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Prestito da 30000 euro: come ottenere il finanziamento - Guida

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Per ottenere un prestito da 30000 euro, spesso vengono richieste garanzie aggiuntive per limitare il rischio specifico dell'operazione. Non sempre, quindi, è molto agevole riuscire ad aprire una linea di credito in questo caso. Per questo motivo cerchiamo ora di dare un quadro generale ma dettagliato delle possibili soluzioni per ottenere un prestito di 30000 euro.

Innanzitutto è bene fare una precisazione. I prestiti personali si differenziano da quelli finalizzati per la mancanza dell'obbligo di fornire una valida motivazione dell'impiego che si intende fare del capitale prestato. Per questo motivo sarebbe preferibile utilizzare questa tipologia di prestiti per poter ricevere una liquidità immediata da utilizzare come meglio si crede. Senza il vincolo della finalità, si potrà richiedere il prestito anche per copertura di spese impreviste, oppure per avere a disposizione una solida quantità di denaro per far fronte ad un periodo di crisi finanziaria. Se si vuole optare per questa ipotesi, è possibile scegliere un prestito cambializzato. Questo permette di ottenere un prestito di 30000 euro senza troppe garanzie, grazie al fatto che si utilizzano delle cambiali per il rimborso periodico delle rate. Queste, infatti, sono dei titoli esecutivi che offrono al creditore la possibilità di aggredire i beni del debitore per ristorarsi delle somme ancora dovute. Essendo insito all'interno del titolo questo diritto, non è fatto obbligo al creditore di dimostrare l'esistenza del rapporto sottostante alla cambiale. Questa forza contrattuale è spesso sufficiente per ottenere l'erogazione del finanziamento. 
Qualora questo non sia sufficiente per accedere alla linea di credito, si potrà optare anche per l'utilizzo di un garante. Questo soggetto svolge il ruolo di ulteriore sicurezza nei confronti della banca finanziatrice. In pratica costui si obbliga insieme al soggetto principale, a pagare le rate allo scadere del periodo di riferimento. Qualora il richiedente non sia in grado di pagare, infatti, la società finanziaria che ha emesso il prestito potrà pretendere il pagamento proprio dal garante. Anche in questo caso la garanzia è abbastanza forte da permettere all'intermediario di accettare il finanziamento, almeno nella maggior parte dei casi. Per ottenere un prestito di 30000 euro, in questi casi, sarà sufficiente dimostrare la propria posizione reddituale. Ovviamente questa dovrà essere abbastanza costante e lasciar intendere che il soggetto sia finanziariamente in grado di ottemperare ai suoi obblighi contrattuali. Questi obblighi si estrinsecano quasi esclusivamente nel pagamento delle rate. In sostanza un lavoratore dipendente dovrà fornire la propria busta paga, sulla quale verranno effettuati appositi calcoli per capire se sia possibile concedere la linea di credito. Inoltre si dovrà valutare quale sia il limite di tempo più congruo per l'operazione. Un periodo di ammortamento del prestito maggiore, come è facile intuire, permette di ottenere una rata inferiore e questo potrebbe essere molto utile per il debitore. Tuttavia è necessario anche sottolineare che il costo degli interessi dipende sia dalla ragione percentuale applicata, sia dal periodo preso in considerazione. Questo vuol dire che un riferimento temporale più lungo andrà ad incidere anche sul costo totale dell'operazione. Ovviamente anche il tasso di interesse svolge un ruolo fondamentale nella valutazione della convenienza di un prestito da 30000 euro. Nei prestiti personali, infatti, vengono solitamente applicati degli interessi che sono leggermente più alti di quelli medi per un altro tipo di prestito. Questo avviene perché il rischio insito nell'operazione è maggiore, complice sopratutto la mancanza di adeguate garanzie a favore del creditore.


Come ottenere un prestito da 30000 euro

Finanziamento da 30 mila euro per dipendenti pubblici o pensionati

Se si appartiene ad alcune particolari categorie di lavoratori, come ad esempio quelli pubblici, si potrà comunque accedere a delle forme di finanziamento molto convenienti. A queste vengono applicati dei tassi di interesse agevolati, in virtù delle caratteristiche assistenziali degli stessi. Un dipendente di un'amministrazione pubblica, quindi, potrà accedere al piccolo prestito INPDAP ed ottenere la somma da lui richiesta in modo abbastanza semplice. La domanda può essere fatta direttamente online, tuttavia occorre fare una precisazione. Per un prestito da 30000 euro, infatti, sarà necessario richiedere un periodo di ammortamento di 5 o di 10 anni. Questi prestiti necessitano obbligatoriamente di alcune documentazioni aggiuntive. Oltre alle situazioni finanziarie dei richiedenti, infatti, si verifica la motivazione all'utilizzo dei fondi ottenuti.

Occhio alla Cessione del Quinto

Un'altra soluzione potrebbe essere rappresentata dall'accensione di un prestito con cessione del quinto dello stipendio. Questa formula sta prendendo sempre più piede anche nel nostro Paese e si può così descrivere. Il richiedente effettua la domanda per un prestito da 30000 euro, come in questo caso, ed attende che la sua domanda venga accettata. Una volta che riceve il via libera gli vengono accreditati i fondi da lui richiesti. Il rimborso avverrà in una modalità molto specifica, ovvero con il prelievo alla fonte, direttamente sulla busta paga del dipendente. Ovviamente è necessario essere dei lavoratori dipendenti per poter accedere a questo finanziamento. La banca sarà più incline ad accettare il prestito perché potrà contare sulla sicurezza di ottenere delle entrate certe, sia nell'ammontare, sia nelle tempistiche. Il cliente, a sua volta, potrà godere del vantaggio di non avere mai una rata che superi il 20% della sua retribuzione mensile.

Prestito BancoPosta 2016: finanziamento con Poste Italiane, tutte le soluzioni

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Poste Italiane S.p.A.è la società per azioni che provvedere alla gestione del traffico di posta nel nostro Paese e specializzata in servizi finanziari come il prestito BancoPosta oppure il Mutuo BancoPosta. Da poco tempo si è quotata alla Borsa di Milano e parte del capitale sociale detenuto prima dal Ministero dell'Economia è stato affidato a privati investitori. In ogni caso il 60% del capitale sociale è ancora nelle mani del Ministero che, quindi, ne detiene il controllo. Sebbene gli impulsi di politica economica provengano, quindi, dall'organo di Governo, la società viene gestita come una normale S.p.A.

Questo permette all'azienda nel suo complesso di raggiungere livelli di efficienza e di organizzazione che non sarebbero perseguibili sotto il solo controllo pubblico. Infatti l'aziendalità delle società partecipate è un processo nato parecchi anni fa che sta iniziando oggi a mostrare i suoi frutti. Superati i primi dissensi a questo approccio, infatti, si è potuto notare come anche le aziende pubbliche potessero essere gestite secondo una logica di mercato privatistica. Questo non snatura gli effetti sulla collettività della gestione di un servizio pubblico, ma anche ne esalta le capacità e permette di creare un servizio migliore. Ad oggi la società ha diversificato le sue attività ed oggi è una delle principali realtà italiane per la concessione di svariati tipi di servizi. Infatti è operativa nel campo della telefonia, delle assicurazioni ed anche della concessione di prestiti e finanziamenti. Adesso cercheremo, quindi, di effettuare un'analisi dettagliata e generale sulle possibilità offerte da Poste Italiane per la concessione di credito e la realizzazione di investimenti mirati. Tramite BancoPosta, inoltre, vengono offerti prodotti molto importanti, quali conti correntie carte di credito, la possibilità di effettuare investimenti, di trasferire fondi e di acquistare prodotti per il risparmio come i Buoni Fruttiferi postali ed il libretto postale di risparmio.

Focus sul prestito BancoPosta: cosa bisogna sapere

Il prestito Bancopostaè una delle soluzioni più adatte per realizzare i propri bisogni. Infatti questo strumento si caratterizza per la capacità di adattarsi perfettamente alle esigenze del cliente e non viceversa. Si potranno richiedere fino a30 mila euro di prestito personale, con un importo minimo erogabile di soli 1500 euro. Questo fa da subito capire come questo strumento possa essere utilizzato da tutti per poter effettuare le spese più disparate. Infatti esso può essere richiesto per acquistare un'auto, così come un elettrodomestico. Questa è una delle maggiori caratteristiche che forniscono tutta la dinamicità necessaria al prestito Bancoposta. Il rimborso potrà avvenire, sempre in base alle esigenze del cliente, in un periodo che varia dai 12 fino agli 84 mesi. Ovviamente un piano di ammortamento più lungo equivale ad una rata mensile più bassa, dato che si potrà spalmare su più tempo il capitale da rimborsare. In ogni caso non bisogna mai dimenticare che allungando i tempi aumenta anche il costo totale dell'operazione. Bastano documento di identità e documento di reddito per potersi presentare presso una qualsiasi filiale e richiedere l'accensione del prestito. Ovviamente la società si riserva il diritto di verificare la situazione reddituale del cliente. Infatti prestare fondi a qualcuno che non sarebbe mai in grado di rimborsarli non sarebbe un'operazione molto conveniente per Poste. Per questo motivo si verifica la busta paga del lavoratore dipendente, per capire se esso sia davvero in grado di effettuare i pagamenti mensili senza subire un grave pregiudizio economico per la sua situazione finanziaria. Infatti devono essere sempre rispettati dei limiti che possano permettere anche al richiedente di avere un reddito sufficiente a far fronte alle esigenze sue e della sua famiglia. Una volta che la richiesta viene accettata, i fondi verranno accreditati sul conto Bancoposta se il cliente ne è titolare, oppure per importi fino a 10 mila euro anche in contanti presso lo sportello. Ovviamente si potrà anche optare per l'accredito su strumenti finanziari differenti, purché il cliente ne sia titolare o lo diventi appositamente per l'occasione.
Recensione prestito bancoposta

Per un servizio anche più performante, il cliente di Poste Italiane potrebbe decidere di optare per il prestito Bancoposta Flessibile. Questa soluzione è stata studiata appositamente per rispondere ancora maggiormente alle necessità della clientela. Infatti una volta che si è effettuato il rimborso delle prime sei rate, si potranno richiedere anche alcuni servizi accessori. In particolare sarà possibile modificare l'importo di alcune rate mensili, per riuscire, ad esempio, a superare un periodo particolarmente duro dal punto di vista economico. Se questo non dovesse essere sufficiente, il cliente potrà anche decidere di saltare proprio il pagamento di alcune rate e di spostarlo alla fine del periodo di finanziamento. Questo gli permetterà di non avere anche quella scadenza a cui pensare e di organizzare meglio i suoi conti per quel mese. Si può richiedere il finanziamento per un importo che varia dai 1500 euro fino ad arrivare ai 30 mila. La durata del periodo di rimborso può variare in base alle esigenze del cliente, al suo reddito ed alla richiesta di una rata più o meno bassa. In ogni caso il periodo deve essere compreso tra un minimo di 12 mesi ed un massimo di 108 mesi. Il prestito viene erogato tramite l'accredito sul conto Bancoposta ed anche il pagamento delle rate mensili avviene tramite addebito su di esso. Qualsiasi sia la quota di capitale richiesta, questa verrà erogata in un'unica soluzione da parte della società ed è previsto il diritto di recesso del cliente entro 14 giorni dalla data di accettazione del finanziamento.

Il prestito Bancoposta Consolidamentoè stato appositamente studiato per rispondere ad un'esigenza specifica della clientela, quella di una gestione migliore delle proprie scadenze. Questo avviene tramite l'accensione di un unico finanziamento che servirà per consolidare tutte le rate. Questo significa che il cliente avrà solamente l'impegno del pagamento di una rata e non dovrà più pensare a tutte le scadenze precedenti. In questo modo si facilitano le operazioni di rimborso e si risparmia anche sull'interesse applicato. Si potrà richiedere un prestito che va da un minimo di 3 mila euro fino ad un massimo di 50 mila da rimborsare mensilmente per un periodo che varia dai 36 fino ad i 96 mesi. L'accredito, anche in questo caso, viene effettuato sul conto Bancoposta del cliente ed i pagamento mensili verranno sempre addebitati su di esso. Si capisce chiaramente che questo prodotto è ideato per rispondere all'esigenza di effettuare una pulizia della propria posizione debitoria. Accendendolo, infatti, si potrà contare sulla semplicità del rimborso di un solo prestito, risparmiando tempo e denaro che verrebbe inutilmente speso con più posizioni debitorie aperte contemporaneamente.

Se invece si ha necessità di ristrutturare la propria abitazione, è possibile sfruttare tutte le potenzialità del prestito Bancoposta Ristrutturazione Casa. Questo strumento è stato infatti creato per dare risposta alle esigenze di tutti quei clienti che vogliono un finanziamento studiato per la ristrutturazione. Si potranno chiedere fino a 60 mila euro di fondi, in modo tale da poter realizzare tutti i lavori di cui si necessita. Un aspetto molto importante di questo finanziamento è riscontrabile nella possibilità di essere utilizzato anche per l'implementazione di pannelli fotovoltaici ed altre tecnologie a risparmio energetico. In questo periodo di grande interesse per le energie rinnovabili, questo strumento è certamente all'avanguardia e molto utile. Infatti realizzare questa tipologia di impianti, permette alla casa di mettere in atto un notevole risparmio energetico. Ovviamente questo risparmio si tradurrà anche in un minor costo di gestione dell'immobile. Per questo motivo è bene prendere seriamente in considerazione la possibilità di accendere un prestito per effettuare questi miglioramenti. Il minimo richiedibile è di 10 mila euro e si potrà rimborsare il capitale in un periodo variabile dai 36 fino ai 120 mesi. Ovviamente tutte le condizioni dovranno essere considerate in virtù delle specifiche esigenze che il cliente presenta.

Nel caso in cui il soggetto voglia, invece, acquistare proprio l'immobile, potrà richiedere il prestito Bancoposta Acquisto Casa. In questo caso, ovviamente, il finanziamento è collegato all'esigenza del cliente di comprare la casa nella quale vuole abitare. Un particolare molto importante riguarda la possibilità di richiedere questo finanziamento anche per acquistare un garage, una cantina oppure una qualsiasi costruzione che non sia necessariamente adatta all'abitabilità. Si possono richiedere dai 10 mila fino ai 60 mila euro, da rimborsare in un periodo che va dai 36 fino ai 120 mesi. I documenti richiesti per poter accedere a questa forma di prestito, sono gli stessi previsti per gli altri finanziamenti ma con un aggiunta. Infatti sarà necessario presentare, insieme alla domanda, anche il compromesso registrato oppure direttamente l'atto che specifica l'acquisto della casa. Se non si possiedono questi documenti è meglio procurarseli ancor prima di effettuare la richiesta del prestito, in questo modo si evita di allungare troppo la procedura di erogazione dei fondi.

Infine analizziamo il prestito SpecialCash Postepay. Questa particolare tipologia di finanziamento è stata studiata per offrire anche ai clienti possessori di carta Postepay di ottenere un capitale in prestito. La procedura è piuttosto semplice ed in pochi giorni sarà possibile disporre direttamente sulla propria carta, del denaro richiesto. Per il rimborso sono disponibili tre piani differenti, in base all'importo del finanziamento. Se si richiedono 750 euro, l'ammortamento avverrà in 15 mesi, nel caso di un capitale di 1000 euro sarà di 20 mesi ed infine se si necessita di un prestito di 1500 euro il rimborso dovrà avvenire in 24 mesi.

Azione Surrogatoria e revocatoria: focus articoli 2900 e 2901 del Codice Civile

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Che cos’è l’azione surrogatoria disciplinata dall’articolo 2900 del codice civile italiano? In cosa si differenzia da quella revocatoria prevista dall’articolo 2901 e seguenti? In questo post, facente parte del nostro spazio dedicato al diritto privato, cercheremo di affrontare l’argomento che si inquadra nell’ambito del tema della responsabilità patrimoniale e, in particolare, nel capo V del libro VI del codice dedicato alla tutela dei diritti.

L’azione surrogatoria e l’azione revocatoria si possono spiegare partendo dal principio secondo cui il debitore risponde dell’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri: concetto, questo, che viene sancito dall’articolo 2740del codice civile incentrato sulla responsabilità patrimoniale. Il creditore, quindi, ha interesse sia a ricevere il pagamento ma soprattutto a che il suo debitore eviti di trasferire ad altri i beni del suo patrimonio, depauperandolo, ed a fare in modo che quest’ultimo eserciti tutte le azioni che gli spettino per tutelare il patrimonio, cioè che in pratica si adoperi per riscuotere ad esempio dei crediti che vanta nei confronti di terzi.

Azione Surrogatoria: in cosa consiste nel concreto?

Il debitore, per inerzia o per altri motivi, potrebbe non adoperarsi al meglio per salvaguardare il suo patrimonio trascurandolo. Potrebbe, ad esempio, non esercitare le azioni che gli spettano nei confronti dei terzi e, quindi, danneggiare i creditori che vedrebbero ridursi la base da aggredire in caso di mancato pagamento. Ciò, tecnicamente, rappresenta un indebolimento del credito che ha una forza fintanto che dall’altra parte ci sia qualcuno che sia in condizione di poter pagare. Per questo motivo, dunque, la legge prevede all’articolo 2900 del codice civile l’azione surrogatoria.

Il creditore, per salvaguardare i propri affari ed in particolare il proprio credito, può esercitare le azioni ed i diritti che spettano al proprio debitore nei confronti dei terzi e far valere i diritti a contenuto patrimoniali. Non sono esercitabili, però, azioni a contenuto non patrimoniale oppure diritti o azioni che, per la loro stessa natura o in base a quanto espressamente disposto dalla legge, possono essere esercitati soltanto dal titolare. I principali autori della dottrina ritengono che l’azione surrogatoria abbia una funzione conservativo-cautelare perché serve, sostanzialmente, ad assicurarsi che il patrimonio del debitore sia consistente ed idoneo a soddisfare i creditori.
Guida all'azione Surrogatoria e Revocatoria


Azione Revocatoria: come funziona?

Passiamo ora agli articoli articolo 2901 e seguenti che parlano dell’azione revocatoria. Il debitore potrebbe trasferire ad altri il suo patrimonio, al fine di ridurlo volutamente e danneggiare così i creditori ai quali verrebbe a mancare una base da cui attingere. Per esempio Tizio è debitore verso Caio e, per non pagare, decide di donare a Sempronio il suo unico appartamento così da sottrarlo all’esecuzione forzata. L’azione revocatoria interviene in contesti come questo ed ha lo scopo di permettere al giudice di dichiarare inefficaci atti che vadano in questo senso.

L’azione revocatoria, tuttavia, non si può esercitare sempre perché sono necessari due requisiti:
  • eventus damni, cioè il pregiudizio concreto e tangibile che viene ad arrecarsi nei confronti del creditore;
  • consilium fraudis, cioè conoscenza e consapevolezza da parte del debitore del fatto che sta mettendo in essere un atto dal carattere pregiudizievole.
Non finisce qui però. I due presupposti visti sopra sono validi se il trasferimento avviene a titolo gratuito. Se, invece, avviene a titolo oneroso la legge tutela anche il terzo che, magari ignaro, ha pagato un prezzo. In questo caso l’azione revocatoria si può esercitare solo se il terzo era a conoscenza del pregiudizio che si stava arrecando al creditore: la dottrina, al riguardo, parla di partecipatio fraudis del terzo.

L’azione revocatoria, infine, si può proporre anche nell’ipotesi in cui l’atto da revocare sia stato posto in essere ancor prima che sorgesse l’obbligazione da cui deriva il credito. In pratica il debitore, sapendo che avrebbe stipulato un successivo accordo che l’avrebbe esposto, ha ben pensato di liberarsi già dei beni del suo patrimonio svendendoli oppure donandoli fittiziamente: in questo caso, però, bisogna appunto dimostrare che il debitore abbia fatto tutto in maniera consapevole e preordinata e che anche il terzo, se ha acquistato a titolo oneroso, fosse comunque a conoscenza del disegno del debitore.

Vivere e lavorare in Thailandia: burocrazia e costo della vita, trasferirsi è la scelta giusta?

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Trovare lavoro in Italia sembra davvero difficile. Sebbene spesso si senta parlare di ripresa economica, sul piano concreto i risultati sono insoddisfacenti: disoccupazione, licenziamenti, contratti di lavoro atipici ed occasionali e stipendi bassi sono alla base di sentimenti come la frustrazione e il desiderio di partire. Partire e andare dove? Magari in una meta esotica come la Thailandia, dove ricominciare da capo e trovare finalmente la gratificazione lavorativa e personale che il nostro Paese non ci offre da tempo. Prima di fare le valigie, però, conviene sempre riflettere sul proprio progetto: quali sono i passi burocratici per trasferirsi in Thailandia? Quali opportunità ci sono? Qual è il costo della vita?

Da sempre questo bellissimo Paese viene dipinto come un luogo tratteggiato da metropoli immerse nei tropici e circondate da bianche spiagge e un mare caraibico, dove il costo della vita è quasi nullo. Ma è davvero così? In questo articolo vi offriamo una breve guida proprio su questi temi e cercheremo di capire se vivere e lavorare in Thailandia può essere la giusta exit strategy per chi si è rotto le scatole dell'Italia e vuole cambiare vita.

Trasferirsi in Thailandia: burocrazia per soggiorni temporanei

Se state pensando in maniera concreta o anche soltanto in via ipotetica di trasferirvi in questo luogo esotico, allora vi starete di certo domandando come fare con i visti e i permessi. In questo paragrafo trovate tutto quello che dovete sapere per andare a vivere in Thailandia, nota anche come la Terra del Sorriso. Prima di lasciare il proprio luogo natio conviene sempre cercare di mantenere i piedi ben saldi alla realtà e immaginare tutti gli scenari che si potranno incontrare: la meta che stiamo considerando è molto diversa dall’Italia sia per il clima e i paesaggi che per la cultura e le abitudini degli abitanti. 
Trasferirsi in Thailandia

Se davvero siete decisi dovete considerare il modo per trasferirvici in maniera definitiva, poiché l’unico modo per restarvi è lavorare (oppure sposarsi con un cittadino). Altrimenti le permanenze saranno temporanee: per fini turistici è possibile arrivare in Thailandia utilizzando il visto all'arrivo (Voa), un documento che permette di soggiornare per un periodo di 30 giorni senza richiedere altre pratiche e portare a termine altri iter burocratici che potrebbero scoraggiare il turista o fargli perdere tempo. Tale visto può essere prorogato per altri sette giorni presso l'Ufficio di Immigrazione. Chi invece rimane nella Terra del Sorriso per un periodo superiore a quello stabilito dal Visto, al momento dell’uscita dal paese dovrà pagare, presso la Polizia di Frontiera, una penale di 500 baht per ogni giorno in eccesso. Il limite è fissato ai 20,000 Baht altrimenti si rischia l'arresto. Qualora si decidesse invece di rimanere per più di un mese, è necessario richiedere un visto turistico della durata di 60 giorni: questo documento viene rilasciato dall'Ambasciata Thailandese e può essere prorogato per un mese in più recandosi presso l'ufficio di immigrazione e previo pagamento di una tassa pari a 1.900 bath. Se il vostro intento è restare per più di 3 mesi, allora è necessario uscire dalla Thailandia e rientrare in seguito (trucchetto usato da molti turisti e persone che non sono riusciti a ottenere documenti di permanenza maggiore). Questi visti elencati sinora sono quindi temporanei e dunque non premettono di lavorare o aprire un'attività: per fare questo il visto va convertito con un documento Non Immigrant presso l'Ufficio Immigrazione.

Trasferirsi in Thailandia: burocrazia per il visto Non Immigrant

Il visto non Immigrant è rivolto a coloro che desiderano rimanere in Thailandia per più di 60 giorni. Questo documento ha durata di 90 giorni, tuttavia è prorogabile fino ad un anno e viene rilasciato a chi si trasferisce in Thailandia per lavoro. Il Non Immigrant si distingue in più categorie, le più comuni sono quelle di tipo B, BA e O. Chi ha in mente di lavorare in Thailandia ha bisogno di un permesso di lavoro, dunque deve richiedere il Visto Non Immigrant di categoria B, il quale permette di recarsi in questo Paese con un permesso di soggiorno della durata di 3 mesi, al termine dei quali è necessario attraversare una qualsiasi frontiera, per poi rientrare in Thailandia e prorogare l'ingresso per altri 3 mesi. Dunque, questo visto serve come “base” per iniziare ad arrivare alla meta, dove poi bisognerà provvedere a ottenere un permesso più duraturo, onde evitare di dover uscire e rientrare. Se volete lavorare in Thailandia evitando di dover richiedere moduli e documenti dopo l’arrivo (come nel caso del modello di Visto B) serve fare domanda per il Visto categoria BA, il quale permette l'estensione prima dell'arrivo della persona designata al lavoro: viene emesso dall'Ambasciata o dal Consolato secondo le leggi dell'Immigrazione. Infine, vi è l’ultimo tipo di visto, ossia quello di categoria O, il quale viene richiesto normalmente dai familiari dei cittadini stranieri che svolgono attività in Thailandia, da cittadini stranieri sposati con cittadini del luogo, da cittadini stranieri aventi un genitore thai e da cittadini stranieri in pensione intenzionati a vivere in Thailandia: infatti tale visto viene concesso anche ai pensionati over 50, per cui la durata è di 3 mesi. In questo caso viene rilasciato per una sola entrata, durante la quale bisogna richiedere il permesso di soggiorno annuale negli uffici di immigrazione in Thailandia.

Aprire un’attività in Thailandia e ottenere la cittadinanza

Chi invece ha come obiettivo quello di aprire un’attività in Thailandia, deve sapere che per poterlo fare è necessario creare una società che rispetti i minimi salariali del paese di provenienza. In questo caso viene rilasciato un visto Business, per ottenere il quale è però necessaria un’altra condizione, ossia investire almeno 50000 baht. In ogni caso dovete informarvi anche sui lavori che sono proibiti agli stranieri che non abbiano ottenuto la cittadinanza Thailandese, pena anche la prigione. Tra questi lavori troviamo il lavoro manuale e di muratura, l'allevamento di animali, le attività di carpenteria o altri lavori di costruzione, il lavoro del legno per creare sculture, l’attività di autista di qualsiasi mezzo meccanico (escluso il lavoro di pilota di aereo internazionale). Sono vietati ai non cittadini il lavoro di commesso, di barbiere, parrucchiere o trattamenti di bellezza ecc, e la lista continua quindi occhio a quale attività avete intenzione di aprire in Thailandia. 

Come fare per ottenere la cittadinanza e poter avviare l’attività che si desidera? Per poterlo fare è necessario aver lavorato e vissuto in Thailandia per un periodo continuativo non inferiore a 5 anni, oltre a parlare la lingua del posto. Per poter sottoscrivere la richiesta e diventare cittadino il richiedente deve aver ricevuto l’estensione annuale del visto o dei visti successivi Non Immigrant per almeno tre volte consecutive, inoltre bisogna compilare un apposito modulo e fornire una lista di documenti alla Criminal Investigation Division Group. A queste condizioni può esservi rilasciata la cittadinanza, insieme ad un documento di residenza simile alla nostra Carta di Identità.

Costo della vita in Thailandia

Dopo aver effettuato questa analisi sulle condizioni per potersi trasferire in Thailandia passiamo ad affrontare un altro tema molto caro a chi sta pensando di lasciare l’Italia: quanto costa vivere in Thailandia? In realtà è impossibile dare una risposta precisa, tuttavia in linea di massima vivere nella Terra del Sorriso costa tra i 500 e i 1.500 euro al mese a persona. Naturalmente vivere in una città come Bangkok costa molto di più che vivere a Chiang Mai (più piccola della capitale). Invece vivere in una cittadina di provincia come Tak porta ad una netta riduzione dei costi. 

Per entrare più nel dettaglio facciamo un esempio di spese che si devono sostenere a Bangkok, anche se è la città più cara. Qui con 150-300 euro è possibile affittare un monolocale dignitoso, le cui dimensioni rapportate al prezzo cambieranno a seconda della centralità o della collocazione in periferia del locale stesso. Per quanto riguarda i pasti, un piatto veloce alle bancarelle può costare da 1 a 3 euro, mentre i ristoranti in centro possono costare intorno ai 5-12 euro, fino a 30 euro nei ristoranti più chic. La spesa conviene farla al mercato invece che al supermercato, in quanto i prezzi sono più bassi. Invece, per quanto riguarda i trasporti, è possibile evitare di avere l’automobile in quanto i trasporti non sono troppo costosi. Il taxi costa pochi euro (1 euro per più di 30 km) e gli autobus servono bene le cittadine. Esiste una rete di traghetti e un servizio di metropolitana che costano circa 1 euro a viaggio. Anche spostarsi da una città all’altra con treni, pullman e anche aerei low cost è molto conveniente. Infine ecco l’ultimo tema da valutare quando si organizza un trasferimento: l’assicurazione sanitaria. Questa va stipulata da ogni soggetto e il premio annuale che dovrete corrispondere corrisponde a di 250-1000 euro (ad esempio gli anziani devono pagare un’assicurazione più alta che una persona di 30 anni).

Chiudiamo questo paragrafo ricordandovi che lo stile di vita "italiano" o comunque occidentale potrebbe spesso non coincidere con quello del posto e, pertanto, cose che qui costano tanto potrebbero costare poco altrove o, viceversa, servizi che qui consideriamo come "normali" potrebbero costare tanto. Vivere all'esteroè prima di tutto una scelta di vita: se andate così lontano cercate comunque alla lunga di adeguarvi e non limitarvi a riprodurre le medesime abitudini di casa vostra.

Conclusioni: trasferirsi in Thailandia conviene?

Rispetto all’Italia la vita nella Terra dei Sorrisi ha un costo minore tuttavia la leggenda che narra che in questo luogo sia possibile vivere con pochissimi euro non è vera: difficilmente si può vivere dignitosamente a Bangkok o nelle altre cittadine più grandi con meno di 500-600 euro al mese (6000-7500 annui), specie se si vuole continuare a mantenere uno stile di vita "europeo". 

Inoltre, come specificato in apertura, vi sono delle differenze culturali e delle situazioni politico sociali di cui non siamo a conoscenza: se ce lo si può permettere è meglio provare a vivere temporaneamente in questo luogo, approfittando dei viti turistici, così da capire cosa significa vivere in questo Paese, quanto costa la vita e se è davvero la decisione che fa per voi. Anche se state per andare in pensione e state programmando un futuro da pensionati, potrebbe non sempre essere la scelta giusta, specie se cercate tranquillità e possibilità di relax. Se, invece, siete nel pieno dell'età e volete mettervi in proprio, a maggior ragione vi conviene prendere cognizione della nuova realtà prima di calarvici definitivamente.

Trading online: opinioni e consigli pratici, tutta la verità

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Torniamo a parlare di trading online su Affari Miei: si tratta di un argomento che divide molto gli utenti, in quanto alle opinioni circa la sua effettiva capacità di portare veramente dei guadagni a chi decide di cimentarvisi. Molti di voi cercano consigli pratici per guadagnare subito, sebbene a nostro avviso ciò è davvero molto difficile perché costruirsi un guadagno, come ogni attività intellettuale che si rispetti, richiede tempo, dedizione e capacità.

Inutile girarci intorno: certe cose non sono per tutti, le persone hanno capacità di apprendimento diverse e predisposizioni differenti. Ovviamente, ciò non significa che chi non è in grado di operare nel trading online sia stupido, anzi: probabilmente ha delle qualità spiccate in altri ambiti dove riesce a eccellere.

Chi scrive, per scelta, non tratta quasi mai questo argomento perché ritiene di non avere abbastanza competenze per poter fornire una guida completa ai lettori. Non è un caso, del resto, che il blog promuove ufficialmente due guide legate alla gestione del risparmio in maniera “sicura” (no borsa e simili) e all’ottimizzazione delle proprie uscite mensili.

Ciò nonostante, visto l’aumento della richiesta anche in privato di domande su questo argomento, abbiamo deciso di scrivere questo articolo sul trading online avvalendoci della preziosa collaborazione di Patrizio Messina, fondatore del portale comeinvestiresoldi.it con tanti anni di esperienza alle spalle in materia. E' autore di moltissimi scritti tra cui questa guida sul trading online ed abbiamo, così, deciso di porgli alcune domande, al fine di ottenere risposte chiare e facili per chi vuole approcciarsi alla materia.
Guida al trading online


Salve Patrizio, grazie per aver accettato l’intervista. Noi di Affari Miei siamo senza peli sulla lingua, quindi evitiamo di girarci intorno: è davvero possibile guadagnare con il trading online in poco tempo?
Con il trading online si può sicuramente guadagnare e anche bene. Tuttavia, bisogna un po’ capire che cosa si intende per “poco tempo”. Se per guadagnare in poco tempo intendiamo che oggi inizio a studiare come fare trading e dopodomani divento perfettamente operativo, allora la risposta è no! Non si può guadagnare in così poco tempo.

Se, invece, per poco tempo intendiamo qualche mese di studio ed esercizio, allora sì! È possibile iniziare a guadagnare in poco tempo. Voglio approfondire un po’ la mia risposta, perché è molto importante che i lettori del vostro blog capiscano dei concetti fondamentali sul trading.

Il trading online non è altro che un’attività economica che consiste nell’applicare una serie di tecniche nel modo e nel momento giusto. E’ un po’ come alcuni sport dove per vincere si applicano tecniche ben specifiche, studiate per superare i vari ostacoli che si presentano durante la competizione.

Se le tecniche sono applicate alla perfezione, il trading va per il verso giusto e quindi si guadagna nel tempo. Se, invece, si sbagliano i tempi, si interpretano male i segnali del mercato, si tergiversa o si tentenna, i trade andranno di conseguenza male e si perderanno i soldi.

Per apprendere le tecniche sportive gli istruttori le fanno ripetere fino alla nausea, in modo che poi l’atleta si troverà ad applicarle come un riflesso condizionato senza dover pensare “ora devo fare questo in questo modo, aspetto che mette il piede così eccetera”. Nelle attività di trading è la stessa cosa!

Bisogna apprendere le tecniche e poi provarle e riprovarle fino a quando queste non diventano un automatismo e vengano applicate come un riflesso condizionato. Ovviamente, per provare e riprovare occorre tutto un periodo in cui si “lavorerà” di simulazione, grazie ad alcune piattaforme che permettono di fare trading con soldi virtuali.

Questo periodo di simulazione dipende dalla velocità con cui intendiamo fare trading online. Se ci si accontenta di fare l’investitore “cassettista”, cioè quello che cerca di comprare nei minimi di un ciclo economico e che poi tiene i titoli in portafoglio per anni ed anni aspettando i massimi, si può diventare operativi in un mese o due. Questo perché gli ampi tempi a disposizione, per pensare alla mossa successiva, permettono di non dover sviluppare eccessivamente il proprio riflesso condizionato.

Se però si vuole diventare sempre più speculativi, fino ad arrivare alle attività di “scalping”, cioè di investimento mordi e fuggi con forti leve economiche, alora i tempi per riflettere si azzerano e occorre essere tempestivi e per tale motivo si va avanti tutto di riflesso condizionato. Per questo tipo di trading occorre allenarsi anche per 6 mesi o più, per ogni tipologia di investimento in cui ci si vuole cimentare!

Quali sono i requisiti che Lei ritiene essenziali per approcciarsi a questa attività?
I requisiti necessari per fare bene trading online sono tutti di carattere mentale. Occorre avere un certo self control e la capacità di non farsi trasportare troppo della emozioni. Siccome quando investiamo andiamo a impegnare una parte dei nostri risparmi messi da parte col sudore della fronte, è logico che andiamo a subire una certa tensione quando vediamo muoversi il grafico delle quotazioni.

Vedere i propri titoli scendere o salire può far provare forte emozioni, che vanno dall'euforia al totale sconforto, passando per il panico, l'ansia o l’eccitazione. Sono gli stessi stati d’animo che passano i giocatori d'azzardo!

Ora, se non si è psichicamente stabili, si può rischiare di entrare nella dipendenza da trading. E’ per tanto necessario riuscire a operare con un certo distacco emotivo. A parte ciò, per fare trading in modo profittevole non servono titoli di studio altisonanti o roba simile. Basta saper interpretare i grafici di borsa, saper far di conto e non essere cocciuti come dei muli.
Opinioni sul trading online


In rete si trova di tutto: siti web, info-prodotti, corsi di ogni tipo. Considerando che la formazione è essenziale per intraprendere quella che, siamo d’accordo entrambi, è una vera e propria attività professionale, come può fare un normale cittadino a corto di nozioni finanziarie a distinguere chi vende fumo da chi invece vende competenza?

Buona norma per capire, in qualunque settore se siamo davanti a un venditore di fumo, è sicuramente quella di notare se è troppo bello per essere vero! I venditori di fumo li individui immediatamente perché sono quelli che, in base al campo in cui “operano”, vendono il metodo miracoloso per fare..., la pillola magica che..., la cosa che “nessuno” ha ancora notato... e così via.

C’è una pubblicità, che mi fa veramente girare le scatole ogni volta che mi appare invasivamente sullo schermo del PC, che dice che questo tizio ha guadagnato più di 600 euro in un quarto d’ora grazie agli investimenti. La pubblicità cambia in base alla mode passeggere: prima era con i casinò online, poi diventò con le azioni, poi con il forex, ultimamente con le opzioni binarie...

Potrebbe anche essere vero che questo tizio una volta ha guadagnato 600 e passa euro in 15 minuti, anche a me un paio di volte è capitato, ma dubito fortemente che possa garantirti lo stesso guadagno!

Infatti, quando io guadagnai una volta 550 euro in una decina di minuti, questi erano il risultato di una settimana di analisi su un trade da fare, dove dovetti aspettare che tutti gli indicatori si “allineassero” nel modo giusto e poi, con una zampata, in 10 minuti portai a casa i soldi. Ma stiamo parlando di un’operazione durata 1 settimana in cui ho comunque investito 2.500 euro con una leva a 80...

Se io vi proponessi un corso in cui affermo che in 10 minuti vi faccio guadagnare 550 euro, vi starei vendendo del fumo! Questo perché, anche se è vero che una paio di volte mi è riuscita questa cosa, in realtà non è vero che si guadagnano quei soldi in 10 minuti.

Ma vi venderei fumo anche se dicessi che con una settimana e 2.500 euro vi faccio guadagnare 550 euro, questo perché le settimane sono tutte diverse fra loro. Spessissimo mi capita di guadagnare molto in una settimana con diversi trade positivi effettuati e magari poi non si trovano occasioni valide per due o tre settimane di fila. Per tale motivo chi vende formazione valida non promette mai un risultato certo in termini numerici. Non può farlo perché non c’è modo di conoscere il futuro.

L’unica cosa che può fare è insegnarvi dei metodi e delle tecniche che, se applicati correttamente, hanno una probabilità statistica di uscire in attivo per ogni operazione, maggiori di quelle di uscire in passivo. Poi, quanto guadagnate nel tempo dipende solo ed esclusivamente da chi applica il metodo, da quanto tempo gli dedica, da quanto bravo è ad applicarlo, dalla capacità di reagire in tempi rapidi, dalla capacità di controllare le emozioni, da quanto può investirci e infine anche dalla fortuna.

Il primo metodo per capire se si compra vera formazione è quello di vedere come propone ciò che l’autore vende. Se sembra fare l'imbonitore probabilmente lo è. Ulteriore metodo per controllare se si è in presenza di vera formazione, è quella di vedere le attività dell’autore. Chi non fa l’imbonitore in genere da tantissime informazioni gratuitamente, a disposizione di chiunque voglia leggerle.

Molti come me hanno un blog pieno di articoli, altri registrano video per YouTube, altri ancora distribuiscono degli ebook gratuiti eccetera. Chi fa vera formazione cede volentieri un sacco di informazioni valide gratuitamente, perché sa tante cose e non è interessato a monetizzare da ogni cosa che sa e spesso lo fa pure per hobby.

Chi vende fumo sa una cosa a stento, oppure niente proprio, e l’unica cosa che trovate sull’autore sono le pagine di vendita del prodotto più o meno camuffate. Quindi basta un po’ di spirito di osservazione, per intuire immediatamente chi vende formazione valida da chi non lo fa.Il trading online è rischioso? E’ vero che si bruciano soldi come niente?
Il trading è rischioso così come lo è attraversare la strada. Da piccoli la mamma ci insegna che, se dobbiamo attraversare la strada, occorre guardare prima a sinistra e poi a destra per vedere se non c’è nessuno, e quando siamo sicuri possiamo scendere dal marciapiede e poi attraversare. E’ un’operazione che effettuiamo migliaia di volte all’anno e in genere ne usciamo sani e salvi.

Fare trading online è la stessa cosa. Devi guardare i grafici, riconoscere le situazioni e i pericoli e poi affrontare il mercato con le famose tecniche che si devono apprendere. Se si sta attenti, a fine anno saremo vivi e vegeti e con più soldi di prima. Se invece ci buttiamo a caso, così come se ci mettessimo ad attraversare la strada a occhi bendati, difficilmente rimarremmo a lungo incolumi...

Quindi sì, il trading in sé è per sé può essere molto rischioso se si affronta alla cieca, ne più e ne meno che giocare alla roulette, con il rischio di bruciare un sacco di soldi. Se invece sai cosa fare, i rischi si riducono moltissimo e diventano paragonabili a quelli di svolgere una normale attività professionale.

Posso cimentarmi nel trading online anche se ho un lavoro a tempo pieno? Quanto tempo al giorno dovrei dedicarci per ottenere dei risultati concreti?
Certamente si può fare trading anche se si ha un lavoro a tempo pieno, tuttavia la tua operatività sarà limitata a particolari strategie che assorbono pochissimo tempo.

Se ad esempio ti specializzi negli investimenti di lungo periodo, quelli che per intenderci vanno dai 3 o 4 anni fino anche ai 7 o 8 anni (in base alla durata del ciclo economico), il tempo da dedicare giornalmente a questa attività sarà di circa 10/15 minuti che puoi fare anche quando la Borsa è chiusa. Si tratta di un’attività di controllo che tutto proceda come previsto, in cui piazzi gli stop loss e cose di questo genere. In pratica si lavora sui grafici con degli indicatori.

L’unico momento in cui assorbe più tempo è quando si arriva nei punti di svolta del mercato in cui dobbiamo aprire o chiudere la posizione e magari dobbiamo fare controlli via via più approfonditi e ciò assorbe anche un paio d’ore al giorno per qualche settimana.

E' anche vero che questo tipo di strategia comporta delle rese basse, che difficilmente supereranno il 10/15% annui. Se invece vuoi guadagnare di più, allora devi puntare su archi temporali più ristretti, come gli investimenti trimestrali, mensili, settimanali, eccetera.

Il ciclo trimestrale è quello che uso più di frequente e permette di sfruttare delle escursioni di 10/15% fra il minimo e il massimo del ciclo. Sfruttando anche solo metà dell'escursione e utilizzando un investimento con una leva bassa (a due o a tre), si possono portare a casa anche il 20% a trimestre.

Ovvio che questo maggior guadagno deriva da un maggior lavoro. Negli investimenti di medio termine occorre impegnare almeno un’ora al giorno per i controlli di routine, oltre che 2 o 3 ore al giorno nei giorni che precedono le svolte del mercato.
Se andiamo a confrontare il tempo dedicato a questo tipo di arco temporale, rispetto a quello del cassettista di lungo periodo, è facile calcolare che si impiega oltre il quadruplo del tempo in questa attività.

Man mano che punti a guadagni superiori, maggiore sarà il tempo che devi dedicarci. Chi vuole investire nell’intraday per guadagnarsi uno stipendio, avendo a disposizioni capitali ridotti, dovrà barattare il suo tempo in cambio del ricavo. In pratica deve lavorare durante tutta la giornata di Borsa come fosse un dipendente.
Quindi, più che domandare quanto tempo si deve impiegare per intraprendere l’attività di trading online, sarebbe meglio partire dal presupposto contrario: analizza la tua giornata e la tua attività lavorativa e vedi quanto tempo puoi dedicare al trading. In base al tempo che hai disponibile, andrai a investire nell’arco temporale più consono alla tua situazione.

Fare trading online è un’attività etica? Ho sentito dire che, se stai guadagnando soldi, li Stai sicuramente togliendo a un altro...
Ritengo che sia un’attività etica per un semplice motivo: quando fai trading aiuti l'economia. Le aziende non si quotano in borsa per fare un piacere agli investitori, ma perché necessitano di capitali per l’espansione delle proprie attività. Ogni azienda per ricevere capitali può puntare su 3 strade differenti: chiedere un prestito, emettere dei titoli obbligazionari, cedere una parte di se stessa.

I titoli azionari sono il modo di praticare la terza via. Quando compri le azioni di un’azienda che entra nel mercato, la stai in pratica finanziando diventando socio.

In un secondo momento, quando compri e vendi le azioni permetti agli altri di poter vendere e comprare i titoli. Se non si potesse speculare sui titoli il mercato non sarebbe più liquido, chi investirebbe in un’impresa si ritroverebbe con i capitali murati vivi, questo renderebbe gli investimenti troppo rischiosi e alla fine nessuno finanzierebbe più le imprese.

Quando partecipi agli investimenti, a qualunque livello, dal cassettista allo scalper, stai investendo o permettendo agli altri di investire sulla crescita economica delle imprese e dell’economia. Questo produce utili, merci e posti di lavoro. Quindi si tratta di un’attività etica nonché fondamentale.

Per quanto riguarda il pensiero successivo, devi sapere che questa considerazione, se pur vera nel brevissimo periodo, è in realtà una legenda metropolitana quando ci spostiamo nel lungo periodo. La borsa non è, come pensano tutti, un’attività a somma zero!

In borsa c’è la quotazione di tutta l’economia del mondo, quindi in buona sostanza tutti i soldi del pianeta. L’economia mondiale, a parte qualche raro caso durato brevi periodi, è sempre andata in crescendo e quindi ha generato ricchezze crescenti. La borsa è quindi un “gioco” a somma positiva, perciò i soldi guadagnati da X non devono per forza essere persi da Y ma potrebbero essere semplicemente una nuova emissione.

Quindi nel breve periodo, cioè nello scambio giornaliero o comunque nel breve periodo, il gioco potrebbe sembrare a somma zero con i soldi che si spostano dalla tasca di Tizio a quella di Caio, ma nel lungo periodo la somma degli attivi supera quella dei passivi. Se non fosse così, nessun investitore istituzionale impiegherebbe i suoi soldi in borsa...

Sento spesso parlare di piattaforme di trading per poter svolgere questo genere di attività. E’ davvero necessario servirsi di queste piattaforme, oppure se ne può fare a meno? Nel qual caso si decidesse di farne uso, come fare a scegliere quella più adatta alle proprie esigenze?
Migliori piattaforme di trading
Dipende dal tipo di investimenti che si vuole fare e dagli archi temporali che si vogliono sfruttare. Se si investe dal ciclo trimestrale in su, si può tranquillamente utilizzare un normale conto corrente bancario online con il dossier titoli aperto. Io ad esempio ho un conto corrente della Mediolanum e uno della Unicredit e investo in azioni comprando semplicemente i titoli o gli etf.

Se invece si vuole investire in archi temporali più brevi, utilizzando leve, oppure in mercati come quello delle valute o delle commodities, allora in questo caso occorre utilizzare una piattaforma apposita e non il normale conto corrente bancario.

Io ne utilizzo uno basico ma molto efficiente e intuitivo che si chiama Plus 500, ma ne esistono molti altri come Oanda, Avatrade, eccetera. Alcuni permettono di investire su tutti i tipi di prodotti finanziari, altri sono specializzati solo sul forex o solo su opzioni binarie e così via.

Non esiste la piattaforma giusta per tutte le occasioni. Intanto devi controllare quelle regolarmente iscritte all’italiana CONSOB, per essere sicuro che non prendi qualche fregatura. Poi devi vedere in quale tipo di investimento ti vuoi specializzare e quindi scegliere la piattaforma che fornisce le condizioni migliori in base a ciò che vuoi tradare.

Utile controllare la funzione di calcolo delle plusvalenze e minusvalenze, per poi effettuare facilmente il calcolo delle imposte. Le piattaforme in genere non pagano il capital gain allo Stato, ma ti danno i ricavi lordi e poi tu devi calarli nella dichiarazione dei redditi. Se invece usi il normale conto corrente italiano il capital gain lo girano loro stessi allo Stato.

Una cosa che non deve assolutamente mancare è il sistema di trading simulato, detto anche demo, da usare per allenarti e fare pratica. Poi è consigliabile avere una piattaforma intuitiva e con la possibilità di settare i grafici nel modo ottimale. Quello che consiglio è di provarle in demo tutte, fino a quando trovi quella che giudicherai migliore per le tue specifiche esigenze

Quand’è che bisognerebbe comprare o vendere le azioni? Come posso fare per tenermi aggiornato in tal senso?
Le azioni si comprano o si vendono quando siamo in presenza di una svolta del mercato. Cosa significa? Significa che è cambiato il verso delle quotazioni. Comprerai azioni nel momento in cui il mercato finisce un trend ribassista e ne inizia uno rialzista. Viceversa venderai i titoli quando finisce un trend rialzista e ne inizia uno ribassista.

Per capire quando il mercato svolta, utilizzerai degli indicatori opportunamente settati per mettere in evidenza queste fasi. Non avrai mai il 100% di sicurezza in quanto capitano anche i falsi segnali, tuttavia un trading system fatto bene ti darà almeno il 75% di probabilità a favore il che significa che indovinerai tre volte su quattro.

Quando indovini lasci scorrere le quotazioni fino al nuovo punto di svolta, quando sbagli fissi un punto di uscita per limitare le perdite. Se fai questo bene, allora di sicuro grazie al trading online guadagnerai soldi nel corso del tempo.

Per ricavare le informazioni e tenerti aggiornato, si possono leggere diversi giornali e siti di settore. Si va dal classico Sole 24 Ore ai blog o siti tematici facilmente reperibili online, come per esempio Yahoo finanza. Questo almeno per conoscere i dati macroeconomici e le analisi del settore. Invece per quanto riguarda le quotazioni dei singoli titoli, puoi benissimo utilizzare le piattaforme di investimento in modalità demo.

Ringraziamo Patrizio Messina per il prezioso contributo che ha voluto offrirci: grazie al suo intervento siamo riusciti a mettere giù diversi temi che abbiamo finora sviluppato poco su queste pagine. La speranza è che questa lunga analisi possa essere di aiuto a chi vuole cimentarsi nel settore in maniera redditizia e con la maturità giusta che esso richiede.

Investire all’estero: migliori Paesi in cui andare ad aprire un'attività

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Voglio aprire un’attività all’estero, ma dove?Investire in Paesi stranieri può essere un rischio che, se ben ponderato, può portare a buoni risultati. Avviare un business di successo, però, non è mai una cosa facile e vanno valutati tutti i presupposti prima di aprire in una realtà di cui si conosce poco o niente. Prima di guardare ai parametri economici, infatti, vale la pena scegliere con attenzione la nazione in cui ci si vuole trasferire per investire denaro e provare a fare soldi, migliorando la propria condizione. Grande città? Piccolo centro? Non esiste una ricetta scontata, però si possono ascoltare buoni consigli scritti generali validi un po' per tutte le iniziative che si intende intraprendere.

Se siete giunti per la prima volta su Affari Miei, potreste trovare interessante la lettura delle sezioni Idee Imprenditoriali e Lavoro e Formazione in cui cerchiamo di dare consigli a tutti coloro che vogliono mettersi in proprio o imparare un mestiere redditizio. Lo spazio dedicato a chi vuole trasferirsi all'estero, poi, fornisce opinioni su alcune mete particolarmente in voga per gli italiani che meditano l'espatrio in questo difficile momento per la nostra economia. Nonostante i proclami della poltica, infatti, per noi comuni cittadini non sempre le cose vanno alla grande e, in un mondo globalizzato come quello attuale, guardarsi intorno diventa molto più che un desiderio destinato a restare tale.
Se siete interessati al tema, vi suggeriamo di approfondire con questa risorsa: Cambiare vita e trasferirsi all’estero: dove conviene andare? Guida per l’espatrio 

Dove aprire un’attività redditizia?

Avviare attività all'estero, dove aprire nuovo business
Calma, calma. Partiamo con il dire che un qualsiasi business non può prescindere dal territorio in cui è insediato: prima di fare impresa e aprire un'attivitàè necessario conoscere un posto, la mentalità della gente, vizi e virtù di quelli che possono essere i potenziali clienti. Non basta credere, come fanno in molti, che parametri tipo costo della vita basso e tassazione non elevata come in Italia possano da soli assicurare il successo e permettere a chiunque di diventare ricco. Quante persone, dopo qualche anno, sono clamorosamente rimbalzate? Aprire un’attività è un rischio in ogni posto del mondo. Assicuratevi, dunque, di conoscere almeno per sommi capi la città in cui avete intenzione di trasferirvi per diventare imprenditori. Se non ci siete mai stati, investite qualche migliaio di euro per viverci qualche mese da osservatori: in loco potrebbero sorgere idee ancora migliori.

I migliori Paesi dove avviare un business di successo

Fatte le dovute premesse, parliamo adesso di economia vera e propria. La Banca Mondiale ha recentemente stilato una classifica che elenca i 10 migliori Paesi dove conviene investire. Il punteggio è stato calcolato mediante una serie di parametri: tempi per aprire e per allacciare le utenze, tempi della giustizia nel far rispettare i contratti, modalità per avviare e concludere un rapporto lavorativo. Dal rapporto annuale denominato “Doing Business” emerge che la nuova frontiera per gli imprenditori non si trova in Europa: i primi tre posti della top ten, infatti, sono occupati da Singapore, Nuova Zelanda e Hong Kong. Primo Paese europeo è la Danimarca, seguita dalla Norvegia (quinta), dal Regno Unito (settimo) e dalla Finlandia (ottava).
Ecco la classifica completa:
  1. Singapore
  2. Nuova Zelanda
  3. Hong Kong
  4. Danimarca
  5. Corea del Sud
  6. Norvegia
  7. Stati Uniti
  8. Gran Bretagna
  9. Finlandia
  10. Australia
Ovviamente si tratta di aspetti statistici che però vale la pena di tenere seriamente in considerazione: partire alla sprovvista, in molti casi, obbliga a pesanti aggiustamenti in corso d’opera che possono portare al naufragio del sogno in pochissimo tempo.

Ulteriori consigli per investire all'estero

Rinnoviamo questa pagina grazie alla crescita dei contenuti sul portale che ospita moltissime guide per gli interessati all'argomento. Prima di andare via, vi invitiamo a leggere altri articoli che potrebbero interessarvi come:

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Vivere nelle Filippine: trasferirsi per lavorare o mettersi in proprio?

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State pensando di vivere e lavorare alle Filippine per cambiare radicalmente vita? Mollare tutto e trasferirsi all’esteroè un’alternativa che attira sempre più persone, soprattutto tra i più giovani e coloro che faticano a trovare un impiego. Le mete desiderate sono veramente tante e varie, soprattutto perchè ormai l'espatrio sta diventando più che un mero proposito da considerare come ultima spiaggia. Nell’articolo che state leggendo troverete qualche consiglio sulla vita proprio alle Filippine e alcune indicazioni su cosa ci si può aspettare da questo Paese. Quanto costa la vita? Quali opportunità di lavoro offre? Quali pratiche burocratiche sono richieste per il trasferimento? Lo vediamo nei prossimi paragrafi.

Isole Filippine: un po’ di notizie

Le Filippine sono situate nel sud-est asiatico e rappresentano il secondo più grande arcipelago del mondo: sono costituite infatti da oltre 7000 isole, molte delle quali disabitate e considerate dei veri e propri paradisi naturali incontaminati. La ricca vegetazione di palme tropicali, le spiagge incantevoli e i mari limpidi e caldi sono alcune delle motivazioni per cui in molti immaginano la propria eventuale vita all’estero proprio in questo paradiso terrestre. In seguito alla colonizzazione spagnola e grazie ai collegamenti con Giappone e Cina, il popolo filippino è stato arricchito di influenze straniere che rendono il patrimonio variegato e stimolante. Gli abitanti sono circa 100 milioni e, per quanto riguarda le numerose isole, soltanto circa 3000 risultano abitate. La capitale è Manila (13 milioni di abitanti), la moneta in vigore è il peso filippino: 50 peso valgono circa un euro. Le lingue che troverete nelle Filippine sono il tagalog e il visaya, tuttavia l’inglese torna molto utile se volete trasferirvi qui. Lo spagnolo e l’arabo pur non essendo ufficiali, sono comunque parlate da buona parte della popolazione. Per ciò che riguarda la sede da scegliere per il trasferimento, moltissimi stranieri prediligono la capitale, centro molto attivo e vivo, tuttavia sono in molti a decidere di trasferirsi lavorare anche in altre città medio-grandi delle Filippine, come Marikina, Makati, Bacold, Davao, Cebu, Puerto Princesa, Baguio, Quezon e Zamboanga.

Costo nella vita nelle Filippine

Dopo avervi fatto un rapido quadro generale sulla cultura e sulle città più grandi in cui gli stranieri preferiscono vivere, ora passiamo ad analizzare il costo della vita nelle Filippine, argomento che preme a chi sta ponderando di trasferirvisi. Di quanto denaro si ha bisogno per vivere in questo bellissimo arcipelago e nelle sue città? Per avere uno stile di vita soddisfacente è sufficiente, secondo gran parte delle fonti reperibili sul web, guadagnare circa 500 euro al mese (30.000 peso filippini). Qualora si riuscissero a guadagnare 800/900 euro si potrebbe vivere in maniera davvero considerevole, in un appartamento grande e con la possibilità di dedicarsi ai parecchi svaghi che offrono le città (oltre a pagare tranquillamente le spese minime necessarie): ciò soprattutto se si prende come riferimento una città più piccola di Manila, come Cebu, che presenta un discreto numero di italiani. Continuando a considerare Cebu, che è una buona via di mezzo tra l’economicità delle zone periferiche e il comfort delle città metropolitane, per quanto riguarda il costo della ristorazione e i ristoranti la scelta è molto ampia. I locali più economici si possono trovare nei centri commerciali come Ayala mall, SM mall, Robinson mall, J mall e così via: ad esempio proprio nel centro commerciale Ayala mall esistono molti ristoranti in cui poter mangiare, tra i quali si possono selezionare quelli con listini più o meno economici (tenete presente che il massimo della spesa per pasto è di circa 1000 peso, ossia 20 euro a persona). Oltre ai ristoranti è possibile anche mangiare servendosi ai Food Choise, ossia bancarelle ambulanti in cui si possono acquistare svariati alimenti per pochi peso (200/300 peso = 4/6 euro circa). Oltre ai ristoranti nei supermercati è possibile recarsi in quelli che si trovano nelle vie di Cebu, dove si può mangiare con soli 500 peso (10 euro circa). I ristoranti italiani sono più cari: circa 700/900 peso ( 14/18 euro circa ) per un pasto completo, mentre in quelli filippini si risparmia notevolmente, se si tiene presente che con 3 euro circa si fa un pasto completo. 
Trasferirsi alle Filippine

Naturalmente, se avete intenzione di vivere alle Filippine non potete mangiare nei locali ogni giorno, ma dovrete fare la spesa, tuttavia vi abbiamo già anticipato che con 500 euro mensili si può fare una spesa abbondante e vivere bene pagando tutte le spese. Per quanto riguarda il divertimento, il prezzo che spesso si può pagare in un locale nelle serate con gli amici oscilla tra i 60 e i 120 peso, tuttavia non è raro trovare prezzi più bassi nei bar e nelle discoteche che si trovano centri commerciali. Esatto, questi grandi centri commerciali offrono qualunque cosa, dagli alimenti, ai vestiti, ai ristoranti, allo svago.

Come trovare lavoro nelle Filippine?

Trovare un lavoro può non essere semplice, ma non è impossibile, purchè ci si affidi ai canali giusti. Il vantaggio è che per mandare curriculum e rispondere alle offerte di lavoro è sufficiente collegarsi ad internet, come da noi, sfruttando i siti di lavoro più noti, a partire da Ihg job. Gli annunci più frequenti e le posizioni più ricercate sono legate alle aree finanziarie e economiche ed è importante parlare l’inglese. Tuttavia si possono trovare anche offerte di lavoro legate al turismo e alla ristorazione. 

Non ultima, va considerata l’opportunità di mettersi in proprio: molte testimonianze e opinioni di chi scrive sul web raccontando la propria esperienza alle Filippine riguarda la capacità di reinventarsi. Alcuni italiani hanno aperto un business dedicato ai compatrioti (e non solo) che vogliono trasferirsi a Manila o in una delle isole dell’arcipelago e che necessitano di supporto per gli iter burocratici e la ricerca di un lavoro. Altrimenti in queste infinite isole perchè non aprire un resort, un bed and breakfast o un altro servizio rivolto ai turisti? Considerate attentamente la concorrenza in modo da essere certi di aprire la vostra impresa in un luogo in cui il servizio non è offerto o in cui servirebbe manforte. Se poi lavorate sul web e potete offrire le vostre competenze da remoto, potrete tranquillamente continuare a farlo, considerando che quello che guadagnate in euro e che in Italia può essere una miseria, nelle Filippine può costituire una miniera d’oro, poiché, vi ricordiamo, con 500 euro è possibile vivere dignitosamente.

Visto e permesso di soggiorno per le Filippine

Vi consigliamo, come sempre e sperando che voi possiate permettervelo, di fare un sopralluogo nella località prescelta come possibile base per il futuro. Questo sopralluogo è sempre utile per capire se la zona è adatta alla propria aspettativa, può servire a farsi un’idea sui prezzi delle case, sull’offerta di lavoro e sullo stile di vita che si andrebbe a condurre. Tenete presente che per recarsi alle Filippine, per coloro che vogliono restare per un periodo minore di ventuno giorni (per una vacanza o per motivi di affari) non è richiesto alcun visto particolare: ciò perché per tutti i cittadini dell’Unione Europea hanno garantita l’entrata gratuita in territorio filippino. Unica richiesta naturalmente è inerente al possesso di un passaporto valido e di un biglietto aereo che attesti il vostro ritorno in patria. Questo tipo di visto temporaneo è comunque prorogabile ogni due mesi, previo pagamento di determinate cifre (la somma di queste cifre si trova sul sito dell’Ufficio Immigrazione delle Filippine): il massimo concesso per questi rinnovi è di un anno. 

Chi, invece, ha intenzione di recarsi nelle Filippine per un periodo superiore ai ventuno giorni per motivi di studio, lavoro, imprenditoria eccetera deve richiedere un altro tipo di Visto già prima di partire dall’Italia: il governo delle Filippine non concede visti temporanei che siano superiori ai ventuno giorni di “free entry”. I visti previsti per soggiorni più duraturi possono essere lo Special Investor’s Resident Visa, che concede l’opportunità di risiedere nelle Filippine qualora siano stati fatti determinati investimenti oppure siano stati offerti servizi ritenuti indispensabili per la gestione, il funzionamento o il controllo di imprese locali. L’Ambasciata Italianaè l’autorità competente per il rilascio di questo visto. 
Conviene trasferirsi alle Filippine?

Il secondo tipo di permesso è rappresentato dallo Student Visa, ossia il visto per gli studenti. Questo è di norma richiesto con la collaborazione dell’istituzione ospitante. Con questo permesso è possibile per tutti gli studenti di età superiore ai diciotto anni di frequentare un istituto di formazione per tutta la durata del corso di studi. Inoltre vi è lo Special Resident Retiree’s Visa, visto che viene rilasciato all’interno del programma di Retirement (pensionamento) del governo filippino. Tale programma permetta agli stranieri con più di cinquanta anni di età e con una pensione mensile di almeno 600 euro di ottenere un visto di residenza permanente con possibilità di effettuare più ingressi nel paese.

L’ultima tipologia di visto è quella relativa a chi ha trovato un lavoro nelle Filippine prima ancora di partire dal suo Paese. In questo caso è il datore di lavoro che si premura di procurare il visto adeguato. Se invece l’aspirante cittadino filippino non avesse ancora trovato un lavoro, allora deve rivolgersi alle Autorità competenti per ottenere un visto AEP (Alien Employemente Permit) che permette di cercare lavoro e svolgere una professione nelle Filippine da stranieri. Tale permesso ha la durata di un anno ed è preceduto dall’ottenimento di un altro tipo di visto, un AEP provvisorio, che viene assegnato in attesa dell’approvazione del visto di lavoro AEP standard. La documentazione è consultabile sul web, sul sito dell’Ufficio Immigrazione Filippino, ma può essere inviata anche dall’Ambasciata Italiana.

Conclusioni: vivere nelle Filippine è la scelta giusta?

Se avete intenzione di trasferirvi in questo arcipelago esotico, come sempre, vi consigliamo di informarvi sulle reali opportunità che potrete sfruttare. Il rischio per coloro che mollano tutto e si trasferiscono all’estero è quello di restare delusi, non trovare un lavoro come si sperava e dover tornare in Italia, magari dopo aver perso un bel gruzzolo. 

Non agite in maniera avventata, come suggeriamo sempre nelle nostre guide sul trasferimento all'estero: le Filippine (e non solo) hanno molto da offrire ma i risultati possono arrivare soltanto sulla base della vostra organizzazione e della vostra inventiva. Sfruttate la possibilità di informarvi offerta dal web in modo da essere preparati e, se potete, recatevi in loco per testare la compatibilità del Paese con le vostre aspirazioni.

Assicurazione neopatentati: legge Bersani e metodi per risparmiare

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Una delle spese che più gravano sulle teste degli italiani è senz'altro quella dell'assicurazione auto obbligatoria. Se alla guida vi è inoltre un giovane neopatentato allora i prezzi possono diventare davvero proibitivi ed esagerati. Nel caso in cui, infatti, non sia possibile applicare la famosa Legge Bersani il rincaro può essere anche del 300% rispetto al costo della polizza di un normale guidatore adulto.

Districarsi da tutte queste spese obbligatorie non è semplice, tuttavia una soluzione per risparmiare esiste sempre, per questo oggi vaglieremo tutte le possibilità che i neopatentati hanno per diminuire il costo della polizza auto.

Ma innanzitutto, chi sono i neopatentati? Sono definiti “neopatentati” tutti coloro, di qualsiasi età anagrafica, che hanno conseguito la patente da meno di tre anni. Questo titolo non dipende dunque dall'età anagrafica ma solo dal tempo da cui si ha ottenuto la tanto desiderata patente.
Le agenzie assicurative per decidere e stabilire i prezzi delle polizze si basano proprio sugli anni di anzianità della patente, ma non solo. Esse si basano anche sulle statistiche degli incidenti e queste, purtroppo, affermano che sono proprio i giovani i principali protagonisti di tali eventi. Di conseguenza, la fascia d'età più a rischio e per cui la polizza è più costosa è quella che va dai 18 anni ai 27 anni.

Assicurazione auto neopatentati: tre soluzioni per risparmiare sulla polizza auto

Come possono allora i giovani neopatentati effettuare una polizza auto senza svenarsi? Al momento le soluzioni principali sono tre.

Polizza assicurazione auto per neopatentatiLa prima è dedicata a tutti coloro che utilizzano saltuariamente l'automobile e che quindi si affidano a quella dei propri genitori o parenti e non a una propria. In questo caso è possibile che il proprietario del mezzo estenda la sua attuale assicurazione a chiunque. In poche parole l'assicurazione non deve coprire solo il proprietario dell'automobile ma chiunque guidi la macchina. Questo procedimento prevede un'integrazione del premio assicurativo ma è comunque meno costoso di una polizza effettuata da zero per giovani neopatentati.

Se, invece, il proprietario dell'auto non estende questa partecipazione alla guida ma permette al neopatentato di utilizzare il mezzo, l'assicurazione una volta scoperto il fatto, potrà rivalersi sul titolare della macchina.
Leggi anche: Auto senza assicurazione: cosa succede?
La seconda soluzione è forse la più conosciuta, è quella infatti che prende in causa la famosa Legge Bersani. Nel caso in cui l'automobile sia di proprietà del giovane neopatentato, egli ha davanti a sé una soluzione per non pagare la polizza obbligatoria a seconda della sua età anagrafica. La Legge Bersani permette infatti di usufruire della classe di merito di un famigliare convivente e che quindi compare nello stato di famiglia. Ad esempio dunque, un giovane diciottenne che si reca in assicurazione potrà ottenere una polizza con la classe di merito pari a quella del padre o della madre, anziché la peggiore esistente. Questo beneficio è garantito a chiunque assicuri un'automobile per la prima volta.

Ultima spiaggia: ricerca sul web

Infine, ultima soluzione per il risparmio, nel caso in cui non sia applicabile la Legge Bersani, è quella di iniziare un'analisi e una ricerca dei migliori prezzi sul mercato riguardo l'assicurazione auto per neopatentati, per quanto riguarda le assicurazioni. Molto agenzie stanno infatti diminuendo i prezzi poiché si rendono effettivamente conto delle spese proibitive a cui costringono.

Online esistono molti comparatori veramente affidabili: se siete interessati ad una rc auto o moto conveniente, vi invitiamo a valutare l'offerta di Genertel per i lettori di Affari Miei.

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Come fare soldi con Facebook: guadagnare online con profilo o pagina fan nel 2016

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Guadagnare con Facebookè ormai una realtà: sono tanti gli utenti che hanno imparato come fare soldi online con un profilo o con una pagina fan, sfruttando internet in tutte le sue mille sfaccettature, comprese quelle più assurde. Come trasformare in denaro l’utilizzo del proprio social network preferito? Come già accennato in tante altre occasioni in cui abbiamo parlato diguadagno online, non è tutto facile e bisogna essere costanti e determinati. Prima di cimentarsi in una nuova attività occorre quanto meno conoscerne le basi: può dirsi lo stesso anche per chi vuole avviare un business su Facebook o, più in generale, sul web oggi, nel 2016. Dimenticatevi, quindi, le varie promesse di ottenere soldi facili: su queste pagine non ci piace vendere fumo.

Cosa serve per iniziare? L’unica fortuna è che l’avvio è a costo zero: si fa per dire, perché ovviamente non si avranno subito degli introiti e pertanto si dovrà lavorare “gratis” per settimane se non per mesi. Andiamo a vedere, in concreto, cosa è possibile inventarsi per ottenere una remunerazione da un’attività sul noto social network. Pronti per fare soldi?

Come fare soldi con una pagina fan Facebook: guadagnare online sui grandi numeri

Fare-soldi-con-facebookOttenere denaro da una pagina Facebook è più semplice di quanto crediate, sebbene formalmente la piattaforma non lo consenta e cerchi essa stessa di “spillare” soldi a chi ha delle community a causa dell'incremento del ricorso alla pubblicità. Si può dire di più: con l’ultimo aggiornamento all’algoritmo il nostro amico “faccia libro” ha ridotto la portata delle pagine. I post, un tempo immediatamente visibili a tanti utenti, oggi raggiungono assai meno persone: si stima che le pagine più grandi raggiungano meno del 2% degli utenti. Vi è capitato di perdere di vista il vostro cantante preferito o il sito che leggevate abitualmente entrando da Facebook? Se non seguite costantemente la pagina, cliccando mi piace o commentando, alla lunga i post scompaiono e dovete andarveli a cercare. Lo scopo è quello di monetizzare: ormai tutti i grandi portali pagano Facebookperiodicamente, tant’è che spesso vi compaiono post con la scritta “sponsorizzato”.

Detto questo, come guadagnare con una pagina Facebook alla luce degli ultimi aggiornamenti? La strategia vincente è più o meno rimasta invariata: bisogna creare community che siano seguite, proponendo quotidianamente post, aggiornamenti di stato, video e quant'altro. L’importante è che la gente che clicca “mi piace” sia realmente interessata ai post: elemosinare il like alla pagina di calcio ad un amico che lo detesta non porterà a nulla. Esistono diversi modi per incrementare i fan velocemente, ma non sono da considerarsi buoni ai fini di una vera crescita perché portano massa disinteressata che nemmeno si ricorderà di voi. Diciamo che raggiunto un numero assai elevato, dopo aver lavorato attentamente ogni giorno con la condivisione di contenuti interessanti, può arrivare la fase del guadagno.
Si può guadagnare con una pagina Facebook in diversi modi, eccone alcuni:
  • Vendere spam di altri siti: ottenere traffico da Facebook è il modo più semplice per far crescere un sito. Su internet è pieno di gestori di siti web che cercano pubblicità e accessi e che sono disposti a pagare per averli;
  • Condividere post di propri siti e guadagnare dal proprio spazio, sia esso un blog che guadagna con le pubblicità che un sito di e-commerce che vende prodotti. Se avete un vostro portale, vi consigliamo la lettura dell'articolo su come guadagnare con un blog;
  • Promuovere la propria professione: sebbene sia più indicato Linkedin per scopi professionali, in alcuni settori magari si può riuscire a promuovere la propria attività trasformando gli utenti in clienti.

Facebook Ads e affiliazioni: fare soldi vendendo nel 2016

Un altro modo estremamente redditizio e sempre più in crescita per fare soldi con Facebookè il ricorso alle ADS. Come Google Adwords, anche lo spazio per gli investitori di Facebook è potenzialmente aperto a tutti ("E' gratis e lo sarà per sempre"...sic!): chiunque, anche solo per divertimento, può sponsorizzare un post. Ovviamente, oltre a chi si diverte, c'è chi vuole guadagnare denaro in maniera rapida e duratura. Chi possiede un e-commerce o svolge una professione destina sicuramente una parte del proprio budget in Facebook Ads, sebbene inferiore a quella che investe probabilmente in attività SEO e Google Adwords.  In ogni caso la piattaforma sta crescendo sensibilmente e, a differenza di altre, permette di ottenere traffico spesso con investimenti relativamente bassi.

Esiste un modo di guadagno online che è simile al dropshipping di cui abbiamo detto: parliamo delle affiliazioni. In pratica, per farla breve, ci sono siti che permettono di guadagnare delle percentuali sulle vendite generate dal portale o anche soltanto sulle richieste di preventivi: ce ne sono tantissime che riguardano praticamente di ogni settore. Chiaramente il traffico di un sito può essere variabile e non essere per forza di cose organico, cioè proveniente dai motori di ricerca: se, per esempio, riuscite a raggiungere le persone tramite Facebook potete benissimo portare gente sul sito che potenzialmente è interessata a comprare. Facebook Ads permette di profilare il pubblico, cioè di scegliere chi raggiungere in base agli interessi. Per riassumere e non voler essere logorroici, se ad esempio riuscite a pagare ogni visita un numero di centesimi relativamente basso rispetto al guadagno che fate dalla vendita (margine che varia a seconda del prodotto) e siete in grado di intercettare con i vostri post un pubblico interessato all'argomento che statisticamente compri su percentuali elevate (si parla tecnicamente di conversioni), avete in pratica creato un business vero e proprio con Facebook. Ce ne sono migliaia ormai che, ogni giorno, invadono la timeline e molti hanno effettivamente successo: si tratta di modelli che vengono definiti "scalabili" perchè una volta intercettato il target giusto di pubblico e quantificati i costi ed i ricavi si può tendenzialmente insistere fino alla saturazione del mercato di riferimento. Per approfondire, vi consigliamo di leggere questo libro dal quale abbiamo studiato anche noi.


Guadagnare online con un profilo Facebook: fare soldi dalla compravendita di account

Questa è una pratica molto al limite, anzi, si può dire che è scorretta: su Facebook si possono iscrivere solo persone vere, non account finti. In teoria è cosi, nella pratica però esiste un vero e proprio market dei profili ed ogni giorno le nostre bacheche sono inondate da contenuti creati e diffusi da persone non vere. Tanti addetti ai lavori, infatti, usano su Facebook più profili o, semplicemente, differenziano lo spazio "privato" da quello lavorativo. Per quanto il social network si impegni a garantire un certo controllo, fornendo strumenti per segnalare le anomalie alle utenti, ci sono i furbi che sguazzano.
Tornando a noi, comunque, il limite massimo di contatti raggiungibile è di 5 mila amici, più eventuali follower. Far crescere un contatto, acquisendo magari amici di una zona determinata, è utile per fare soldi online con Facebook: sono tanti, infatti, gli internauti disposti a comprare un account con un certo numero di amici. Per fare cosa? Le attività sono fra le più disparate: internet è una giungla quasi priva di regole dove molti personaggi spregiudicati fanno di tutto per generare traffico o farsi pubblicità. Ognuno ha le sue buone ragioni e non tocca a noi dire se è giusto oppure no. E' bene, comunque, "scegliere gli amici giusti": non basta arrivare a 5 mila ma occorre che quelli che vengono aggiunti siano accomunati da un interesse o da una connotazione territoriale o sociale. Solo in questo modo un potenziale acquirente potrà pensare di pagarvi profumatamente per la compravendita del profilo.

Conclusioni: con impegno tutto è possibile

Ma allora è vero: si può guadagnare con Facebook veramente?La risposta secca è si, ma bisogna conoscere il mezzo, avere tempo e idee per lavorare da casa. Se mancano questi requisiti ogni attività sarà fallimentare, esattamente come l’apertura di un negozio o l’avvio di una professione qualsiasi. Il vantaggio di internet è che consente molto spesso di trasformare le proprie passioni in modi per fare soldi. Se ritenete di avere una possibilità, non resta che provare a dire la vostra ma sappiate che vi tocca studiare, studiare e studiare!

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Assicurazione sanitaria privata: cosa copre?

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Solitamente si sente parlare di assicurazioni sanitarie soprattutto in quei Paesi dove non è garantito un sistema sanitario nazionale pubblico efficiente. In realtà, però, negli ultimi anni le assicurazioni sanitarie si stanno diffondendo sempre più anche in Italia, affiancandosi alla sanità pubblica che spesso non riesce a soddisfare le richieste dei cittadini.  I tempi di attesa, i costi dei ticket, l'inadeguatezza di alcuni ambienti, hanno portato un gran numero di persone a scegliere di affidarsi al privato.

Stipulare un'assicurazione sanitaria privata, dunque, può rappresentare una valida alternativa per chi non si sente tutelato dal Servizio Sanitario Nazionale (del resto, avere fiducia nello Stato di questi tempi sta diventando difficile!) e vuole, quindi, assicurarsi una copertura più o meno ampia. Si tratta certamente di un costo, detraibile del 19% in dichiarazione dei redditi, che vede purtroppo molti italiani sopperire alle mancanze di un sistema Paese non sempre all'altezza. Ma cosa copre questo tipo di assicurazione? Ha senso stipularla?

Cosa copre e cosa non copre l'assicurazione sanitaria privata

Cosa copre l'assicurazione sanitaria privata?Le assicurazioni sanitarie solitamente coprono le seguenti spese:
  • spese di ricovero e degenza;
  • fisioterapia e riabilitazione;
  • acquisti di medicinali durante il periodo di degenza;
  • accertamenti diagnostici.
Moltissime altri tipi di spese rimangono però escluse:
  • cure dentarie;
  • interventi di chirurgia estetica;
  • visite dietologhe;
  • infortuni provocati da alcool, droga o psicofarmaci.
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I costi dei servizi possono essere pagati anticipatamente dal cliente che verrà poi rimborsato dall'agenzia assicurativa.

Un altro tipo di assicurazione sanitariaè invece quella che viene definita polizza invalidità permanente che prevede un indennizzo economico al cliente, nel caso in cui una malattia o un infortunio gli provochino un'invalidità permanente. Molto simile a questo contratto è la polizza infortuni. Altra tipologia ancora è la polizza sanitaria indennitaria, che offre una copertura finanziaria provocata dal ricovero del cliente che ha subito un infortunio o una malattia. Spesso le agenzie assicurative pretendono tuttavia che il cliente esegua le visite presso strutture convenzionate con la stessa assicurazione.

Assicurazione sanitaria privata: agenzia online o tradizionale?

È meglio affidarsi ad un'agenzia assicurativa online o tradizionale? Quali sono i vantaggi dell'una e quelli dell'altra? Nel caso in cui si decida per un'agenzia online, allora mancherà il tramite, ovvero non esisterà l'agente assicuratore a cui affidarsi. È proprio da questa mancanza che derivano altri vantaggi riguardanti i costi della polizza. Del resto funziona come con l'rc auto in buona sostanza, più che fidarvi della persona vi conviene leggere il contratto ed informarvi: vale quando siete consumatori e, più in generale, è un consiglio di vita che è bene teniate a mente.

Qualsiasi sia l'intermediario con cui si vuole avere a che fare, è importante comunque partire sempre dal preventivo della polizza, che si baserà sull'età del cliente, sul genere, sulla professione e su i suoi hobby, oltre che sul suo stato di salute nel momento in cui stipula il contratto. Tra le agenzie più gettonate per questo tipo di polizza troviamo: Generali, Axa, Allianz, Genertel e tante altre note compagnie. Alcune di queste agenzie offrono anche dei pacchetti adatti a coloro che si spostano molto all'estero. Ciò significa che continuerete ad essere coperti anche in Paesi dell'Unione Europa o non comunitari. 

Come risparmiare: tutto quello che devi sapere per fare soldi...risparmiando!

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Una delle domande che affligge milioni di famiglie è come risparmiare soldi ogni mese e spendere meno denaro, al fine di avere più risorse economiche da accantonare per il futuro o da investire in altre attività. Molte volte ci si concentra sul far crescere lo stipendio, la rendita mensile: è una corsa a chi prende più soldi dal proprio lavoro senza pensare che si può guadagnare molto semplicemente con dei piccoli accorgimenti che consentono di mettere da parte diverse migliaia di euro in un anno. Tutto sta nell’organizzare attentamente le proprie spese, ottimizzare i costi da sostenere per vivere e lavorare al fine di avere quanti più soldi possibili a fine mese.

Sul web esistono tantissime guide con consigli utili per risparmiare in casa, infinite discussioni sui forum tematici sui social network: in questo post ci concentreremo su alcuni suggerimenti che sono il frutto dell’esperienza quotidiana e diretta di chi scrive. Seguendo pochissimi consigli riusciremo a capire come risparmiare 1200 euro all’annosenza abbassare il proprio tenore di vita e forniremo tantissimi altri validi consigli per abbattere radicalmente le proprie uscite.

Cominciamo subito

Non c’è una ricetta perfetta per mettere da parte tanto denaro, ma non è comunque un’alchimia impossibile. Molte volte sprechiamo tante di quelle risorse economiche senza nemmeno accorgercene in attività che appaiono come abituali ma che in realtà sono solo uno sperpero. Proviamo a dare qualche accorgimento utile per ridurre immediatamente il proprio fabbisogno monetario mensile.
Consigli per risparmiare soldi ogni mese

Andare di meno al bar: il caffè al banco è un lusso

Ok, vi verrà in mente una cosa che fa più o meno così: “Perché devo abbassare il mio tenore di vita?”. Se davvero la pensate così, continuate a fare gli spendaccioni. Ci stiamo chiedendo come risparmiare soldi ogni mese, ridurre il consumo di caffè e bevande al bar è un passaggio essenziale e poco faticoso se ponderato. Proviamo a ragionare insieme: un caffè mediamente al bar costa da 0,80 centesimi fino a 1 euro, nei distributori automatici un po’ meno. Chi scrive prende tre caffè al giorno fatti con la moka: 0,80 centesimi per tre fa 2,40 euro. Con quella cifra più o meno comprate un pacchetto di caffè per moka da 250 grammi con cui potete fare il caffè esattamente tre volte al giorno per almeno tre settimane (volendoci mantenere bassi), spendendo circa 11 centesimi quotidiani. Stimiamo che andiamo a lavorare 5 giorni a settimana, in un mese se ne vanno via 48 euro: per fare il caffè a casa invece occorrono circa 3 euro e 30 (0,11 per 30 giorni). A questo chiaramente bisogna aggiungere il consumo del gas o dell’elettricità e l’usura della macchinetta: ma potrà mai costarvi così tanto? Diciamo che in questa maniera, grossomodo, si risparmiano 44,70 euro mensili che per 12 mesi fanno 536,40. Avete capito bene: bevendo caffè fatto con la moka avete risparmiato oltre 500 euro.

Qualcuno potrebbe obiettare che il caffè al distributore costa di meno (anche se costasse la metà, ci sarebbe comunque un risparmio di circa 268 euro) o che nel luogo di lavoro non può farsi il caffè con la moka o, ancora, che non si può proprio fare il caffè e si deve andare a comprarlo. In quest’ultimo caso potrebbe tornare addirittura utile privarsene, considerando che il caffè rende nervosi. Questa idea, a dire il vero, non è nuova: la famosa storia di Smettere di lavorare è nata proprio da una considerazione simile. Si tenga poi conto di una cosa: il caffè è il minimo che si può prendere al bar. La tentazione di un cappuccino, di un cornetto caldo di forno o di un amaro è sempre dietro l’angolo: serve davvero a migliorare la vostra vita? Datevi una risposta da soli.

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Basta con la discoteca

Dopo una settimana di lavoro stressante pensate che tutto sommato sia giusto concedervi una serata in discoteca: così, per staccare da tutto. In molti casi il locale si trova distante da casa, quindi bisogna prendere l’auto: tralasciamo i rischi sul guidare il sabato sera dopo aver bevuto o con i matti che sfrecciano senza più inibizioni e ammazzano chiunque si trovi davanti. Facciamo un ragionamento economico: spendere 30 euro per una serataè una cosa abbastanza normale, in alcune zone forse si deve tirar fuori anche qualcosa in più. Questo per fare cosa? Vestirsi, mettersi in macchina, andare in un locale chiuso con la musica assordante e consumare un drink pagato più o meno quanto paghereste una bottiglia intera al supermercato. E che non acquistate mai perché quando fate la spesa cercate sempre di ridurre al minimo gli sprechi. Se si vuole uscire una volta a settimana (ma c’è anche chi esce sia il venerdì che il sabato) sono 120 euro al mese, 1440 euro all’anno. Si possono risparmiare soldi in questo caso? Certo che si. Se proprio non riuscite a separarvi dalla discoteca, potete dimezzare le uscite: in un colpo solo avete risparmiato 720 euro che diventano 1440 euro se si elimina completamente la discoteca.

Fermiamoci a riflettere

E' bastato poco per dare delle semplici risposte su come risparmiare soldi ogni mese e trovarsi a fine anno con del denaro in più. Spendere meno, eliminando attività del tutto futili, non può che aiutarci a vivere meglio e ad essere ugualmente felici. Seguendo questi consigli è matematico che il risparmio sarà possibile. Riepilogando, abbiamo visto come risparmiare 530 euro andando meno al bar e come risparmiare 720 euro dimezzando i sabati sera in discoteca: con due piccolissimi esempi siamo a 1250 euro, praticamente uno stipendio. Fermatevi e pensateci bene: lavorate un mese dell’anno per buttare soldi il sabato sera in discoteca o al bar per prendere il caffè tre volte al giorno. Nel primo caso ritenete che ciò sia premiale dopo una settimana di lavoro, nel secondo caso invece venite ingannati dal fatto che molte volte spendere cifre basse non fa realizzare l’enormità dello sperpero di denaro che mettete in atto quotidianamente. Con questi piccoli due accorgimenti siete riusciti già a risparmiare tanti soldicon cui fare quel che vi pare: un viaggio, un lavoro a casa (magari utile per rendere efficiente energeticamente la propria abitazione) o qualunque cosa possa essere più consono alle vostre passioni.




Come mettere da parte soldi risparmiando

Pianificare è fondamentale: altri trucchi per risparmiare

Dopo aver visto due esempi pratici, possiamo concentrarci per abbozzare un metodo che ci consenta di risparmiare soldi sistematicamente: dopo di ciò vedremo altri pratici consigli da attuare subito.
Precedentemente abbiamo indicato un articolo dedicato alla spesa alimentare in cui, sostanzialmente, suggeriamo di creare una lista del fabbisogno mensile se non annuale. Lo stesso criterio si può usare, in generale, per amministrare le finanze familiari. Prendete l’estratto conto dello scorso anno e cercate di ricostruire analiticamente tutte le vostre singole voci di spesa. Raggruppando le spese per classi, potrete poi lavorare sul singolo settore andando drasticamente ad abbattere ogni singolo sperpero.

Vediamo ora altri esempi pratici che si aggiungono a quelli che abbiamo fornito in apertura.

Ristorante –Abbiamo già parlato della discoteca ed un discorso analogo può farsi per il ristorante. Spesso usciamo nel fine settimana per andare al ristorante o al pub sostanzialmente soltanto per stare in compagnia, visto che finiamo sovente per mangiare roba nemmeno molto salutare o tanto difficile da preparare a casa. E se invitassimo gli amici da noi? Magari ci costa qualche ora di fatica ma, economicamente, la spesa si abbatte e non poco. Se la cosa diventa una tradizione nel gruppo di amici si può fare a rotazione, abbattendo ancor di più i costi. Ciò non toglie che, a cena finita, si può ugualmente andare in centro a fare una passeggiata a pancia piena!

Risparmiare sulle scarpe – Sono la passione di tanti che spendono talvolta una fortuna pur di avere l’ultimo modello griffato. La spesa va fatta in maniera ponderata: non bisogna investire troppo poco in prodotti a basso prezzo, perché altrimenti si distruggono dopo poco, e al tempo stesso non si devono acquistare prodotti a 300 euro. La verità in questo caso sta nel mezzo: trovate il giusto rapporto qualità prezzo. Comprate più scarpe per ogni stagione, così da ruotarle e far sì che il consumo si distribuisca: così facendo, di anno in anno, sostituirete un solo paio o, addirittura, potrete non comprare affatto nessun paio di scarpe se quelli dell’anno precedente sono ancora in buone condizioni. Non state a guardare troppo la moda: su internet spesso si fanno degli affari acquistando dagli outlet online paia di marca a prezzo ribassato, occorre solo spulciare e sperare di trovare il numero.

Non sperperare un patrimonio in vestiti – Altra grande fissa italica è spendere un pozzo di soldi per vestirsi ed apparire belli, ma agli occhi di chi? Degli stessi a cui non frega niente di voi e che, alla vostra prima difficoltà, vi rideranno addosso? Non serve ad una mazza spendere una fortuna in capi di abbigliamento all’ultima moda, vale il discorso delle scarpe: comprate con attenzione ciò che può durare a lungo ed essere comodo, consentendovi di girare in maniera composta. Non serve vestirsi alla moda per apparire, fate sì che sia la vostra persona a farsi valere!

Fumare fa male, bere anche…droga? Non ne parliamo! – Non vorremmo fare la morale ma è proprio così: le sigarette, se ci pensate, sono una tassazione che lo stato ci impone. Causano dipendenza e, soprattutto, il prelievo è proporzionale: sia lo squattrinato che il miliardario, infatti, pagano la stessa cifra con diversa incidenza sul budget personale che penalizza chi è meno ricco. Chi scrive ha conosciuto più poveri fumatori che ricchi, non chiedete perché! Discorso analogo vale per l’alcool: se evitate la discoteca siete già a buon punto, se riuscite anche a non comprare super alcolici fate ancora meglio. Un bel bicchiere di vino o una buona birra ogni tanto ci possono stare: comprate poco, italiano e di qualità! Per quanto riguarda gli stupefacenti, che si trovano in maniera abbastanza facile nonostante siamo qui a fasciarci la testa che sono illegali, sottolineiamo ancora di più l’assoluta stupidità che ha il drogarsi: costa tanto, fa male alla salute in maniera irrimediabile ed è un costo sociale, poi, recuperarvi un domani come persone e come pazienti malati.

Basta bevande gasate –Anche qui sembra scontato ma bere schifezze come aranciate, cole ed altri prodotti industriali, oltre ad essere un costo spropositato, fa male ai denti e, in generale, contrasta con i principi di una buona alimentazione. Stesso può dirsi con i succhi di frutta, spesso imbottiti di zucchero: fate una premuta di arance, fa bene ed aiuta la nostra agricoltura!
Guida definitiva per risparmiare soldi in casa

Imparate a cucinare –La maggior parte dei prodotti più costosi sono già precotti o, comunque, puntano a spennare quei clienti che, con sempre meno tempo a disposizione, sono costretti a comprarli perché non possono, non vogliono o non sanno cucinare. Andiamo sempre di fretta per produrre ricchezza (per altri) in cambio spesso di quattro soldi: imparando a cucinare possiamo comprare i singoli beni non confezionati e risparmiare tantissimo. Ad esempio, imparando a fare il pane si può evitare di pagarlo fino a 4 euro al supermercato, imparando a fare la pizza a casa si spende sicuramente meno di quella robaccia surgelata di cui i supermercati sono pieni.

Buttate via la carta di credito – A che diamine vi serve? Lo sapete che quando comprate senza avere i soldi vi viene applicato un tasso d’interesse spesso più alto dei prestiti personali? Inoltre, anche se inizialmente offerte gratis, le carte di credito hanno un canone annuo che dovete pagare. Se siete lavoratori salariati vi basta un conto corrente online a zero spese o addirittura una carta prepagata con IBAN: fidatevi, tutto il resto è superfluo.

La macchina vi serve davvero? – Gran parte delle persone utilizza la macchina soprattutto per andare a lavorare, spendendo migliaia di euro annui per bruciare benzina, pagare parcheggi, multe e meccanici, per rinnovare l’assicurazione e per altre spese accessorie. Questo per fare cosa? Per andare a lavorare, perché nemmeno avete il tempo di utilizzare la vostra vettura per piacere, se non in pochi casi. Inoltre, come per i vestiti, spesso si tende a comprare un’automobile potente per fare colpo sugli altri (chi?): peccato che non sempre abbiamo i soldi e ci indebitiamo, vivendo spesso come pezzenti per anni per pagare le rate. Mettete da parte il vostro orgoglio e la passione per i motori: vi serve davvero la macchina? Se potete uscire con i mezzi pubblici assolutamente no, se vivete in un posto non servito allora si. In questo caso, però, cercate di optare per una vettura a GPL, compratene una che sia in grado di durare tanti anni e che non si svaluti in fretta e, soprattutto, NON FATE DEBITI! Evitare di fare debiti è la prima regola per raggiungere l’indipendenza economica.

Telefonino, basta con le mode più stupide – E’ un discorso simile a quello dell’automobile e dei vestiti: serve davvero cambiare sempre cellulare? Se dovete farlo per necessità, perché il vecchio si è rotto, occorre davvero spendere 800 euro per acquistare un top di gamma quando ne sfruttate il 2% delle potenzialità per cazzeggiare su Facebook e su Whatsapp? Se proprio dovete cambiare lo smartphone, compratene uno che risponda al vostro profilo: ormai a 250-300 euro si comprano signori telefoni e molti di voi nemmeno hanno bisogno delle funzioni della fascia media. Quando acquistate, poi, scegliete una marca che garantisca affidabilità e che si sia dimostrata in grado di mantenere il prezzo costante: nel caso in cui vogliate disfarvene, come per l’automobile, sarà più facile recuperare una parte delle spese.

Conclusioni

Questo lungo articolo, per forza di cose, non può essere esaustivo ma deve solo aiutarvi a riflettere sull'argomento. Fateci sapere cosa ne pensate commentando, così che aggiorneremo progressivamente la lista al fine di abbracciare proprio tutte le voci di spesa più importanti che gravano sulle famiglie. 

Scrivere post così impegnativi ci porta via molto tempo: vi saremmo grati se ci aiutaste diffondendoli sui social network! Scaricando la nostra guida, poi, potrete accedere ad un metodo economico e funzionale per ottimizzare al meglio il vostro bilancio familiare!

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Come diventare venditore ambulante ed ottenere la licenza

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In questo periodo di crisi, in cui trovare lavoro è difficile, è diventato molto importante sapersi reinventare. Costruirsi una nuova identità lavorativa, apprendere nuove conoscenze e mettersi in gioco rappresentano ormai gli unici modi che si hanno per guadagnare. Uno dei settori che sta tornando a crescere, grazie anche alla concezione di street food, è quello legato al commercio ambulante. Sono in molti a voler intraprendere questa strada, tuttavia bisogna considerare che quando si iniziare un’attività imprenditoriale di qualsiasi tipo è necessario essere organizzati e preparati. Qual è l’iter burocratico da seguire? Come ottenere la licenza? In questa breve guida vi diamo gli strumenti utili a muovere i primi passi in questa direzione.

Diventare imprenditore ambulante: burocrazia

Se avete intenzione di dedicarvi a mercati e bancarelle come artigiani o cuochi ,allora dovete essere pronti a districarvi tra i vari moduli richiesti per ottenere licenze e permessi. Il commercio ambulante può essere svolto esclusivamente da persone fisiche (ditte individuali e società di persone – Sas o Snc) e non da società di capitale (Spa o Srl). Le leggi di riferimento sono la Riforma Bersani (decreto N.114 del 1998) e quelle della Regione di riferimento. Per poter vendere con le bancarelle ambulanti sono necessarie delle autorizzazioni, che possono essere di tipo A oppure di tipo B. La prima concede un posteggio fisso e prevede una concessione della durata di 10 anni da parte del Comune in quei posteggi in area di mercato. Tale autorizzazione (Tipo A) prevede anche la possibilità di svolgere vendita ambulante itinerante su tutto il territorio della regione e la possibilità di partecipare a fiere su tutto il territorio italiano. L’autorizzazione in questione viene rilasciata dal Comune in cui si svolge la vendita: per ottenerla è necessario fare una domanda con marca da bollo del valore di 14,62 euro al Sindaco del Comune di appartenenza, il quale ha il compito di assegnare il posto in un mercato (se c'è disponibilità). In caso contrario bisogna aspettare la data del bando di concorso.
Come diventare venditore ambulante

L’autorizzazione di tipo B, invece, viene rilasciata dal Comune del richiedente ma permette di svolgere attività ambulante itinerante su tutto il territorio nazionale esclusivamente nei posteggi non assegnati o che provvisoriamente non siano occupati dai titolari fissi. Tale licenza viene ottenuta inviando una lettera raccomandata con marca da bollo di 14,62 euro al Sindaco del Comune, il quale rilascia il permesso entro 30 giorni. Se l’imprenditore decide di vendere prodotti non alimentari è sufficiente la licenza B. Nel caso in cui si volesse vendere prodotti alimentari bisogna essere anche in possesso del documento di iscrizione Ciaa con data e numero, bisogna aver frequentato un corso per il settore alimentare e presentare un documento riportante il numero delle ore e il nome dell'istituto oppure bisogna aver conseguito il diploma di scuola alberghiera. Ottenuta la Licenza è necessario avviare (se non la si ha già) la partita Iva e iscriversi alla Camera di Commercio e all'Inps. Il rilascio della partita Iva si ottiene presso l'Ufficio delle Entrate, compilando il modulo AA9/7. L’iscrizione alla Camera di Commercio, invece, si ottiene recandosi presso l'Ufficio del Registro e compilando il modulo R, previo pagamento del diritto annuale di 90,00 euro. Poi bisogna andare all'Inps per l'iscrizione previdenziale. Queste operazioni si possono semplificare attraverso l’invio telematico della pratica attraverso Comunica, grazie a cui si può compilare la richiesta con un unico modulo online, inoltrandola contemporaneamente a tutti e tre gli uffici interessati. Tuttavia per effettuare la procedura telematica bisogna recarsi presso un Caf o un commercialista. 

In conclusione, ottenere la licenza di venditore nella propria città richiede dei passaggi che variano a seconda di ciò che si vuole vendere e a seconda del luogo prescelto, per cui, per non sbagliare o dimenticare qualche passaggio, è necessario rivolgersi all'Agenzia delle Entrate e alla Camera di Commercio. In generale, comunque, un venditore ambulante ha bisogno di ottenere l’autorizzazione alla vendita da parte dell'Agenzia delle Entrate del proprio Stato, la Certificazione fiscale, la licenza commerciale della Camera di Commercio e infine la licenza di venditore ambulante.

Licenza ambulante: qualche consiglio pratico per la nuova attività

Naturalmente per avviare un’attività di successo non è sufficiente avere tutta la documentazione in regola. In questo paragrafo ci concentriamo sugli aspetti meno tecnici e più creativi che avviare un’impresa di questo tipo comporta. Innanzitutto bisogna concentrarsi sul prodotto da vendere e individuarne una tipologia che risulti interessante. Cosa viene venduto nella propria zona? Cosa è richiesto ma non si trova? Per avere fortuna bisogna trovare un settore di vendita in cui spiccano delle lacune, o qualcosa che non è offerto in maniera da soddisfare la richiesta. Occorre evitare di destinare la propria bancarella a un prodotto diffuso, in pratica mentre se si vuole vendere una tipologia di articoli che già è offerta, allora è fondamentale trovare un modo per distinguere il proprio prodotto da quello venduto dagli altri. Anche l’impatto visivo del proprio stand è important: bisogna far sì che la clientela noti la propria attività piuttosto che quelle di altri. Per questo è fondamentale trovare un nome originale e avere una bancarella allettante. 
Come dedicarsi al commercio ambulante

Una volta individuato il prodotto, bisogna considerare l’organizzazione delle giornate lavorative e degli spostamenti: serve un furgoncino? La cassa? Dove saranno posizionati il furgoncino e la merce? Ci sono dei luoghi di maggiore affluenza: all’uscita dagli uffici o accanto alle scuole, nei pressi di parchi di divertimento o pubblici sarà semplice vendere snack e merendine, così come nei luoghi in cui si organizzano concerti ed eventi. Se si vendono gadget bisogna valutare dove possono essere acquistati: difficilmente venderemo magliette di calcio all’uscita da un concerto rock. 

Altro fattore determinante è la scelta del prezzo dei propri articoli: tenere un prezzo basso potrebbe voler dire vendere moltissimi oggetti/cibi; tenerli alti vuol dire puntare sulla qualità dei prodotti. Nel dettaglio, i prezzi bassi possono rappresentare un vantaggio quando il prodotto arriva ai clienti in maniera diretta ed è facile vendere (ad esempio per l’ubicazione favorevole). Tuttavia, se il prezzo è troppo vicino al costo di gestione si rischia di guadagnare poco nel complesso e, quindi, la redditività di tutta la giostra vacilla. I prezzi alti, invece, rischiano di comportare una diminuzione del volume di affari, a meno che il prodotto non sia di qualità indiscutibile e magari non sia facile trovarne di analoghi sul mercato.

Conclusioni: diventare venditori ambulanti è difficile come qualsiasi attività

Se l’idea vi sembra quella giusta e avete trovato il prodotto che volete vendere, allora iniziate con le pratiche per ottenere le licenze, dopo aver individuato la zona migliore in cui offrire i vostri prodotti. Non fatevi scoraggiare se vi sembra che gli affari non stiano prendendo il giro giusto: è richiesto tempo per farsi conoscere. Per ampliare la clientela scrivete cartelloni allettanti e semplici da capire, fate offerte vantaggiose per farvi conoscere e promuovere il vostro marchio e i vostri articoli, magari creando delle fidelity card che invoglino le persone a tornare per sfruttare gli sconti. 

Creare una pagina pubblicitaria/conoscitiva sui social (vi consigliamo di leggere questa guida su Facebook perchè potrebbe tornarvi utile) può essere un altro modo per divulgare le vostre offerte e attirare clienti: se il vostro lavoro vi chiede di spostarvi frequentemente la presenza sul web può giocare un ruolo determinante. Un consiglio da non sottovalutare: destinate una buona parte del vostro budget iniziale alla promozione perchè nel mondo attuale chi non comunica non esiste.

Infine bisogna anche pensare alla sicurezza: non tenere una grande quantità di denaro con sé o avere un collega che dia una mano può essere un modo per evitare di essere facili vittime di rapine. 

Seguendo questi suggerimenti non sarà difficile avviare un’attività di successo, tuttavia ci sentiamo di consigliarvi come sempre di non lanciarvi in imprese bibliche e più grandi di voi senza aver prima effettuato studi di settore mirati alla vostra idea imprenditoriale. Chiedere consulenze ai professionisti e recarvi presso i mercati o le zone di interesse per controllare la concorrenza e il passaggio di potenziali clienti sono strategie che possono indubbiamente aiutarvi ad indirizzare il vostro lavoro sui binari giusti.

Sofferenze bancarie: cosa sono?

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La sofferenza bancaria, senza dubbio indice di natura pregiudizievole, è quanto di peggio può accadere a livello creditizio e bancario ad un soggetto privato, sia esso individuo o azienda. Si tratta infatti di quello che, almeno a rigor di logica e secondo le norme del buon senso bancario, è l’ultimo passo che la banca intraprende verso un soggetto che:
  • non è in semplice crisi di liquidità
  • fa presumere fondatamente che gli sia impossibile restituire il debito, né adesso, né in futuro
  • ha un indebitamento tale che fa presumere un prossimo fallimento
Si tratta di una procedura tra le più gravi che la banca può intraprendere nei confronti di un cliente/debitore ed è per questo motivo temuta sia dai dirigenti d’impresa sia dai privati. La sofferenza bancariaè infatti, e avremo modo di vederlo più a fondo tra poco, quasi un indice di morte creditizia e bancaria per il soggetto che ne viene investito e, per queste ragioni, bisogna fare di tutto per evitare di trovarsi al centro di una procedura di questo tipo.

La sofferenza bancaria segnala il fallimento o lo causa?

Tra gli imprenditori è sempre vivo l’argomento principe che riguarda la sofferenza bancaria. Strumento a tutela degli istituti di credito, e prova ne è il fatto che viene immediatamente registrato alla Centrale Rischi della Banca d’Italia, è spesso una misura estremamente vessatoria nei confronti dell’uomo che fa impresa. Chi frequenta imprenditori, per piccoli che siano, sa bene che si è soliti dire che spesso la sofferenza bancaria non è segnale del prossimo fallimento, ma causa prima del fallimento di un’azienda, per i motivi che andremo a vedere tra pochissimo.
Sofferenza bancaria = chiusura dei fidi
Il motivo per cui la sofferenza bancaria è tanto temuta dagli imprenditori è dovuta a due ordini di motivi, in realtà conseguenti:
  • la segnalazione raggiunge immediatamente tutti gli istituti di credito e qualunque di questi abbia un qualunque tipo di rapporto creditizio/debitorio con il soggetto finisce per venire a conoscenza immediatamente dello stato di sofferenza;
  • la segnalazione comporta, in maniera pressoché automatica, la revoca di tutte le linee di credito a disposizione dell’azienda o del soggetto.
Questo, è facile capirlo, scatena un effetto domino in grado di atterrare la più solida delle aziende e non lascia praticamente alcuna speranza ad aziende che sono in evidente difficoltà e non sono riuscite a superare, precedentemente, neanche l’incaglio bancario (di questo parleremo più avanti).

Che cos’è l’incaglio bancario e come si relaziona con la sofferenza

La procedura che in genere precede l’apertura della segnalazione per sofferenza bancariaè la posizione ad incaglio. Si tratta di una procedura codificata dal diritto bancario che prevede la richiesta, da parte dell’istituto creditizio, del rientro del cliente debitore di tutta o una parte del debito entro un periodo di tempo stabilito contestualmente con la richiesta, che in genere è di 10–14 mesi.
Anche l’incaglio viene iscritto alla Centrale Rischi, ma i suoi effetti sono sicuramente meno nefasti di quelli causati dall’apertura di una posizione di sofferenza. Sì, la segnalazione raggiunge comunque tutti gli istituti di credito, ma al contrario della sofferenza non prevede la chiusura automatica di tutti i fidi e gli affidi, incluse le fideiussioni.

L’incaglio bancarioè una posizione sicuramente non piacevole per le aziende, che si trovano ad affrontare quello che in gergo tecnico si chiama credit crunch, ovvero l’impossibilità di accedere ad ulteriore credito bancario. Il credito che però è già aperto rimane intonso e il cliente può continuare ad operare, senza grosse difficoltà, con i fidi presso gli altri istituti. È possibile che l’incaglio bancario dia anch’esso il via ad un effetto domino, con anche gli altri istituti che potrebbero aprire una procedura d’incaglio e creare non pochi problemi, per il rientro simultaneo da diverse posizioni.
La posizione ad incaglio non è sicuramente qualcosa di piacevole, ma è comunque di gran lunga migliore della sofferenza bancaria, che spesso significa la parola fine per qualunque tipo di azienda, che sia in estrema sofferenza o meno, che sia destinata a fallire, continuare a sopravvivere di stenti o a tornare in salute.
Guida alla sofferenza bancaria

Come si apre la sofferenza bancaria?

La sofferenza bancaria ha una procedura codificata, che prevede l’intimazione del cliente a rientrare immediatamente del debito, dando in genere un termine perentorio di 15 giorni. Nel caso in cui il termine dovesse andare “in bianco”, come si dice in gergo tecnico, si procede all’iscrizione di sofferenza bancaria presso la Centrale Rischi, con tutto quello che ne consegue.

Le conseguenze della sofferenza bancaria

La sofferenza bancaria è una situazione particolarmente difficile da affrontare per ogni tipo di impresa. A seguito dell’apertura della stessa:
  • vengono revocati immediatamente non solo i fidi presso l’istituto di credito interessato, ma presso tutti gli istituti e le banche presso i quali il cliente potrebbe aver intrattenuto rapporti debitori;
  • Si procede con decreto ingiuntivo e provvedimento di provvisoria esecuzione;
  • viene iscritta la posizione alla Centrale Rischi, che comporta l’impossibilità assoluta per il cliente di approvvigionarsi di liquidità presso altri istituti.
Una situazione del genere è in genere capace di affondare un’azienda che era già in difficoltà e, nel caso di errore, è in grado di causare la chiusura di attività che, dopotutto, non se la stanno passando così male.

Si può cancellare la sofferenza bancaria?

Quello che più interessa a chi è stato sottoposto a questa procedura è di cancellare, nel più breve tempo possibile, la segnalazione presso la Centrale Rischi della Banca d’Italia. Questo si può ottenere in due modi:
  • il cliente può pagare tutto il debito contratto presso la banca che ha aperto la procedura e chiedere successivamente la cancellazione, che avverrà immediatamente alla prova del saldo;
  • si può, nel caso in cui si ritenga l’apertura della procedura iniqua, adire le vie legale e attendere i lunghissimi tempi della giustizia civile italiana. Nel frattempo, è il caso di ricordarlo su queste pagine, l’azienda avrebbe già potuto chiudere i battenti, dato che sopravvivere con un’esposizione debitoria tale e sotto credit crunchè pressoché impossibile per qualunque realtà aziendale.
Le conseguenze della sofferenza bancaria sono drammatiche ed è per questo motivo che le banche, almeno quelle che lavorano bene, sono solite utilizzarle solo come extrema ratio, dato che non è nell’interesse nemmeno del creditore che il suo debitore fallisca.

Fondo pensione migliore, come scegliere? Vantaggi, tassazione e svantaggi della previdenza complementare

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Conviene scegliere di destinare i propri risparmi ad un fondo pensione? Come scegliere il migliore? Queste sono alcune delle domande più frequenti che ruotano intorno alla previdenza complementare unitamente a quelle che riguardano la destinazione del TFR di cui abbiamo già parlato approfonditamente. In questo articolo valuteremo gli svantaggi ed i vantaggi relativi alla sottoscrizione di un fondo pensione: vedremo come funziona con la tassazione e quali sono le principali differenze tra i fondi aperti ed i fondi chiusi di cui spesso sentiamo parlare.

Crearsi una pensione integrativa può in certi casi essere una scelta saggia se si pensa che gli assegni previdenziali saranno sempre più bassi in futuro e che l’età pensionabilesi allontanerà progressivamente per chi oggi è giovane e lavora. Forse voi siete ancora fiduciosi, chi scrive non è affatto convinto che i politici faranno qualcosa di concreto per risolvere i problemi nei prossimi anni e l’unica soluzione possiamo costruircela autonomamente, con scelte consapevoli e mirate. Tuttavia, prima di agire, è bene informarsi adeguatamente.

Che cos’è un fondo pensione: fondi aperti e fondi chiusi

Cominciamo con il tracciare una differenza di scuola importante per approcciarsi al settore: come sempre lo Stato non ci è affatto di aiuto perché applica la medesima disciplina, anche in termini di tassazione agevolata, a fondi pensione e piani individuali pensionistici. Per farla breve, i primi sono prodotti non di tipo assicurativo che, però, devono garantire almeno il capitale versato. I secondi, invece, sono prodotti di tipo assicurativo: è il contratto di assicurazione sulla vita che si stipula che garantisce il denaro di chi versa.

I fondi pensione, a loro volta, possono essere apertio chiusi: nel primo caso, chiunque può decidere di sottoscriverli. Nel secondo caso, invece, l’adesione è riservata solo a determinate categorie di lavoratori appartenenti ad un’azienda o ad un settore economico-produttivo particolare: per esempio sul blog abbiamo parlato del Fondo Pensione BCC o di quello Cometa.

Perché aderire ad un fondo pensione

La scelta di un fondo pensione prevede la destinazione del TFR e/o di un contributo volontario annuale da parte del lavoratore unitamente a quello del datore di lavoro, se previsto da accordi sindacali (ciò avviene nei fondi chiusi). La ragione sottesa alla scelta è quella di far rivalutare il TFR in maniera più consistente di quella prevista se lo si lascia in azienda (75% del tasso annuo d’inflazione previsto dall’ISTAT + 1,5% fisso) e di garantire una rendita integrativa della pensione pubblica a chi lo sottoscrive nel momento in cui avrà i requisiti per andare in pensione.

Vantaggi dei fondi pensione: tassazione agevolata

I vantaggi sono essenzialmente di natura fiscale: le regole sono le stesse previste per i Piani Individuali Pensionistici e prevedono per prima cosa la deducibilità dal reddito fino a 5164 euro annui. In pratica, dunque, potrete sottrarre al vostro reddito l’intero importo versato sul fondo pensione fino alla soglia massima, riducendo il carico fiscale.

Altro vantaggioda non sottovalutare sta nella tassazione agevolata: l’aliquota che viene calcolata al momento della liquidazione di quanto versato è pari al 15%. Se si versa nella previdenza complementare per più di 15 anni si ha diritto ad una riduzione dello 0,3% dell’aliquota per ogni anno ulteriore fino al massimo del 6%. Il prelievo, quindi, può scendere fino al 9 per cento. Il vantaggio, per capirci, è rispetto alla liquidazione del TFR lasciato in azienda che, invece, viene tassato secondo le aliquote ordinarie IRPEF.
Come scegliere un fondo pensione

Riscatto anticipato del denaro

Esistono alcuni casi, previsti tassativamente dalla legge, nei quali si può ottenere il denaro versato in anticipo:
  • Acquisto della prima casa o ristrutturazione sia per sé stessi che per i figli: in questo caso si può ottenere fino al 75% purchè siano passati 8 anni;
  • Spese mediche per malattie gravi o altri eventi straordinari che riguardano il contraente o un familiare: anche in questo caso il massimo che si può ricevere è pari al 75%;
  • Per spese non gravi si può riscattare il 30% dell’importo dopo 8 anni;
  • E’ possibile il riscatto totale nel caso in cui ci sia uno stato di disoccupazione superiore a 48 mesi, in caso di decesso dell’aderente o di sopravvenuta inabilità che riduce a meno di un terzo la capacità lavorativa dell’aderente.

Svantaggi: perché i fondi pensione spesso non sono convenienti

Abbiamo visti tutti i vantaggi posti dalla legislazione in favore della previdenza integrativa. Non è però tutto oro quello che luccica perché ci sono una serie di situazioni sfavorevoli da considerare:
  • vincolo duraturo: sebbene le possibilità di svincolarsi ci siano, il contratto produce i suoi effetti migliori nel lungo periodo. Considerando la situazione della previdenza italiana, un ventenne che aderisce non potrà rivedere i suoi soldi, salvo le ipotesi viste prima, prima di circa 45 anni;
  • rendimenti: generalmente sono più alti della rivalutazione del TFR per le linee però più aggressive. Se si sceglie di investire in linee garantite, il rendimento non è molto alto: perché, in questo caso, vincolarsi in maniera così ampia se si possono comprare i buoni postali o i BTP guadagnando lo stesso tasso d’interesse?;
  • caricamenti: sono presenti su tutti i prodotti, quello che bisogna capire è se i costi del fondo “si mangiano” i maggiori guadagni. Per capirci: se guadagniamo il 5% ma “perdiamo” il 2% di quel denaro in costi, ci conviene investire magari su una linea azionaria per guadagnare poco più di quanto prenderemmo coi titoli di stato? Pensateci, chi cerca di convincervi ad entrare non ve lo dirà mai.
Si tratta di una serie di ragionamenti analoghi a quelli esposti nella sede in cui abbiamo affrontato il tema delle polizze vita.

Conclusioni: come scegliere un fondo pensione?

Nell’articolo abbiamo cercato di fornire tutte le informazioni di base per orientarvi alla scelta del fondo pensione migliore. Abbiamo esposto i pro ed i contro in generale mentre nelle guide specifiche, presenti nella sezione finanza, analizziamo i singoli prodotti.

Per completezza d’informazione, vi invitiamo a leggere la nostra guida su come gestire i risparmi: scaricandola, otterrete una visione d’insieme di tutte le situazioni che riguardano il risparmiatore medio italiano ed acquisirete maggiori nozioni per barcamenarvi in questo complesso mondo che, volete o non volete, finisce per riguardare anche voi.

TFR su fondo pensione o in azienda? Guida definitiva

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Torniamo a parlare di previdenza integrativa cercando di rispondere ad una domanda che molti italiani si pongono: conviene versare il TFR sul fondo pensione o lasciarlo in azienda?Nella guida generale alla pensione integrativa abbiamo tracciato un’analisi molto schematica che spiega sostanzialmente come funziona il settore, se non avete adeguata conoscenza vi conviene partire da lì per avere le basi e capire di cosa stiamo parlando.

La situazione futura per le nostre pensioni sarà sempre meno rosea: lavoreremo sempre di più e prenderemo sempre meno. E’ inutile stare a piangersi addosso o aspettare che intervengano i politici: non so voi ma chi scrive non ha alcuna fiducia nella classe dirigente di questo Paese e, a voler essere sinceri, nemmeno più di tanto negli elettori che, ad ogni occasione, finiscono per legittimare personaggi di dubbia moralità o di scarso spessore. Su Affari Mieiparliamo spesso di risparmio, associando l’idea che mettere da parte dei soldi serva per ridurre nel lungo periodo la propria dipendenza dal dio denaro: a noi non frega niente,  per capirci, di investire in fondi discussi tipo questo, con buona pace dell’ottimo Saver che da anni fa informazione al riguardo, perché da piccoli ed inesperti risparmiatori quali siamo non avremo mai le competenze per capire cosa stanno facendo con i nostri soldi o, comunque, dovremmo metterci a studiare seriamente e, se non siamo del settore, non sarà di certo facile. Quel che ci preme capire è solo come stare alla larga dalle fregature e, per questo motivo, oggi chiariremo una volta per tutte se è meglio che il TFR resti in azienda o sia versato in fondi pensione.

TFR in azienda o in fondo pensione: cosa dobbiamo sapere

Cerchiamo di fare chiarezza brevemente: ogni dipendente privato, una volta assunto, ha sei mesi di tempo per decidere se lasciare il TFR in azienda oppure se devolverlo al fondo pensione. Alcune categorie hanno dei fondi chiusi riservati (si pensi al fondo Cometadei metalmeccanici) mentre altre non ce l’hanno: di conseguenza i lavoratori, in questo caso, possono accedere ad un fondo aperto oppure ad un PIP. Abbiamo già spiegato la differenza in altri articoli dedicati al tema che vi invitiamo a leggere, quello che possiamo ricordare brevemente è che il trattamento fiscale e normativo è praticamente identico, sia che scegliate il PIP oppure i fondi chiusi o aperti. Questo perché quando si parla di previdenza, in generale, si suole distinguere tra primo pilastro e secondo pilastro: come si può facilmente intuire, indicano nell’ordine la previdenza obbligatoria (INPS, casse professionali, etc) e quella complementare.

Se si sceglie di lasciare il TFR in azienda si ha diritto alla rivalutazione annuale dello 0,75% del tasso d’inflazione Istat + l’1,5% fisso.

TFR in azienda o su fondo pensione?


La previdenza integrativa ha, dal canto suo, alcuni vantaggi di natura fiscale:
  • possiamo dedurre fino a 5164 euro dal reddito: ciò vuol dire, per parlare in maniera chiara, che il denaro versato (qui parliamo del contributo annuo al di fuori del TFR) si può sottrarre dal reddito in sede di dichiarazione. Esempio: un lavoratore con un imponibile di 15 mila euro, se versa 1000 euro annui di previdenza complementare si vedrà calcolate le imposte su 14 mila euro (15 mila – 1000). La deduzione, per chi mastica poco il fisco, conviene di più della detrazione di cui spesso si sente parlare: la prima, appunto, riduce il reddito a cui applicare il prelievo fiscale mentre la seconda si toglie alle imposte da pagare, cioè alla quota di Irpef dovuta in ragione del reddito stesso;
  • aliquota agevolata in sede di erogazione del TFR destinato alla previdenza complementare: la ritenuta in questo caso è del 15% e, dopo il 15esimo anno di versamento, scende dello 0,3% per ogni anno eccedente (16, 17, 18, e così via per capirsi) fino ad un massimo del 6%. A titolo di esempio: un lavoratore che ha versato per 30 anni si vede applicata una ritenuta del 9% in luogo del 15% di base che è già un’agevolazione. Questo perché, di contro, se si lascia il TFR in azienda, al momento dell’erogazione, ci si vede imporre la tassazione ordinaria IRPEF che, nell’aliquota minima, è pari al 23%. Sapete sicuramente benissimo che se avete un reddito più elevato le aliquote aumentano;
  • tassazione ridotta sui rendimenti: le rendite finanziarie, come è noto, sono tassate. Il fisco non butta via mai niente, lo sappiamo benissimo. Dal 2015 la tassazione sui rendimenti è salita dall’11% al 20%: molti si sono incavolati ma, in realtà, si tratta pur sempre di un’aliquota agevolata in qualche modo rispetto, per esempio, a quella che riguarda i conti deposito.

Cosa conviene fare?

Tutto lascerebbe pensare che conviene destinare il TFR alla previdenza complementare anche perché il Legislatore sembra aver fatto di tutto per favorire questa decisione. In parte non è sbagliato se si considera che, in caso di difficoltà economica dell’azienda, i crediti per i trattamenti da fine rapporto rischierebbero di svanire, sebbene godano di diversi privilegi in sede di fallimento o di definizione con concordato preventivo. Continuando a ragionare in chiave ideale, dunque, un fondo pensione che per legge deve garantire il capitale appare sicuramente più solvibile di un’impresa, e noi che viviamo nel Paese delle PMI lo sappiamo bene.

Però…c’è sempre un però. Quando ci parlano dei fondi pensione ci mostrano sempre i rendimenti in percentuale: rendimenti che, molto spesso, sono decisamente superiori rispetto a quelli che per legge deve garantire la rivalutazione del TFR in azienda. In base ai dati del 2014 (aggiorneremo appena possibile con quelli che riguardano il 2015), possiamo dire che in media i rendimenti sono stati i seguenti:
  • fondi pensione negoziali 7,3%;
  • fondi pensione aperti 7,5%;
  • PIP 7,3%.
Nel 2014 il TFR si è rivalutato solo dell’1,5% visto che l’inflazione non è salita.

Tutto fantastico, no? Peccato che stiamo parlando di una media e che, gran parte dei fondi che offrono maggiori rendimenti investono in azioni e, pertanto, espongono il TFR dei lavoratori ai rischi che, ovviamente, sono inevitabili. In natura non esistono investimenti sicuri ma possiamo sempre stare alla larga da quelli più rischiosi: la filosofia di questo blog è che non serve a niente mettere a repentaglio il proprio portafoglio per guadagnare un 2-3% in più quando, semplicemente mettendo in atto pochi accorgimenti di vita quotidiana, si possono risparmiare migliaia di euro senza consegnare il proprio sedere ai mercati. E se state leggendo questo articolo, probabilmente, è perché di finanza ne capite poco e volete risposte concrete: in giro troverete altri che la pensano diversamente, noi li rispettiamo ma rivendichiamo la diversità della nostra opinione.

Per terminare il ragionamento dobbiamo dire che i rendimenti che vengono sbandierati ogni anno dai fondi pensione sono da considerare alla luce dei costi che gravano sui prodotti: lo abbiamo spiegato parlando di polizze vita ed il ragionamento, per sommi capi, è molto simile. Anche ad un ipotetico 7% di rendimento, dunque, bisogna sottrarre i costi fissi che, di solito, sono costanti e tendono ad abbassarsi nel lungo periodo: non si tratta di una fregatura, ogni investimento ha un costo, quanto detto serve solo per capire che il margine lordo è comunque più basso di quello che leggiamo sui giornali.

Conclusioni: il TFR lo lascio in azienda oppure no?

Ok, molti di voi potrebbero aver capito veramente poco: non vi stiamo assolutamente mancando di rispetto, è stato così anche per chi scrive all’inizio. Del resto lo Stato, le banche e le assicurazioni non fanno poi così tanti sforzi per renderci chiare le cose: più sono difficili, più è semplice prendersi gioco del contraente più debole.

Quanto scritto su questa pagina, oltre a riassumere schematicamente la situazione, riproduce il pensiero dell’autore del blog: non esiste una verità già scritta ma solo opinioni che possono essere più o meno condivisibili. Secondo noi, non vale la pena rischiare il proprio TFR per guadagnare un 2-3% annuo in più e magari consegnarsi a mercati che non si conoscono. Di contro, destinando il TFR in forme di previdenza complementare meno rischiose, con ridotte o nulle componenti azionarie, porta dei vantaggi economici assai esigui che non giustificano la scelta di vincolarsi per tanti anni: per capirci, se dovete guadagnare il 2% annuo da un PIP che compra BTP, tanto vale la pena che li acquistiate voi stessi.

Se non sapete da che parte iniziare nella gestione complessiva dei vostri risparmi, oltre a continuare a seguire il blog, vi invitiamo a scaricare la guida ufficiale di Affari Miei: troverete le informazioni di base per barcamenarvi con le domande più elementari che riguardano i piccoli risparmiatori.

Come investire 2000 euro: consigli e idee per gestire i risparmi

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Le possibilità per investire 2000 eurosono molteplici anche se molto spesso individuare quella giusta appare molto difficile. Come gestire duemila euro?  Se siete alla ricerca di consigli ed idee per l’investimento dei vostri risparmi, siete capitati al posto giusto. Affari Miei, tramite la sua rubrica dedicata alla finanza, analizza quotidianamente le opportunità più interessanti per impiegare al meglio il denaro di cui si dispone.

Quando la cifra non è molto alta, diventa difficile capire su cosa conviene investire: questo perché ogni investimento ha dei costi che si recuperano con gli interessi. Quando gli interessi sono bassi ed il capitale è piccolo, quelli fissi vanno a gravare molto di più. Per queste ragioni, dunque, occorre ponderare attentamente il da farsi.

Piano individuale pensionistico e libretto postale: due strade per investire 2000 euro

Investire duemila euro: consigli e ideePer esempio 2 mila euro potete iniziare a creare piano individuale pensionisticoprivato: basta versare anche solo 50 o 100 euro al mese per un lungo periodo, cogliendo anche una serie di benefici fiscali. Rimandiamo al nostro articolo dettagliato sui PIP un’analisi più specifica.
In alternativa, poi, potete valutare il “vecchio” libretto postale: anche qui abbiamo detto molto negli articoli dedicati in passato e che aggiorniamo periodicamente seguendo i cambiamenti delle condizioni contrattuali proposte. Non aspettatevi rendimenti faraonici ma non rischierete un solo centesimo. In alternativa, occhio ai buoni fruttiferi postali: per le piccole somme rappresentano ancora una delle strategie migliori.

Piani di accumulo capitale: un’idea per investire duemila euro?

Non avete mai sentito parlare di piani di accumulo capitale (PAC)? Diverse banche propongono queste tipologie di investimento nel tempo ed esse permettono il versamento mensile di poche centinaia di euro. L’idea migliore, per non rischiare tanto, è quella di scegliere due strade diverse: 1500 euro possono essere utilizzati per acquistare titoli di stato italiani, precisamente i BTP o i BOT in base ai tassi di interesse che aumentano nel tempo. I restanti soldi possono poi andare su fondo azionario gobale che permette agli investitori di avere degli interessi leggermente più elevati.
Se volete investire  2000 euro vale la pena valutare solo questi piani: non rischiate con le azioni, specie dei paesi emergenti, visto che in quei settori è necessario avere a disposizione una somma di denaro più elevata. Lasciate passare un anno e controllate i risultati, cercando di tenervi aggiornati. Nel valutare un PAC, comunque, come abbiamo detto recensendo prodotti assicurativi (vedi la sezione Assicurazioni), guardate sempre ai costi ed ai caricamenti vari applicati dalla banca prima di precipitarvi a scegliere quelli che promettono interessi più elevati.


Altre idee per investire 2 mila euro

Affari Miei nel corso del tempo è cresciuto molto: diverse sono le guide che abbiamo pubblicato su queste pagine. Se questa è la vostra prima visita, vi consigliamo di leggere il nostro articolo generale sugli investimenti che, schematicamente, raccoglie tutte le principali soluzioni. Investire una somma di denaro è sempre un rischio ma seguendo questi pochi consigli vi accorgerete di poter ottenere maggiori riscontri per i vostri risparmi.

Come investire 5000 euro nel 2016: tutte le soluzioni

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Come investire 5.000euro nel 2016? Qual è il miglior investimento da fare oggi, alla luce del rendimento netto delle varie soluzioni che posta, banche, assicurazioni e Stato mettono in campo? 5 mila euroè una bella cifra che, se investita in modo intelligente, può portare guadagni sicuri ed interessanti. Escludendo l’investimento immobiliare, per il quale occorrono capitali più importanti, ed il business dei domini, molto esposto a rischi, sono molteplici le opportunità.

Una considerazione di base, però, va fatta. Ogni investimento ha un costo: i costi si recuperano con gli interessi perché c’è qualcuno che, per conto nostro, gestisce i soldi. Lo scriviamo sempre nelle recensioni dei prodotti assicurativi che, molto spesso propongono interessi elevati senza però porre adeguatamente l’accento sulla componente che riguarda i caricamenti sulle polizze. Nella nostra sezione dedicata alla finanzatrovi molti articoli in tema di investimenti: se siete per la prima volta su Affari Miei, vi consigliamo di leggerla. Cerchiamo di capire, adesso, come investire al meglio 5 mila euro.


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Come investire 5000 euro nel 2016: tutte le soluzioni per guadagnare soldi

Fatte le dovute premesse, cerchiamo di capire quali sono le soluzioni per investire 5.000 euro nel 2016. Le elenchiamo sommariamente, corredate di vantaggi e svantaggi, perché ad ognuna di esse abbiamo dedicato (o dedicheremo a breve) un approfondimento.
    Investimenti migliori con 5 mila euro
  • Buoni fruttiferi postali: ce ne sono di diversi tipi e le varie serie propongono condizioni variabili.
    Vantaggi: semplicità (li capiscono tutti), assenza di costi (eccetto ritenuta sostitutiva e imposta di bollo), possibilità di ritirare il denaro in anticipo senza penalità.
    Svantaggi: rendimento non elevato ed in alcuni casi inferiore all’inflazione.
  • Titoli di Stato: un discorso molto simile a quello dei Bfp.
    Vantaggi: garanzia dello Stato Italiano e tassazione "di favore".
    Svantaggi: rendimento basso, come per i buoni postali.
  • Conto deposito: aggiorniamo periodicamente i conti deposito migliori con rendimento netto più favorevole.
    Vantaggi: garanzia del capitale, orizzonte temporale dell’investimento relativamente breve, l’imposta di bollo spesso è a carico della banca.
    Svantaggi: i rendimenti sono inferiori rispetto agli scorsi anni, la tassazione è al 26% (contro il 12,50% di BFP, Bot e BTP).
  • Polizza vita: in questo caso si tratta di investire una somma periodicamente, generalmente almeno 50 euro al mese. Esistono prodotti a “premio unico” interessanti che recensiremo in futuro: appena affronteremo il tema, sarà prontamente linkato in questa guida.
    Vantaggi: garanzia del capitale, eventuale protezione in caso di premorienza.
    Svantaggi: costi elevati che annullano l’eventuale buona performance in termini di interessi, vincoli eccessivi sul capitale maturato e scarsa flessibilità.
  • Pensione integrativa: idea più che altro da mettere in atto per sistemarsi da un punto di vista previdenziale viste le scarse prospettive future del nostro sistema pensionistico.
    Vantaggi: beneficio fiscale, costi più bassi delle polizze vita e maggiore flessibilità rispetto alle normali polizze miste.
    Svantaggi: rendimenti non elevati se si sceglie di rimanere nella linea “garantita”, vincoli temporali comunque medio lunghi sul capitale.
  • Investire in azioni: il mercato azionario offre rendimenti in alcuni casi decisamente interessanti. Ovviamente, però, nel momento in cui comprate azioni (o date i vostri soldi ad investitori che comprano azioni) dimenticatevi la garanzia del capitale, il rischio sale con l’aumento dell’interesse potenziale. Il nostro consiglio è di stare alla larga dalle azioni, dal trading e da tutto ciò che comporta rischi elevati se non ritenete di avere una preparazione adeguata per battervi in un oceano di professionisti pronti a fare il proprio mestiere.
    Vantaggi: rendimenti più elevati rispetto ai prodotti a capitale garantito.
    Svantaggi: rischi crescenti con l’aumento delle possibilità di guadagnare.
  • Investire in obbligazioni: il discorso è diverso rispetto alle azioni. In questo caso non si diventa “soci” di una società ma sostanzialmente si prestano soldi a chi li chiede e promette un interesse. I rischi sono contenuti ma non inesistenti perché la società che chiede denaro potrebbe non essere in grado di restituirlo.
    Vantaggi: non si diventa soci, come nell’acquisto di azioni.
    Svantaggi: rischi mediamente più elevati rispetto ai prodotti a capitale garantito, il maggiore guadagno potrebbe essere un gioco che non vale la candela.
  • Investire ristrutturando casa: qualcuno potrebbe storcere il naso nel vedere questa ipotesi negli investimenti. Con 5 mila euro si possono fare lavori importanti a casa come, per esempio, montare pannelli solari per la produzione di acqua calda, comprare un impianto fotovoltaico (o parte di esso) per produrre energia, oppure effettuare una ristrutturazione edilizia che migliora il nostro appartamento. Sono spese che, alla lunga, consentono di avere dei guadagni in termini di risparmio sulle bollette: perchè non considerarli come investimenti veri e propri? Considerate anche i vantaggi fiscali, con gli incentivi messi sul piatto dal governo.
Abbiamo visto alcune strade per investire 5000 euro: qual è la migliore non possiamo dirlo perché l’essere “migliore” non è un valore assoluto. Valutati vantaggi e svantaggi, infatti, tocca a voi capire quale soluzione è quella più adatta al vostro profilo di rischio ed alle vostre esigenze di riavere il denaro nel medio-lungo periodo.

Se avete gradito questo articolo o avete opinioni diverse e complementari, esprimetele in un commento: il parere dei lettori è per noi molto importante. Siete pronti a "tuffarvi" sul mercato? Continueremo a monitorare la situazione degli investimenti, fornendo periodicamente idee e consigli utili. Per ricevere aggiornamenti gratuiti (no spam!), vi chiediamo di registrarvi al servizio di newsletter del blog: teniamoci in contatto!

Proteggere i risparmi: meglio banca o posta? Soldi al sicuro, ecco come!

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La situazione particolarmente a rischio di diversi istituti di credito italiani sta riaccendendo l’esigenza di proteggere i risparmi: meglio aprire un conto in banca oppure alla posta? Scegliere tra una banca oppure Poste Italiane è il bivio di fronte al quale si trovano tanti risparmiatori che vogliono mettere i soldi al sicuro: la paura del bail-inè troppo grande ma, a dire il vero, altrettanto grossa è la disinformazione che circola. Gli italiani sono tra i popoli europei con meno cultura finanziaria e, di conseguenza, diventa quasi inevitabile che possano crearsi inutili allarmismi.

In questo articolo capiremo se per proteggere i risparmiè meglio mettere i soldi in banca o alla posta, analizzando tutte le principali cose che dobbiamo conoscere assolutamente per gestire il nostro portafoglio senza farci abbindolare.

Soldi al sicuro: meglio la banca o la posta?

Gran parte delle informazioni le abbiamo già divulgate nell’articolo su come scegliere una banca: le considerazioni fatte in quella sede possono essere valide anche nel nostro caso. La prima domanda da porsi è: cosa dovete fare? Aprire un conto corrente? Un conto deposito? In questi due casi è bene che sappiate che fino a 100 mila euro c’è la garanzia del Fondo Interbancario di Tutela Depositi e, anche in caso di fallimento dell’istituto, rischiate molto poco. Diversi analisti sostengono che il fondo sia insufficiente in caso di crisi di sistema che, al momento, appare comunque inverosimile: tra l’altro negli ultimi tempi si sta parlando anche di bad bankproprio per risolvere questo scenario ipotetico.
Proteggere i risparmi: banca o posta?

Nell’articolo indicato in apertura, quando si è fatto cenno al bail-in, sono indicate tra l’altro le regole del prelievo forzoso in caso di fallimento: per sicurezza, anche in questa pagina proponiamo la foto de Il Sole 24 Ore che spiega chi paga ed in che ordine in caso di fallimento della banca.
Meglio la banca o la posta per proteggere i risparmi?
Immagine tratta da Il Sole 24 Ore

Altro parametro su cui tanti insistono è il CET 1 Ratio che, improvvisamente, viene sponsorizzato da chi formalmente ha i conti a posto. Per approfondire, rimandiamo all’articolo specifico appena riportato.

Banca o Poste Italiane: dove mettere i risparmi?

Fatte queste dovute premesse, possiamo dire che se siete dei piccoli risparmiatori e volete soltanto capire dove depositare i vostri soldi potete stare relativamente tranquilli: l’importante è che non comprate azioni, obbligazioni subordinate o altre porcherie che, eventualmente, potrebbero cercare di vedervi agli sportelli. Riceviamo spesso richieste di aiuto e, francamente, ci secca rispondere a gente che ha firmato contratti senza capire un fico secco. Se avete una scarsa cultura finanziaria, abbiamo scritto una guida che spiega in maniera molto elementare come gestire i risparmi: nel caso in cui non dovesse interessarvi investire una cifra irrisoria per imparare l’abc della gestione dei vostri soldi, non state a frignare che vi hanno fregati se in futuro dovessero rifilarvi qualche “pacco”. Questo vale, ovviamente, in generale: non è assolutamente un invito a comprare il nostro prodotto perché ce ne sono tanti altri in giro, è solo un ragionamento teso a dire che se non avete voglia di imparare i rudimenti (che poi si tratta di capire che cos’è un conto corrente, un’assicurazione o una pensione complementare), vi conviene semplicemente mantenere un conto corrente o un libretto postale senza avanzare grosse pretese.

Conti correnti bancari e postali: alcune risorse utili

Per concludere, passiamo a qualche indicazione di tipo pratico. Sul blog sono presenti diverse risorse gratuite, le riportiamo schematicamente per chi non le avesse lette:
  • Miglior conto deposito Guida che spiega come scegliere e fa un confronto dei tassi;
  • Miglior conto corrente Articolo che illustra le principali caratteristiche di un buon conto e fa un confronto tra le proposte esistenti sul mercato;
  • Migliore carta prepagata Come per i primi due, anche in questo caso viene spiegato quando e come attivare una prepagata;
  • Conto corrente postale Guida che spiega che cos’è un conto postale e quali sono i prodotti attualmente disponibili.

Riscaldamento a pavimento: costi, pro e contro

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Con l’arrivo dell’autunno in molte città diventa necessario accendere il riscaldamento: si tratta di una voce di spesa molto importante, che incide significativamente sulla bolletta energetica e quindi sull’economia domestica. Sempre più persone cercano delle soluzioni che permettano di vedere un risparmio: per questo si cercano fonti di calore alternative in sostituzione del metano. Molti di coloro che hanno l’opportunità di effettuare lavori di ristrutturazione e di miglioramento energetico optano per il sistema di riscaldamento a pavimento. Si tratta di una delle soluzioni in Italia che incuriosisce molte delle persone che stanno analizzando i preventivi. Qual è il prezzo di questo impianto di riscaldamento? Quali possono essere i pro ed i contro di questa scelta per il proprio appartamento? Lo vediamo in questo articolo.

Caratteristiche del riscaldamento a pavimento: pro e contro

Perché si parla tanto del riscaldamento a pavimento? E' bene sapere che grazie ad esso è possibile ottenere un notevole risparmio: si stima un taglio fino al 30% delle spese annuali sull’energia. Esistono anche forme di riscaldamento che utilizzano la medesima tecnologia applicata al soffitto o alla parete. La flessibilità architettonica del sistema permette d’installare le tubature anche in ambienti dalle forme geometriche irregolari, oppure laddove sono presenti arredi molto ingombranti: la sostanza è la stessa, cambia il luogo in cui vengono applicate le tubature che diffondono il calore. Che i tubi siano collocati nel pavimento, alle pareti oppure al soffitto, come funziona questo impianto? Quali sono i vantaggi e gli svantaggi?

I pannelli radianti rappresentano un sistema di riscaldamento che utilizza dei tubi per diffondere il calore: tra i principali vantaggi si annovera il fatto che il sistema, per funzionare, ha bisogno di basse temperature e quindi i costi sono inferiori rispetto al classico termosifone, a parità di utilizzo 24 ore su 24. Le condutture lavorano, infatti, a 30-40 gradi mentre di solito ne occorrono almeno 60-70 affinché altri sistemi possano funzionare e garantire determinate prestazioni.Un altro punto a favore degli impianti elettrici di riscaldamento come quello a pavimento è da ricercarsi nel fatto che, oltre a sfruttare l’abituale concetto di quelli ad acqua, non hanno bisogno né di una caldaia, né di una canna fumaria, né di tubazioni di distribuzione. Non serve, inoltre, manutenzione frequente: questi pannelli sono sicuramente molto igienici, in quanto non generano movimenti d’aria. La loro installazione prevede, come già detto, l’apposizione di tubature sotto il pavimento (dunque invisibili) e questo comporta la possibilità di dimenticarsi della pulizia delle zone dietro ai radiatori o dietro ai tubi a vista: tale pulizia è fondamentale nel sistema classico di riscaldamento, altrimenti si metteranno in circolo particelle di polvere e acari grazie allo spostamento di aria calda. Il riscaldamento a pavimento, in altre parole, non solleva polveri, con conseguente diminuzione del numero di acari sia nella moquette che nei materassi, che nei tappeti. Per chi soffre di allergie questo vantaggio è decisamente rilevante. Inoltre, il calore leggero provocato da questo impianto agisce direttamente sul corpo, senza dover prima riscaldare gli ambienti: il risultato di questo sistema comporta lo stesso livello di comfort permettendo alla temperatura dell’ambiente di non superare i 20 °C. Si tratta della condizione migliore, poiché l’ideale per il corpo umano è avere i piedi caldi e la testa fresca.

Questi sono i pro inerenti alla salute e alla salubrità degli ambienti. E i contro? Sicuramente tra gli svantaggi c’è il fatto che per realizzare tale impianto bisogna spendere una cifra più consistente rispetto a quella richiesta per quello tradizionale. Vero è che si tratta di un investimento che può essere recuperato. ma fate attenzione anche ai costi di manutenzione che, per quanto rari, non sono affatto bassi. Per realizzare un riscaldamento a pavimento, poi, occorre aumentarne lo spessore anche di 7-8 centimetri: pensateci, dunque, mentre realizzate casa, a meno che non vogliate spendere più soldi per sistemi più sottili in seguito.

Costi del riscaldamento a pavimento

Affrontando più nel dettaglio l’aspetto economico, il costo, in media, si aggira tra i 55 ed i 130 euro a metro quadro. Parliamo di una cifra che vale almeno il 50% in più del normale riscaldamento e che cambia, ovviamente, da zona a zona d’Italia. Questa forma di riscaldamento gode, però, delle agevolazioni fiscali. Nello scegliere confrontate più preventivi, facendovi dettagliare tutto quanto può sembrarvi utile ai fini di una corretta impostazione del vostro programma.
Guida al riscaldamento a pavimento
Fonte foto

Tipologie di riscaldamento a pavimento

Esistono diverse tipologie di riscaldamento a pavimento, ad esempio quelle offerte dalla Uponor. Uno dei modelli offerti è quello della linea Uponor Minitec, la quale abbina ai vantaggi già citati al confort dell’impianto con caratteristiche specifiche dell’impianto radiante, ad esempio la bassa inerzia termica, resa possibile dal tempo rapido di messa a regime. Ciò si basa sullo spessore del sistema: escluso il pavimento si tratta di soli 15 mm. Questa caratteristica permette di installarlo anche direttamente sopra le pavimentazioni esistenti, senza lavori eccessivi. La Uponor propone anche un modello che si contraddistingue per la velocità di posa in opera, ossia la Uponor Klett. La rapidità del lavoro è legata al fatto che le tubature dell’impianto sono già abbinate alle strisce ad aggancio rapido avvolte a spirale. In questo modello i tubi vengono srotolati in maniera tradizionale e posizionati con la semplice pressione di un piede sui pannelli ricoperti da un foglio su cui è impressa la griglia di riferimento. La striscia ad aggancio rapido che avvolge i tubi aderisce a questo foglio, garantendo un’ottima tenuta.

Altre tipologie di impianto sono offerte da un’altra azienda, ossia la Valsir, che propone diverse soluzioni per gli impianti a pavimento. Uno di questi modelli è il V-Esse, un impianto creato per adeguarsi alle esigenze di edifici di tipo residenziale e uffici dove l’altezza di posa è di almeno 90 mm. Il modello V-Esse adopera un tappetino fonoisolante multistrato: ciò consente non solo di ottenere l’isolamento termico, bensì anche quello acustico. Essendo pensato per edifici residenziali ed uffici permette di isolare anche i suoni legati allo scalpiccio delle scarpe ai piani superiori. La Valsir propone ai clienti anche un impianto di riscaldamento pensato per edifici di tipo residenziale e uffici dove l’altezza di posa è di almeno 72 millimetri. L’impianto V- Erre è ideale per quegli edifici che offrono uno spazio di posa minimo: con questo metodo è possibile conciliare lo spessore ridotto con i vantaggi di un sistema di riscaldamento e raffrescamento a pavimento. Si tratta di una struttura di impianto essenziale che prevede l’accoppiamento di una lastra sagomata rigida con una lastra in polistirene stampato. Ciò permette di ridurre lo spazio occupato. Sullo strato di fondo viene installato il classico impianto di riscaldamento a pavimento, ossia una fascia perimetrale isolante, serpentine, rete, massetto e pavimentazione scelta.

Conclusioni: conviene il riscaldamento a pavimento?

Soprattutto per chi soffre di allergie agli acari, il sistema sinora descritto può essere una soluzione: evitando spostamenti d’aria analoghi a quelli dei classici termosifoni si evita lo spostamento di polvere, che poi si anniderà (insieme agli acari) sulla stoffa dei divani, di tende e tappeti. Inoltre la percentuale di umidità si riduce, mentre il calore viene distribuito in maniera ottimale, con effetti benefici per la salute.

Anche il risparmio energetico sulla bollettaè evidente, tuttavia i costi di installazione possono essere molto elevati, anche sfruttando le agevolazioni di ristrutturazione. Tuttavia avere questo tipo di impianto può portare un risparmio spalmato del tempo: sta a voi fare le valutazioni di quanto e quando vi convenga eventualmente fare questo tipo di investimento, o se è il caso di optare per un altro tipo di sistema di riscaldamento. Chiaramente la nostra idea, ci sembra scontato ma è utile dirlo, è di valutare una scelta del genere su una casa di vostra proprietà in cui dovete viverci oppure se desiderate darla in locazione maggiorando il prezzo e puntando, quindi, verso inquilini più sensibili verso il tema e dunque propensi a pagare il surplus.

Assicurazione mutuo casa: polizze obbligatorie e facoltative, guida completa

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Ormai è pratica comune chiedere, da parte delle banche, di stipulare una assicurazione sulla casa durante le trattative per il mutuo. Per gli istituti bancari questo è un metodo sia per rendere più sicuri i clienti, sia per tutelare i loro interessi, spesso messi a rischio dall'attuale contesto economico e sociale.

È anche vero però, che accettare queste richieste comporta maggiori costi e spese per il mutuatario. A questo punto egli deve quindi essere in grado di sapere quali azioni può permettersi e quali no, come può risparmiare e cosa invece deve obbligatoriamente avere e pagare. Nell'articolo di oggi risponderemo, quindi, prima di tutto ad una domanda: quando l'assicurazione per la casa è obbligatoria?

Partiamo dal presupposto che al momento esiste un'unica polizza assicurativa per la casa obbligatoria mentre tutte le altre sono facoltative. Altra condizione, che spesso chi sta per contrarre un mutuo non conosce, è che il cliente può scegliere qualsiasi agenzia assicurativa per stipulare la polizza, non è assolutamente obbligato a scegliere quella favorita dalla banca. In tal modo quindi, il mutuatario ha la possibilità di cercare l'assicurazione più vantaggiosa per sé.
Per quanto riguarda l'assicurazione sulla casa obbligatoria, la polizza prevede un rimborso pari al costo della ricostituzione totale dell'immobile, che andrebbe così ad estinguere definitivamente il debito con la banca. Alcuni istituti bancari però non tengono in considerazione il valore di costruzione della casa, ma il suo valore commerciale: solitamente più elevato. Solitamente il premio può essere versato all'agenzia o in un'unica soluzione oppure attraverso delle rate che possono essere dilazionate mese per mese o solo diviso due. In caso di ritardo o mancato pagamento del premio, ovviamente l'assicurazione perde la sua efficacia e l'agenzia avviserà prontamente la banca.

Guida all'assicurazione sul mutuoAssicurazione mutuo casa: alcune polizze facoltative

Se si desidera avere una copertura maggiore e quindi essere al sicuro da altri rischi e pericoli, allora il cliente può effettuare altre polizze sulla casa, del tutto facoltative. Esse generalmente costano di più della polizza obbligatoria sulla casa.  Un esempio di polizza assicurativa facoltativa è quella che protegge mutuatario e istituto bancario in caso di morte del primo o in caso di perdita dell'impiego.

Se la persona che contrae il mutuo è però anziana, la banca potrebbe pretendere l'assicurazione in caso di morte. Anche se in realtà, tendenzialmente, le banche tendono a non erogare mutui a coloro che, al termine del mutuo, superano i 75 anni d'età. 
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