pensare di arrangiarsi in qualche modo. Se non volete trasferirvi è quindi vostro compito impegnarvi e mettere tutte le vostre forze in quest'impresa.  Se considerate, poi, che i “tuttofare” spesso sono la maggioranza di quelli che vanno a cercare fortuna senza arte né parte, state certi che avrete difficoltà immense a barcamenarvi.

    Lo stesso ragionamento vale per gli imprenditori che vogliono iniziare delle nuove attività in una di queste isole. Non basta raggiungere la città e aprire un bar, un ristorante o un hotel, se si vuole ottenere successo è necessario studiare la zona e soprattutto inserire qualcosa di nuovo, innovativo e mai pensato e agito prima. Solo così sarà possibile non cadere nell'oblio dei locai aperti ma mai arrivati al successo. Molti italiani arrivano alle Canarie pensando di essere migliori degli abitanti che vivono li: in realtà dimenticano o forse ignorano quanto sia ottimo il sistema d'istruzione presente. Basti pensare che già alle scuole medie i ragazzi vengono avvicinati allo studio della robotica. Le isole Canarie si trovano quasi in Africa, ma a livello tecnologico occupano uno tra i gradini più alti d'Europa. 
    Altro errore tipico degli italiani riguarda la tassazione: è vero che le isole godono di un regime agevolato rispetto alla Spagna (e all'Italia) ma ciò non assicura il successo. Le tasse sono un fatto che viene dopo la riuscita di un business: un'impresa può non essere produttiva anche se paga il 10% di tasse. Maggiore è la capacità di produrre valore, maggiori saranno i rendimenti in virtù di un fisco più "amico".

    Tra le 7 principali isole dell'arcipelago quella più presa di mira da coloro che si vogliono trasferire è Gran Canaria, la terza per grandezza. Qui il settore più sviluppato è senz'altro quello turistico, dunque professionisti come chef, camerieri, baristi, direttori di sala, possono trovare pane per i loro denti.

    Quanto guadagna solitamente un lavoratore alle Canarie? 

    Lo stipendio medioè di 1000 euro mensile, ma il costo della vitaè comunque più basso rispetto a quello italiano.  Eliminerete immediatamente la voce “riscaldamento” dal bilancio familiare e, con ogni probabilità, anche il costo della solita vacanza al mare “per staccare”: alle Canarie sarete in vacanza tutto l’anno, ammesso che sia questo il concetto che avete in testa!

    Altro punto su cui vogliamo mettervi in guardia è la ricchezza: molti italiani pensano che trasferendosi in una di queste isole troveranno finalmente ricchezza e felicità assicurata. Dobbiamo purtroppo smentire innanzitutto il primo punto: non si diventa ricchi trasferendosi alle Canarie, o almeno questo capita molto raramente. In tanti, anche da adulti, continuano a credere nelle favolette raccontate tramite il passaparola oppure in rete. Per quanto riguarda invece lo stile di vita, questo senz’altro può essere più sereno e rilassato rispetto allo stress delle nostre città, ammesso che comunque vi piaccia vivere in un posto di mare, essenzialmente turistico e decisamente diverso alle località dell'entroterra o alle grandi città industriali europee.

    Perfect Money: cos’è e come funziona

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    Internet e la sua larga diffusione hanno permesso ai sistemi di pagamento elettronici di espandersi a macchia d’olio. Le offerte e i prodotti tra cui è possibile scegliere sono innumerevoli: tra i sistemi più conosciuti e più adoperati spicca Paypal, tuttavia esistono molti altri servizi meno noti, come ad esempio Perfect Money. Che cos’è? Come funziona? In questo articolo vogliamo proprio incentrarci su questo sistema di pagamento elettronico non molto conosciuto ma ideale per chi desidera compiere operazioni monetarie senza dover rispondere a troppe domande circa il proprio conto. Questa alternativa di trasferimento virtuale di denaro permette di aprire con facilità e gratuitamente un conto, ma soprattutto permette di mantenere l’anonimato. Infatti nel trasferimento non è fondamentale dare i dati dei propri documenti, ma è sufficiente indicare un indirizzo mail valido. Nei prossimi paragrafi entriamo nel dettagli dei servizi offerti da Perfect Money.

    Perfect Money: come aprire un conto?

    Per diventare titolari di un conto Perfect Money basta collegarsi alla home page del sito e cliccare sulla voce “Sign Up”, che si trova nel menù in alto. A questo punto viene aperta una finestra in cui vengono richiesti alcuni dati: il form va compilato e la condizione d’uso va accettata inserendo la spunta sul riquadro apposito. A questo punto il nuovo utente ha la possibilità di dare un nome all’account, tuttavia gli accessi successivi al primo richiederanno l’inserimento dell’ID number che identifica il conto Perfect Money. Questo ID viene inviato tramite indirizzo email contestualmente all’apertura del conto. Una delle peculiarità del sistema Perfect Money è che ad ogni account vengono associati altri tre tipi di account: il primo è in dollari americani, il secondo in euro e il terzo in oro. Vi è anche l’opzione per ottenerne uno in Bitcoin, tuttavia per averlo è necessario creare un apposito portafoglio adatto ai bitcoin. La presenza di più account implica che il cliente ha la possibilità di inviare e ricevere nelle valute euro/dollari, oppure in grammi o frazioni di oro (anche se virtualmente)e infine in bitcoin. I fondi inseriti sul proprio profilo Perfect Money possono essere cambiati da una valuta all’altra direttamente dal proprio pannello di controllo dell’account, tenendo conto del tasso applicato. Ognuno dei conti in diverse valute viene identificato con un codice a sette cifre preceduto da una lettera, lettera che identifica la valuta. Il codice numerico associato alle lettere è diverso anche per conti dello stesso account.

    Ricaricare il proprio conto Perfect Money

    Per ricaricare il proprio conto Perfect Money si può scegliere tra diverse opzioni. Tra queste vi è la possibilità di inviare denaro tramite un bonifico bancario, che può giungere sia dal conto corrente dell’intestatario stesso del conto Perfect Money che da un’altra persona: per questa operazione viene richiesto l’invio preventivo di un documento di identità. La seconda modalità per inserire fondi sul conto è attraverso l’invio da parte di un altro conto Perfect Money. Infine si può usufruire di un servizio di un’altra società che si occupa di scambio di valuta elettronica, ossia i servizi forniti dalle exchanger. Qual è l’opzione che consente di mantenere il grado più elevato di riservatezza? La seconda opzione è quella più idonea a questa esigenza, ma non sempre è realizzabile: per questo la scelta più adoperata è quella legata all’uso degli exchanger, i quali costituiscono un mondo a parte con regole a parte.

    Inviare e ricevere fondi tra conti Perfect Money

    L’invio di denaro tra conti Perfect Money è un’operazione semplice e rapida, in quanto richiede soltanto il codice del conto di destinazione, sia con la lettera (ribadiamo che indica la valuta)che con il numero. Per inviare fondi in questo modo è sufficiente entrare nel proprio account personale e selezionare la scheda “Trasferimento interno”. In relazione ai fondi disponibili è possibile selezionare un tipo di trasferimento tra quelli proposti.

    Quali sono questi metodi proposti per l’invio di denaro? Il primo consiste nel pagamento unitario, che permette l’invio singolo di una somma verso un altro conto Perfect Money.

    Il secondo metodo è legato all’opzione di pagamento attraverso l’invio di email: questa opportunità si usa soprattutto nel caso in cui il ricevente non abbia ancora un conto Perfect Money; attraverso la mail riceverà un link da cui aprire velocemente il conto e disporre della somma inviatagli. Tra le alternative di invio di denaro è offerto anche il pagamento tramite e-voucher e telefono cellulare: in questo caso il pagamento viene tramutato in un voucher elettronico (e-voucher) e gli estremi del buono arriveranno al ricevente via sms. Tale buono può essere riconvertito in fondi su qualsiasi conto Perfect Money e rappresenta una specie di assegno circolare al portatore smaterializzato. Infine vi è il pagamento in orario: è possibile selezionare dal proprio profilo dei pagamenti ricorrenti verso un beneficiario attraverso la selezione della voce apposita, che mostra un calendario mensile dove evidenziare i giorni dell’invio prescelti; va inoltre inserito il conto di destinazione e l’importo.
    Potrebbe interessare: Paysafecard: che cos'è e come funziona

    Attenzione all’invio di denaro

    Quando si decide di inviare denaro con questo sistema virtuale è importantissimo prestare moltissima attenzione al numero di conto del destinatario digitato, in quanto l’operazione di trasferimento è istantanea e anche irreversibile. Questo significa che se viene digitato il conto di un soggetto sbagliato non sarà possibile effettuare nessun reclamo, richiesta di rimborso, storno o altre operazioni di reintegro della cifra inviata per sbaglio.
    Come aprire un conto con Perfect Money
    Immagine tratta dal sito ufficiale

    ContoPerfect Money : costo trasferimenti e conto

    Quanto costa effettuare i trasferimenti virtuali con questo sistema di pagamento elettronico? Per ogni trasferimento viene applicata una tariffa pari all’1,99% dell’importo trasferito: tale tariffa è a carico di chi invia il denaro e si può abbassare allo 0,5% nel caso si decida di seguire gli step di verifica di identità proposti da Perfect Money, step che prevedono l’invio di copia scansionata del documento o una prova dell’indirizzo di residenza. In ogni caso anche senza verifiche di identità è possibile adoperare tutte le funzionalità del sistema Perfect Money. Per quanto riguarda il costo dell’apertura del conto o del mantenimento dello stesso, queste operazioni sono gratuite. Perfect Money garantisce anche degli interessi: viene riconosciuto un interesse con percentuale annua variabile a seconda delle condizioni offerte dalla società per le cifre in giacenza sul conto, interesse che viene riconosciuto tramite accredito mensile del rateo.

    Prelevare denaro dal conto

    Per prelevare il denaro dal conto è possibile effettuare le stesse operazioni dell’invio, ma all’inverso. Tra le possibilità quindi c’è quella di inviare un bonifico bancario verso il proprio conto corrente, naturalmente identificando la propria identità. Inoltre si possono usare anche in questo caso gli exchanger, e infine il denaro si può prelevare in Bitcoin verso un portafoglio esterno tipo Multibit. Non è invece possibile incassare la cifra direttamente su un conto Paypal.

    Come aprire una lavanderia a gettoni, conviene? Self-service sempre più di moda

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    Secondo una recente indagine, è stato appurato che sono molte le persone interessate ad aprire una lavanderia a gettoni: molte di loro hanno già iniziato e stanno avendo buoni risultati. Il motivo è molto semplice: la gente, soprattutto in città, ha sempre meno tempo da dedicare alle faccende domestiche ed è costretta a delegare o a trovare modi che comunque gli consentano di avere un servizio abbattendo i tempi. Se il servizio che si offre alla clientela è di buona qualità, la lavanderia automatica potrebbe rivelarsi un grande successo. La crescita del self-service nelle nostre città è piuttosto evidente e, dunque, risulta lecito chiedersi se conviene avventurarsi in un'impresa di questo tipo nel 2016.
    La sezione Idee Imprenditoriali di Affari Miei contiene diverse guide per mettersi in proprio: pubblichiamo quotidianamente tante recensioni per business tradizionali ed innovativi in cui cimentarsi
    Prima di conoscere quali sono i requisiti per aprire una lavanderia a gettoni, ecco qui di seguito alcuni fattori fondamentali che determinano il successo dell’attività che si desidera avviare:
    • luogo e posizione: questo è il primo punto da valutare. Per poter aprire una lavanderia a gettonibisogna valutare con molta attenzione il luogo dove ubicarla. Per fare questo è necessario considerare alcuni elementi, quali: presenza della concorrenza, posizione della lavanderia, tipologia di abitanti (cioè che lavoro fanno, quali abitudini hanno, etc);
    • qualità del servizio: questo significa, in altri termini, permettere alla clientela di lavare ed asciugare la propria biancheria in un tempo molto limitato e soprattutto ad un buon prezzo;
    • velocità del servizio: è importante disporre di macchinari che lavano ed asciugano in tempi molto rapidi;
    • ottimo spirito imprenditoriale: quest’ultimo aspetto viene un po’ trascurato dalla maggior parte degli imprenditori. E’ vero che la lavanderia a gettoni funziona da sola, però eppur vero che il titolare deve fare anche la sua parte, ovvero: mantenere il luogo ben pulito, tenere sotto controllo i macchinari affinchè siano sempre funzionanti ed efficienti, nelle fasi iniziali promuovere l’attività con volantini, pubblicità televisiva o radiofonica, eccetera eccetera.
    Per approfondire leggi anche: Come aprire una lavanderia tradizionale? - Partita Iva 2016: guida completa

    Detto questo, ecco cosa serve per aprire una lavanderia a gettoni: requisiti e procedure

    Prima di tutto è necessario recarsi al proprio Comune di residenza e mettere in atto le solite pratiche burocratiche come la SCIA (Segnalazione certificata di inizio attività). E’ consigliabile, comunque, farsi assistere da un commercialista. I locali prescelti inoltre, devono essere registrati presso l’ufficio del catasto come tipologia: C/1, C/3 e D.

    Aprire self service lavanderia a gettoniUna lavanderia a gettoni può essere avviata sia da un singolo individuo, e in questo caso si parla di ditta individuale, oppure in forma societaria. In aggiunta occorre iscrivere la propria attività presso la Camera di Commercio.

    Un altro aspetto da non trascurare è il seguente: è di vitale importanza farsi rilasciare dall’ASL competente l’idoneità igienica del locale.

    Conviene aprire una lavanderia a gettoni?

    Aprire una lavanderia a gettoni non richiede ingenti capitali, ma un minimo di investimento va comunque fatto come per ogni progetto intrapreso da chi vuole mettersi in proprio. Recentemente sono nati diversi franchising che propongono soluzioni “chiavi in mano” ad un prezzo abbastanza accessibile: è vero che si rinuncia ad una parte della propria autonomia ma, specie se si è nuovi del mestiere, si ha modo di acquisire il know how dell’azienda affiliante. Qualsiasi business è sulla carta conveniente, così come può non esserlo affatto. Tra i fattori da valutare possiamo citarne alcuni come:
    • concorrenza esistente: ci sono attività in zona che offrono servizi simili? Siete in grado, in autonomia o in franchising, di proporre qualcosa che sia migliore rispetto agli altri?
    • esigenze della clientela: in una grande città dove le persone sono impegnate moltissimo con il lavoro la cosa può funzionare sicuramente meglio rispetto ad un piccolo centro con età media elevata e gran numero di persone disoccupate o comunque impegnate in faccende domestiche.
    Questi due parametri, in linea tendenziale, possono permettere una prima valutazione: è chiaro che, poi, la situazione concreta del territorio in cui si vuole investire non la si può prevedere astrattamente e spetta alle capacità del singolo una giusta ed accorta programmazione.

    Come aprire una gastronomia e rosticceria d'asporto: costi e consigli pratici

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    Le rosticcerie sono spesso la "salvezza" di molte famiglie o single che la sera proprio non hanno voglia di mettersi a cucinare. In altri casi, invece, rappresentano un toccasana anche per i giorni di festa, quelli in cui la casa viene invasa da amici e parenti affamati. Una gastronomia poi, oltre ad essere un'ancora di salvezza per i clienti, è anche una grande fonte di soddisfazione per chi ci lavora e quindi per il proprietario. Se si ama cucinare e se si ha un minimo di spirito imprenditoriale questa attività può prendere il volo. In questa guida cercheremo di capire come aprire una gastronomia o rosticceria d'asporto.

    Punto primo: si parte dalla burocrazia

    Prima di continuare con qualsiasi altro consiglio, desideriamo focalizzarci su ciò che lo Stato italiano richiede da un punto di vista burocratico per l'apertura di questa tipologia di attività. Quali sono i requisiti? Cosa bisogna fare in concreto per avviare l'impresa? Quali sono i procedimenti burocratici?

    Partiamo dal presupposto che tutte le rosticcerie o gastronomie, in Italia, possono essere considerate attività artigianali. Perché “possono” e non “sono”? Perché per esserlo davvero devono rispondere ad alcuni obblighi:
    • tutti i prodotti venduti devono essere stati creati da voi. È vietato vendere prodotti acquistati e confezionati da terzi;
    • il luogo di produzione e il luogo di vendita devono coincidere o comunque essere molto vicini. Non è possibile produrre gli alimenti o le bevande in città diverse ad esempio. Questo perché il negozio viene considerato ufficialmente “laboratorio di produzione e vendita di alimenti e bevande”;
    • ciò che viene venduto deve essere consumato fuori dal locale.

    Andiamo avanti nella scoperta delle norme e delle richieste burocratiche. Il futuro titolare della rosticceria deve necessariamente: aprire una Partita IVA, iscriversi sia all'INPS sia all'INAIL (gestione IVS artigiani e commercianti), acquisire l'autorizzazione sanitaria da parte dell'ASL di competenza, presentare la SCIA, cioè la segnalazione certificata di inizio attività allo Sportello Unico Attività Produttive del Comune interessato, seguire un corso di formazione. In quest'ultimo caso ci riferiamo al cosiddetto “Personale addetto alla produzione e vendita delle sostanze alimentari”. Esso non è altro che un corso di formazione di breve durata, talvolta anche gratuito, attraverso il quale viene rilasciato il Libretto formativo, strumento che deve essere posseduto da chiunque lavori all'interno del negozio, a meno che non abbia un diploma alberghiero o una laurea nel settore.

    Per il resto, non occorrono particolari altri requisiti personali, se non una forte passione nel proprio mestiere e capacità imprenditoriali, che tuttavia si sviluppano anche pian piano durante il percorso. Senza dubbio chi ha già una certa esperienza ha anche meno difficoltà in alcuni compiti specifici: cucinare, entrare in contatto con la clientela, gestire e organizzare il lavoro. Ciò che vi consigliamo è comunque di seguire corsi di formazione e di aggiornamento ogni qual volta ne abbiate la possibilità, per tendere sempre al miglioramento dell'attività.

    Come aprire una gastronomia e rosticceria d'asporto: costi e tanti altri utili consigli

    Quale budget iniziale è necessario per dar forma alla propria idea di rosticceria? Quali sono i costi che un proprietario affronta? Cerchiamo una risposta a questi quesiti. Innanzitutto rende tutto più semplice scrivere nero su bianco quali sono le nostre aspettative e quindi come davvero immaginiamo il locale. In tal modo sarà più facile prevedere le spese e i lavori da effettuare. Stilato questo piano si può iniziare la ricerca della location: in tal modo si può scoprire se sono necessarie anche delle ristrutturazioni e gli eventuali costi. È importante che il negozio risponda agli obblighi di legge e che sia ubicato in una posizione strategica, possibilmente in un luogo di passaggio e vicino ad uffici e centri abitati.

    Una volta risolto questo “problema”, si può passare alla fase dell'arredamento e dell'acquisto del materiale necessario, così come può aver inizio la ricerca dei fornitori per le materie prime con cui preparare i prodotti. Essendo un'attività in cui non è prevista la consumazione in loco, si può puntare ad un'ambiente non esageratamente grande, ad esempio di 25/30 metri quadri. Tirando le somme quindi, una rosticceria di medie dimensioni prevede un investimento iniziale di circa 55/65.000 euro necessari essenzialmente per munirsi di tutte le attrezzature necessarie e degli arredi.

    È possibile risparmiare su questo prezzo? Assolutamente si, ad esempio acquistando arredamento e attrezzatura usati, optando per un locale che è già a norma e quindi non necessita di tutti i vari aggiustamenti tecnici, oppure attraverso l'acquisto di un'attività che già svolgeva un lavoro analogo e che quindi in qualche modo, necessità di un avviamento meno drastico.
    Aprire una rosticceria d'asporto

    Altra scelta potrebbe essere quella di entrare a far parte di un franchising, cioè scegliere di affibiare al proprio locale un marchio già conosciuto e sviluppato che possa avvantaggiare sotto certi aspetti il lavoro iniziale. Scegliere un'attività in franchising significa, infatti, fornire ai clienti una garanzia, così come significa anche avere vita semplice riguardo certe questioni: fornitori, pubblicità, arredamento, gestione. Effettivamente non esistono tantissime rosticcerie d'asporto in franchising ma spulciando qua e là sul internet sicuramente troverete quella a voi più congeniale oppure potreste individuare progetti comunque affini nel mondo della ristorazione che potrebbero interessarvi.

    Conclusioni: conviene aprire una gastronomia d'asporto?

    Il successo di queste attività dipende essenzialmente dalle capacità individuali di chi le gestisce, dallo studio adeguato della clientela e della concorrenza e dalla capacità di svolgere una buona attività pubblicitaria corredata, eventualmente, da servizi extra che non offrono gli altri e che possono intercettare un bisogno specifico nella popolazione. Il consiglio è di cimentarsi solo se si conosce il settore o se, comunque, si hanno adeguate competenze di base per destreggiarsi in un business che è pur sempre appartenente alla più generale categoria della ristorazione.

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    Riscaldamento elettrico a basso consumo: migliori riscaldatori da scegliere

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    Il freddo invernale è un fatto abituale in molte zone d'Italia e specie chi sta costruendo casa o vuole rinnovare un obsoleto impianto di riscaldamento è spinto a provvedere all’installazione di riscaldatori a basso consumo, per evitare di sostenere costi esorbitanti: risparmiare soldiè un'aspirazione di molti, specie di chi legge abitualmente Affari Miei. Non l’avremmo mai detto, ma si può optare per il riscaldamento elettrico senza ritrovarsi a dover pagare bollette salatissime: tra le varie guide presenti sul blog, vi suggeriamo di leggere quelle su pompa di calore, fotovoltaico e solare termico che potrebbero risultare correlate se il vostro obiettivo è efficientare il più possibile.

    Agli economici e non molto efficaci termoventilatori, si trovano in commercio alternative certamente più performanti, quali, ad esempio, i termoconvettori elettrici svedesi, i pannelli ad infrarossi o i climatizzatori inverter. Se un termoventilatore, infatti, presenta i difetti di seccare eccessivamente l’aria, di non riuscire a riscaldare aree troppo estese, di emettere un rumore costante a causa della ventola e di consumare molta corrente elettrica (per riscaldare un ambiente di 30 mq arriva a consumare fino a 2000 Watt all’ora con un costo di circa 35 centesimi all’ora), un termoconvettore svedese è certamente più silenzioso e diffonde il calore in modo più uniforme e lento, rivelandosi di conseguenza più adatto agli ambienti più grandi, come camere da letto o salotti.

    Riscaldatori elettrici: tipi e caratteristiche

    L’unico ambiente in cui è consigliabile utilizzare riscaldatori elettrici quali sono i termoventilatoriè, dunque, il bagno. Un apparecchio del genere comporta una spesa d’acquisto molto modesta rispetto a qualsiasi altro sistema di riscaldamento, ma certamente è adatto ad essere utilizzato per poco tempo (nel mentre in cui si fa la doccia) e rivolto nella direzione in cui vogliamo arrivi velocemente il calore, facendo attenzione a non bagnarlo con eventuali schizzi d’acqua, a meno che non si possegga un modello resistente all’acqua.

    Più efficaci dei termoventilatori sono sicuramente le stufe alogene, le cui lampade ad incandescenza emettono calore più per irraggiamento che per convenzione, determinando un minore consumo di energia elettrica; il calore è inoltre mantenuto, in genere, anche dopo aver staccato la spina di corrente. Una stufa alogena consuma, per riscaldare un ambiente di 30 mq, circa 800 w/h e 15 centesimi all’ora.

    Una soluzione sempre più popolare sono i radiatori elettrici ad olio, che riscaldano in modo lento, ma uniforme e duraturo. Dato che l’olio all’interno dell’apparecchio è in grado di trattenere il calore molto a lungo, permettono un consumo di elettricità inferiore del 75% rispetto ai sistemi analizzati finora. Questi apparecchi, raggiunta la temperatura necessaria affinché si produca calore, si spengono automaticamente, per poi riaccendersi quando l’olio si raffredda.

    Migliori riscaldatori a basso consumo: quali sono?

    I migliori riscaldatori a basso consumo sono, però, i termoconvettori elettrici svedesi, i radiatori a pannelli ad infrarossi e i climatizzatori inverter.
    A differenza dei termoconvettori tradizionali che riscaldano per convenzione e arrivano a consumare 2000 watt per riscaldare 60 mq, quelli svedesi di ultima generazione funzionano ad irraggiamento, senza bisogno di ventole. L’assenza di ventole fa sì che non si creino quei fastidiosi moti convettivi nell’aria che favoriscono la circolazione della polvere negli ambienti e la combustione di ossigeno (con conseguente inaridimento dell’aria).Questi apparecchi non richiedono opere murarie o collegamenti elettrici invasivi, funzionano a bassa temperatura e, provvisti di termostato proprio, si spengono in automatico, evitando inutili sprechi.Il calore prodotto non si stratifica nella parte alta della stanza ma scalda uniformemente l’ambiente. Inoltre, se si deve intraprendere un lavoro di ristrutturazione,grazie al decreto legge n. 63/2013, è possibile acquistare i radiatori elettrici svedesi con una detrazione fiscale del 50%.

    Come scegliere il miglior riscaldamento elettrico a basso consumo

    La più innovativa tipologia di riscaldamento elettrico a basso consumo sono i pannelli elettrici ad infrarossi che producono calore grazie all’utilizzo di materiali innovativi quali la grafite o il carbonio.Il riscaldamento dell’ambiente avviene tramite il rilascio di radiazioni a raggi infrarossi, che si distribuiscono in maniera uniforme nell’ambiente e non vanno a riscaldare l’aria, privandola dell’umidità necessaria, ma le superfici che incontrano.Questi apparecchi riducono, inoltre, le emissioni di CO2 al minimo e hanno consumi che variano fra i 250/300 Watt all’orafino ad un massimo di 1000 watt/ora.

    Minore dispendio di energia e minore impatto ambientale riguardano anche gli ultimi condizionatori inverter, che riscaldano anche meglio di quelli tradizionali.Se, infatti, un climatizzatore tradizionale consuma corrente elettrica per tutto il tempo in cui è acceso, un climatizzatore inverter eroga potenza (ed energia elettrica) in funzione della temperatura dell’ambiente che deve raffreddare o riscaldare. In pratica,all’atto dell’accensione, l’apparecchio va alla potenza massima per portare quanto prima l’ambiente alla temperatura desiderata; quindi inizia a decrementare la potenza e mantiene la temperatura raggiunta impiegando solo il minimo necessario, facendo risparmiare fino ad oltre il 50% di energia rispetto ad un condizionatore a tecnologia on/off. In media, un climatizzatore inverter di Classe A, in termini di costo elettrico, arriva fino a un massimo di 178 euro all’anno, quindi circa 14-15 euro al mese.

    Certamente, il concetto di “migliore apparecchio” è relativo all’uso che bisogna farne. Per riscaldare ambienti poco frequentati è quasi inutile affrontare l’onerosa spesa per acquistare uno degli apparecchi di ultima generazione e ci si può accontentare di utilizzare, quando occorre, una tradizionale stufa a ventola. Nel caso in cui si necessiti, invece, di riscaldare ambienti grandi e per molto tempo, le ultime tecnologie analizzate saranno certamente più appropriate.

    Disdetta polizza infortuni conducente: come funziona il tacito rinnovo

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    Una copertura assicurativa particolare che copre l’individuo e non la macchina è la polizza infortuni conducente. In pratica, si tratta di un’assicurazione sulla vita che viene aggiunta alla RC auto tradizionale. Prevede un risarcimento al conducente che sia stato vittima di un incidente con ragione, con torto o per cause fortuite (esempio: un malore mentre si è alla guida). Ovviamente il valore del risarcimento varia in base alle conseguenze dell’incidente e alle conseguenze fisiche riportate. A questo riguardo esistono delle apposite tabelle che determinano proprio la percentuale di invalidità. Alcuni problemi possono sorgere in sede di rinnovo dell’assicurazione auto: come abbiamo detto nell’articolo sulla disdetta, infatti, per le coperture accessorie le regole sul tacito rinnovo sono differenti.

    Focus sulla polizza infortuni conducente: tutto quello che c’è da sapere

    La garanzia contro gli infortuni del conducente è valida anche in caso di morte e il risarcimento a questo punto verrà riscosso dagli eredi. Generalmente, una copertura base di questo tipo prevede un massimale di 100.000,00 euro che sarà corrisposto in caso di invalidità permanente al 100 per cento o in caso di morte.

    Ma la polizza infortuni del conducente, comunque, non copre le seguenti altre opzioni che elenchiamo di seguito:
    • guidatore non abilitato (senza patente, con patente scaduta o ritirata)
    • guida in stato di ebbrezza
    • guida sotto l’effetto di stupefacenti
    • mancata revisione del veicolo
    • trasporto non conforme alla norma

    Quanto costa sottoscrivere la polizza infortuni del conducente?

    Rinnovo e disdetta polizza infortuni conducenteIl prezzo varia da compagnia a compagnia ed anche a seconda delle opzioni che si scelgono. Prima di sottoscrivere la polizza è utile dapprima richiedere svariati preventivi in maniera tale da confrontare le varie proposte e scegliere quella più conveniente. Solitamente non è molto costosa ed alcuni assicuratori tendono a “venderla” insieme alla rc auto. Qualcuno più furbo addirittura tende a “caricarla” senza dirlo esplicitamente, così da godere per il rinnovo delle regole che riguardano la disdetta che riporteremo di seguito. Non è una pratica molto corretta ed è giusto, quindi, essere particolarmente vigili.

    Inoltre è bene sapere che la polizza infortuni del conducente, oltre ad essere valida per il cliente assicurato, può essere anche estesa ad altri conducenti (madre, padre, fratelli etc..). Quindi tutela non solo il conducente dell’auto, ma anche chiunque sia alla guida del mezzo.

    Disdetta e rinnovo dell'assicurazione per il conducente

    Per quanto riguarda il rinnovo e l’obbligo di disdetta occorre sottolineare che a partire dal 1° gennaio 2013 il tacito rinnovo delle polizze auto è stato eliminato, ma non quello delle polizze assicurative facoltative quale può essere l'assicurazione accessoria che stiamo esaminando che, come è palese, non è obbligatoria come la tradizionale rc auto. Pertanto se non si vuole rinnovare più la polizza suddetta è necessario fare disdetta con lettera raccomandata alla propria assicurazione almeno 60 giorni prima che scada. Per inviare la disdetta si deve compilare un moduloapposito in cui si riportano i propri dati, quelli della polizza ed infine quelli della compagnia assicurativa.

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    MoneyGram Poste Italiane: cos’è, come funziona, si può fare online?

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    L’offerta dei servizi finanziari legati al risparmio e all’invio del denaro è sempre più ampia e variegata. Tra i servizi disponibili possiamo trovare BancoPosta MoneyGram. Che cos’è? E come funziona? In questo articolo approfondiamo tutti gli aspetti legati a questo conto alternativo. Innanzitutto possiamo chiarire che questa opzione è scarsamente adoperata per i pagamenti degli acquisti online, ma ha come fine principale quello di permettere l’invio di denaro a persone che già si conosce e quindi fornisce un modo sicuro per inviare e ricevere denaro tra due persone in tutto il mondo, garantendo che la cifra giunga a destinazione in tempo reale. BancoPosta MoneyGram permette di effettuare il trasferimento verso oltre 201 paesi di tutto il mondo, come abbiamo detto, in tempo reale. Bisogna avere un conto corrente postale oppure bancario per adoperare MoneyGram? La risposta è negativa, non è necessario essere titolari di un conto corrente. L’importo massimo trasferibile è pari a 1999,99 euro, importo che si può trasferire anche in più transazioni, nel rispetto delle norme previste dalla legge sull’antiriciclaggio del denaro (D.Lgs 231/07).

    Informazioni e vantaggi di BancoPosta MoneyGram

    BancoPosta MoneyGram permette di effettuare i versamenti al destinatario in Euro, USD o in valuta locale (grazie al servizio Multicurrency): i Paesi abilitati a questo servizio sono soltanto alcuni. Se desiderate sapere quali sono allora bisogna consultare il Foglio Informativo MoneyGram che si trova agli sportelli o direttamente sul web. Qual è il vantaggio principale di questa modalità di trasferimento di denaro? Oltre al vantaggio della sicurezza e della comodità di poter effettuare un trasferimento utilizzando BancoPosta MoneyGram anche da casa tramite internet, un altro vantaggio è legato alla possibilità di inviare al destinatario un messaggio gratuito di 10 parole, per un massimo di 80 caratteri: tale messaggio sarà comunicato al destinatario nel Paese di ricezione all’atto del pagamento della somma inviata. Naturalmente il servizio MoneyGram permette sia di trasferire denaro all’estero sia di ricevere in Italia le somme inviate dall’estero, presso gli uffici postali abilitati.

    Come funziona e quanto costa MoneyGram

    Esistono due opzioni per trasferire denaro con questo strumento: attraverso l’invio in 10 minuti (il più veloce poiché il denaro viene normalmente recapitato nel giro di alcuni minuti) oppure attraverso l’invio con Ore 7: questa opportunità è più conveniente (e il denaro è disponibile dalle ore 7 del mattino del giorno successivo l'invio- ora locale). Tale opzione, però, è disponibile soltanto se si invia il denaro presso alcune agenzie selezionate e verso alcuni Paesi di destinazione. Per trasferire denaro con BancoPosta MoneyGram è sufficiente recarsi allo sportello postale oppure, come anticipato, connettersi ad internet tramite computer, sia per chi ha attivato BancoPosta online, sia per i titolari di BancoPosta Click. Sia allo sportello che dal web viene richiesto di compilare un modulo per l’invio di denaro e di presentare i dati di un documento d’identità in corso di validità.

    Ora analizziamo la questione legata ai costi di BancoPosta MoneyGram. Il pagamento in euro nel paese di ricezione è vincolato alla disponibilità di valuta degli agenti locali. Invece, nel caso di pagamento in valuta diversa dall’euro, le transazioni sono soggette all’applicazione di un tasso di cambio giornaliero stabilito da BancoPosta o dai suoi agenti. I prezzi sono validi in Italia e soggetti a variazioni, inoltre tutti gli importi sono espressi in euro. Non solo i prezzi, ma anche il limite massimo di invio può essere soggetto a variazioni a seconda delle disposizioni di legge: in linea di massima questi costi sono variabili tra i 9,00 e gli 80,00 euro (dipende dalla somma da trasferire). Sulla base di questo possiamo affermare che il servizio MoneyGram offerto dalle Poste Italiane non è tra i meno cari.

    Come funziona MoneyGram di Poste Italiane

    Quando MoneyGram è sconsigliato

    Al fine di tutelare la sicurezza dei soggetti coinvolti nella transazione, il servizio non andrebbe usato per azioni come l’acquisto di veicoli e per la riscossione di vincite o premiazioni di lotterie o concorsi a premi. Inoltre è sconsigliato inviare denaro a sconosciuti o di condividere il numero di riferimento della transazione di 8 cifre, se non con il beneficiario della transazione stessa, ciò per non divenire vittime di qualche frode.

    MoneyGram Online

    Abbiamo visto che le operazioni consentite da MoneyGram possono essere effettuate sia allo sportello dell’ufficio postale, sia da pc. Questa ultima ipotesi è consentita a coloro che hanno attivato il servizio BancoPosta online o sono titolari di BancoPosta Click: in questi casi sia da pc che da telefono si può inviare denaro, grazie a MoneyGram online. Il trasferimento in questo modo avviene in pochi minuti, salvo per alcuni paesi che necessitano di maggior tempo. Ogni giorno è possibile effettuare una sola operazione, per un importo massimo giornaliero trasferibile pari a 400,00 euro, mentre l’importo massimo mensile è pari a 2.000 euro. L'operazione di trasferimento internazionale di denaro tramite canale web è effettuabile al momento solo in euro e verso i Paesi che prevedono l’euro come moneta di destinazione.

    Rimborso e sconti

    Il rimborso della cifra si può chiedere solo a partire dal giorno successivo al perfezionamento della transazione d'invio, presso qualsiasi ufficio postale abilitato al servizio. Qualora la richiesta di rimborso sia presentata entro 5 giorni lavorativi dalla data in cui è stata effettuata la transazione di invio (e sempre che la somma non risulti già riscossa dal beneficiario) allora al mittente verranno restituiti sia l'importo trasferito che la commissione pagata. Se invece la richiesta di rimborso viene presentata oltre tale termine di 5 giorni, al mittente verrà restituito solo l'importo inviato.Per i clienti che hanno aderito al Programma Postepay MoneyGram Rewards e che sono in possesso del Codice RewardsMoneyGram è previsto uno sconto del 5% sulle commissioni relative alle operazioni di trasferimento fondi MoneyGram richieste presso gli Uffici Postali. Per ottenere lo sconto è necessario riportare sul modulo di richiesta trasferimento fondi il citato codice.

    Buoni fruttiferi postali e successione: cosa succede?

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    I buoni fruttiferi postalicostituiscono spesso buona parte dei risparmi che una famiglia ha accumulato nel corso della sua vita: uno strumento di investimento importante, che in Italia ha sempre riscosso un discreto successo, vuoi anche perché il rendimento comunque interessante vedeva come contraltare un investimento il cui rimborso era comunque garantito. Non è un mistero dunque che in molti si chiedano come comportarsi in maniera di successione e buoni fruttiferi postali, o meglio, si preoccupino di cosa succede nel caso in cui il titolare dei BFP venga a mancare. Si tratta di un argomento piuttosto spinoso, che interessa in molti e che ha riferimenti normativi che sono leggermente difficili da comprendere. Vediamo di cosa si tratta.

    Una nozione preliminare: l’attivo ereditario

    Prima di addentrarci più nello specifico nella discussione che riguarda la successione dei titoli come i Buoni Fruttiferi Postali è necessario fare una premessa di carattere nozionistico. Bisogna infatti comprendere cosa sia l’attivo ereditario, perché ci interessa e soprattutto perché è importante al fine di determinare le tasse di successione che l’erede o gli eredi andranno a pagare. Nell’attivo ereditario troviamo tutti i beni e tutti i diritti che fanno parte della successione. Vanno esclusi quelli che non sono beni soggetti e/o diritti soggetti ad imposta.

    Il problema, oltre che ad essere di carattere fiscale è anche di carattere, per così dire, logistico. I beni che fanno parte dell’attivo ereditario vanno infatti iscritti nella dichiarazione di successione, un documento spesso non facile da preparare e che crea, soprattutto nel caso dei titoli, parecchie difficoltà. I titoli BFP non vanno iscritti nella dichiarazione di successione e ora ci occuperemo del riferimento normativo che ne parla.

    Il riferimento normativo

    La norma che ci interessa è contenuta nel Decreto Legislativo del 31/10/90, n. 346, il quale recita, alla lettera L:
    [Non Concorrono a Formare l’Attivo Ereditario]
    • gli altri titoli di Stato, garantiti dallo Stato o equiparati, nonchè ogni altro bene o diritto, dichiarati esenti dall’imposta da norme di legge
    Si tratta dunque di una norma che elimina la possibilità che in capo al successore nel titolo BFP sorgano obblighi di carattere fiscale.


    Nei BFP co-intestati

    Trattandosi di strumento di risparmio molto popolare tra le famiglie, i BFP vengono spesso co-intestati tra coniugi, oppure tra figli della stessa coppia. In questo caso, nel caso di decesso dei uno dei cointestatari, i BFP cadono in successione e i titoli vengono bloccati temporaneamente, fino a quando la successione non sarà definita. Successivamente vengono rimborsati, in favore di chiunque ne abbia diritto. Per ottenerne il rimborso in questo caso è necessario presentare tutta la documentazione di carattere successorio presso un qualunque ufficio postale. I buoni fruttiferi postali vengono rimborsati in parti uguali a tutti i co-intestatari e/o aventi diritto.

    Guida alla successione con i buoni postali

    Una burocrazia che in molti ritengono… infinita

    Nonostante si tratti di uno strumento di risparmio e investimento pensato per le famiglie, il legislatore non ha mai tentato di semplificare le procedure di successione, almeno per titoli che per il grosso delle famiglie italiane costituiscono il grosso del monte ereditario. I casi di persone che devono preoccuparsi di recuperare e organizzare tutta la documentazione degli eredi indiretti al fine di poter sbloccare i BFP sono frequenti e non sembra, che almeno per il momento, Poste e Parlamento siano interessati a integrare norme certe per la soluzione di questa tipologia di conflitti.

    Come ottenere il rimborso dei titoli in seguito a successione?

    Per chiedere il rimborso dei titoli (compresi i Buoni Fruttiferi Postali) caduti in successione, è necessario compilare il modulo apposito fornito dalle Poste (in qualunque ufficio) nonché liberamente scaricabile da Internet. Il modulo ricorda, inoltre, quelli che sono i documenti necessari per l’espletamento della pratica:
    • Estratto dell’atto di morte: sono necessarie le generalità del defunto, la data, il luogo in cui è avvenuto il decesso, indicazione dello stato civile, ultimo domicilio, ultima residenza, indicazione del nominativo del coniuge;
    • Atto Notorio / Dichiarazione sostitutiva;
    • Copia di un documento di Identità dei soggetti che presentano domanda di Rimborso;
    • Copia di un Documento di Identità e del Codice Fiscale dei soggetti che hanno diritto al rimborso e/o dei soggetti che li rappresentano legalmente;
    • Dichiarazione di Successione, di cui all mod. 4.
    Si tratta di documentazione in genere facile da reperire, a meno che in mancanza di eredi diretti per il defunto debba accendersi il ricorso agli eredi indiretti. In quel caso, recuperare dichiarazioni e documenti, potrebbe essere necessario del tempo. La documentazione fornita viene valutata dall’Ufficio Postale, nella persona del Direttore, che una volta approvata darà il via alla procedura di sblocco dei Buoni Fruttiferi Postali.
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